Enzo Bianchi "Segui il desiderio in vista della giustizia"
Nel nostro vivere quotidiano risuona con insistenza crescente l’invito ad ascoltare, ad assecondare il desiderio. “Segui il tuo desiderio!” è l’imperativo martellante, soprattutto quando ci si rivolge alle nuove generazioni.
Sì, ogni umano è homo desiderans, conosce la forza del desiderio che lo abita. Il desiderio è un sentimento che scaturisce dal profondo della persona, ma nello stesso tempo a volte si mostra come una dominante, un daimon che tende a superare la soglia oltre la quale non può più essere governato. Noi siamo abitati dal desiderio e possiamo essere posseduti dal desiderio fino all’alienazione. Il nostro desiderio può accrescersi fino a diventare pretesa di possesso, di consumo, di appropriazione di quelle cose o persone che lo hanno destato in noi. Comprendiamo allora il comandamento: “Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo!” (Esodo 20,17; Deuteronomio 5,21). Il verbo presente in questo comando, chamed, esprime un desiderio da soddisfare, movimento teso a realizzare un desiderio così forte che spinge a impossessarsi e quindi a rubare. La cupidigia è una forza che travolge il soggetto e lo porta a realizzare il suo desiderio senza tener conto degli altri. Avviene in questa seduzione una perdita della libertà. Comprendiamo quindi l’ossessiva predicazione dei profeti contro la cupidigia: da cosa nascono i litigi, le violenze, il furto, l’ingiustizia, l’oppressione del povero e le guerre nei rapporti tra popoli? Il profeta Michea denuncia quanti “sono avidi di terreni e li usurpano, di case e se le prendono”; Isaia maledice “quelli che aggiungono casa a casa e terreno a terreno fino a essere i soli proprietari”; Amos minaccia “quanti vivono nella corruzione e nell’illegalità”. La condanna del desiderio senza limiti attraversa tutta la profezia. Occorre una vera educazione del desiderio, perché da come viviamo il desiderio dipendono le nostre relazioni, le nostre storie d’amore, i rapporti che instauriamo nella società. Nella vita personale come nella vita nella polis occorre saper “desiderare” e occorre saper “non desiderare!”. Il premio Nobel per l’economia del 2001, Joseph Stiglitz, ha pubblicato il libro Le triomphe de la cupidité per illustrare l’attuale situazione economica mondiale e la sua crisi: all’origine c’è la cupidigia del denaro. C’è una voracità legittimata, che ha impregnato la mentalità della nostra società e impedisce ogni promozione della giustizia e dell’eguaglianza. E così si apre lo spettacolo della corruzione, per un lusso senza freni, per un’ostentata festa dei potenti, per un arrogante esercizio del potere.
Il divieto del comandamento non chiede di spegnere il desiderio, ma di discernere sempre se esso, appagato, apporta vita e creatività, o alienazione e schiavitù; se è desiderio non contro gli altri, ma desiderio in vista di una vita buona e bella, nell’onestà e nella giustizia