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Le madri metaforiche: Miriam, Debora e le altre protettrici della comunità

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Durante le conversazioni con i gruppi femminili nelle chiese, spesso chiedo alle partecipanti di spiegare qual è la loro impressione sulle “donne nella Bibbia”. Una delle risposte più frequenti è che si ha la sensazione che la Bibbia apprezzi le donne principalmente come mogli e madri. La Bibbia non elogia tali ruoli e non li rende nemmeno indispensabili. Anzi, la Bibbia ricorda molte donne non solo per essersi sposate e aver dato alla luce figli, ma anche per i loro atti di nutrire, guidare e proteggere, che le rendono simboliche “madri in Israele”. Inoltre, questi ruoli tradizionalmente materni vengono attribuiti anche a Gerusalemme, al suolo, alla Sapienza, a Paolo, a Gesù e a Dio.

Ecco alcune delle figure dell’Antico Testamento, identificate come femminili, che vengono ricordate per avere dato vita, nutrimento e protezione alla comunità.

1. Il Libro dell’Esodo presenta la profetessa Miriam, che ha protetto il fratello neonato Mosè (2, 4-9) e poi guidato le donne israelite nella celebrazione liturgica sul Mar Rosso (15, 20-21). Poi c’è la figlia del faraone, che non solo adotta Mosè, gli dà un nome e lo cresce (2, 10), ma nel proteggere quel bambino israelita sfida l’ordine del padre di affogare tutti i bambini ebrei nel Nilo. Infine ci sono le levatrici Sifra e Pua, che a loro volta hanno disobbedito alla legge e salvato i bambini ebrei (1, 21).

2. Nel Libro dei Giudici incontriamo Debora, che era sia una profetessa sia una guida militare. Sebbene la maggior parte delle traduzioni la presenti come «Debora, moglie di Lappidot» (4, 4), l’espressione ebraica eshet lappidot significa «donna di fiamme». Nel suo canto, Debora esclama: «Era cessata ogni autorità di governo, era cessata in Israele, fin quando sorsi io, Debora, fin quando sorsi come madre in Israele» (5, 7). È madre perché dà saggi consigli, unisce le tribù israelitiche e guida il suo popolo alla vittoria. Incontriamo anche Giaele, che maternamente dà da bere del latte al generale nemico Sisara e lo ricopre (4, 19), e poi gli conficca in testa il picchetto di una tenda.

3. Il Libro di Ester racconta come una donna ebrea supera la violenza di essere reclutata nell’ harem del re di Persia, diventa regina e poi usa la sua intelligenza, insieme ai doni della natura, per salvare il proprio popolo dal genocidio.

4. L’eroina del Libro di Giuditta non solo dà una lezione di teologia agli anziani della comunità e salva il suo popolo affascinando, seducendo e infine decapitando il generale (con la sua stessa spada), ma guida anche la processione celebrativa nel tempio di Gerusalemme, dove le donne assumono un ruolo guida e gli uomini seguono.

5. Nel Libro di Isaia (49, 22) si parla di Sion (ossia Gerusalemme) come di una madre, e in 66, 8-11 propone una lunga metafora di Gerusalemme che entra in travaglio, partorisce e poi nutre i propri figli. Parlando della Gerusalemme celeste, in Galati 4, 26 Paolo attinge proprio a questa tradizione.

6. Nella Sapienza di Salomone (7, 12)e in Siracide (15, 2-5) la Sapienza è descritta come madre.

7. Tra le numerose metafore materne che i profeti applicano a Dio è esemplare quella in Isaia 49, 15. In risposta alle preghiere del popolo ebraico esiliato a Babilonia, Dio replica: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai».

Questi stessi aspetti compaiono nel Nuovo Testamento, dove insieme a tante donne ricordate per fatti diversi dalla gravidanza e dal parto, troviamo immagini materne associate a Gesù, Paolo e la Chiesa. Ecco altri sette esempi.

1. Mentre Gesù insegna, una donna si avvicina a lui e dice «Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!». E Gesù replica: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Luca 11, 27-28). Alle donne nella Chiesa che affrontano la sterilità e che non sono chiamate alla castità questo verso offre una grandissima consolazione.

2. Maria Maddalena, Maria e Marta, Susanna e Giovanna, la donna che unge il capo di Gesù (Marco 14, 3-11 // Matteo 26, 6-16), la Samaritana che Gesù incontra al pozzo e altre donne discepole sono importanti per la loro fedeltà a Gesù, non per il matrimonio o i figli.

3. Non vengono menzionati figli per Lidia, la prima nuova discepola di Gesù su suolo europeo (Atti 16, 14), la diaconessa Febe (Romani 16, 1) e l’apostola Giunia (Romani 16, 7).

4. Anche Gesù può essere considerato materno. Lui stesso si paragona a una gallina che raccoglie i suoi pulcini sotto le proprie ali (Matteo 23, 37 // Luca 13, 34); per di più, come narra Giovanni 19, 34, quando il suo fianco viene colpito dalla lancia di un soldato, fuoriescono «sangue e acqua». L’immagine è quella del parto.

5. Nella Prima lettera ai Corinzi (3, 1-2) Paolo descrive il proprio ruolo come un dare da bere il latte ai suoi «neonati in Cristo»; ai Galati si presenta come donna in travaglio (Galati 4, 19); e nella Prima lettera ai Tessalonicesi (2, 7) assume il ruolo di «madre [che] nutre e ha cura delle proprie creature».

6. Per Paolo anche la terra assume il ruolo materno, poiché «geme e soffre […] nelle doglie del parto» (Romani 8, 22).

7. Infine, in continuità con l’idea di Gerusalemme o Sion come madre e la tendenza di personificare istituzioni, città, nazioni e così via come femminili, i cristiani hanno sviluppato l’immagine della Chiesa quale madre. Per esempio, san Cipriano afferma che «Nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre» (Habere iam non potest Deum patrem qui ecclesiam non habet matrem), mentre sant’Agostino parla di «grembo di Madre Chiesa» (uterus matris ecclesiae) e della Chiesa come «nostra vera madre» (mater nostra vera). Questa metafora permetteva a tutti i battezzati di considerarsi figli della stessa madre e quindi fratelli.

Questo elenco, al quale si potrebbero aggiungere altri esempi, non intende togliere nulla ai ruoli fisici legati alla gravidanza, al parto e all’allattamento, ma piuttosto conduce ad almeno tre punti importanti.

In primo luogo assicura a tutte coloro a cui è stato detto che la cosa più importante che una donna può fare è avere figli, e che per motivi fisici o personali non possono essere madri biologiche, che non sono delle fallite. Il parametro biblico per le donne non è anzitutto la maternità: è la fedeltà. Le religiose, la maggior parte delle quali non ha avuto figli, lo provano.

Poi, leader di Paesi, donne come Julia Gillard, Park Geun-hye e Angela Merkel, che non hanno avuto figli, spesso vengono accusate di essere prive di compassione o di non riuscire ad adempiere al loro ruolo di donne. Come Miriam e Debora, Ester e Giuditta, Febe e Giunia, dovrebbero essere invece celebrate la guida delle loro comunità.

Infine, poiché i ruoli materni della gravidanza, del parto e dell’allattamento nella Bibbia vengono metaforicamente estesi a uomini, apprendiamo che anche gli uomini hanno la responsabilità di prendersi cura dei figli. La cura dei bambini, date queste immagini, non dovrebbe essere una cosa che appartiene solo alle donne.

di AMY-JILL LEVINE


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