Sull’ultimo numero di Riforma - L'Eco delle valli valdesi è presente uno speciale di 5 pagine sul convegno sull’ecclesiologia battista che il Comitato esecutivo dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi) ha organizzato dal 13 al 15 presso «Il Carmelo» a Ciampino (Roma). Il convegno, il cui motto è stato «La nostra lettera scritta nei nostri cuori siete voi» (II Corinzi 3, 2), ha visto la partecipazione di oltre 130 persone provenienti da diverse chiese battiste sparse sul territorio nazionale.
Lo speciale dà conto di alcuni dei momenti di questo partecipato weekend.
Ciascuna comunicazione è stata seguita da un ampio tempo per domande di chiarimento e approfondimento. La giornata si è conclusa con la conferenza su «M. L. King e Abraham Heschel: profeti del Dio d’Israele», a cura del prof. Ottavio Di Grazia e del past. Raffaele Volpe.
La seconda giornata è stata dedicata alle attività dei gruppi di lavoro, che sono stati uno spazio inclusivo, accogliente dove la voce dei fratelli e sorelle provenienti dalle chiese si sono espresse serenamente e liberamente. Nella serata di sabato si è tenuto un festival, a cura del Ministero musicale, che ha dato visibilità ad alcuni dei talenti musicali presenti nelle chiese locali.
Il convegno si è concluso con un momento di valutazione e con la celebrazione di un culto con la predicazione della pastora Lidia Maggi, anch’essa presente tra i contenuti dello speciale.
Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che
una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo
nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel
campo.
Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata
una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni
genere di pesci.
Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni
nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli
e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà
pianto e stridore di denti.
Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo
ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che
estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». (Matteo 13,33.44-52)
Durante questo convegno abbiamo aperto i bagagli, scartato i vestiti ormai logorati o troppo stretti,
rammendato quelli strappati, riadattato quelli che ci cadevano male addosso e fatto l’elenco dei capi
che ancora ci mancano. Ora è tempo di riprendere il viaggio.
E ora dove andiamo? La meta all’orizzonte non è così definita, non conosciamo la posizione
puntuale.
Non possiamo appoggiarci a un dispositivo elettronico per arrivarci. C’è, piuttosto, bisogno di una
bussola, capace di indicarci la direzione. Ecco quattro piccole parabole del Regno, quattro punti
cardinali perché il viaggio continui senza smarrimenti. Parabole caratterizzate dal movimento che
porta ad un cambiamento. Il Regno non è rinchiuso in una definizione, ma in un’esperienza di
trasformazione.
Camminare verso il Regno significa non sottrarsi al cambiamento.
La prima parabola indica il Nord: ci racconta di una donna che nasconde il lievito nella farina e tutta
la pasta è lievitata. La donna amalgama il lievito come noi vorremmo amalgamare il lievito della
Parola nella pasta della storia perché questa sia trasformata fino a diventare buon pane. E la stessa
Parola a noi affidata come lievito, quanta cura richiede, perché sia custodita e cresca! Il lievito
madre va continuamente nutrito e lavorato per essere in grado di agire, proprio come la Parola.
Dalla sapienza della donna, impastatrice del pane del Regno, impariamo a custodire la Parola non
come un cimelio del passato da tenere sotto teca, ma perché faccia lievitare la pasta della vita. C’è
qualcosa che deve essere nascosto, come lievito; e c’è qualcosa che è stato nascosto e che non
doveva esserlo: la donna. Ricordiamo questa piccola parabola pensando al lievito e dimenticandoci
delle sapienti mani della donna che hanno preparato e nascosto il lievito. Il nostro modo specifico di
essere chiesa sta imparando a riconoscere la singolarità di ogni ministero. Riconoscere può
richiedere una vigilanza particolare, un carisma affidato a questa nostra piccola comunità di chiese:
un’indicazione, come una stella polare, per non permettere che venga smarrita la memoria della
sapienza femminile con cui Gesù ha avvicinato il Regno.
La seconda parabola ci orienta verso Sud. E se il Nord mette in scena la sapienza e la fatica della
donna, al Sud incontriamo la fatica di un contadino. Accanto al movimento e alla trasformazione,
tutte queste parabole narrano la fatica del lavoro ordinario. Il Sud evoca l’arsura, il sole caldo che fa
sudare.
Gioia e fatica si intrecciano in questa esperienza di scoperta. Nella fatica dei campi, il contadino è
sorpreso e sopraffatto dall’inedito. Casualmente trova nel campo un tesoro, che subito nasconde, e
per la gioia va, vende tutto ciò che possiede e acquista il campo. Insieme alla gioia per l’inatteso, mi
stupisce l’astuzia dietro alle azioni dell’uomo. Una parola che non è uscita durante il nostro
convegno. Ci sembra inopportuno parlare di astuzia, mentre pensiamo alle cose di Dio; eppure,
anche questa sapienza trova il suo spazio nelle parabole di Gesù. Stiamo attenti a non disprezzarla.
Quanti riferimenti all’astuzia, alla furbizia dei piccoli e delle piccole, nelle parabole di Gesù.
L’astuzia è una forma di audacia che forza il cambiamento, rendendolo possibile. L’uomo, per non
perdere il tesoro scoperto, si muove con astuzia. La trasformazione richiede anche questa
competenza. Nel nostro viaggio verso il Regno ci sia dato di stupirci, quando nel campo a noi
affidato troviamo un tesoro; e insieme, ci sia tra noi tanta audacia per rendere più possibile
l’impossibile.
E adesso siamo a Est, luogo dove sorge il sole. Solare è la parabola della perla preziosa, trovata dal
mercante che ha un rapporto utilitaristico con le cose fino a quando non trova la sua perla. Con lei
non può più avere un rapporto commerciale: il mercante smette di mercanteggiare e cambia identità.
Ora è l’uomo della perla preziosa, suo unico bene. Non è disposto a barattarla o a venderla e ne ha
cura. Le perle richiedono molta cura, perché, in qualche modo, sono vive.
Se le lasci chiuse e non le indossi, ingialliscono, fino a morire. E quando le indossi devi fare
attenzione a non usare profumi aggressivi: potresti rovinarle! Gioia e dolore sono gli ingredienti
della trasformazione.
Questa parabola, così solare, nasconde il dolore custodito nelle perle: sono lacrime dell’ostrica,
ferita da un corpo esterno. L’ostrica piange fino ad avvolgere il corpo che la ferisce. Un elemento di
disturbo, nella casa dell’ostrica, crea le condizioni perché nasca una perla. Come mi piacerebbe che
le chiese imparassero questa sapienza dalle ostriche che sanno trasformare il disagio in opportunità.
E infine l’Ovest, dove il sole tramonta. Il giorno è finito e ci viene consegnata una parabola che,
mentre mette in scena la fatica del lavoro ordinario, evoca il senso ultimo della storia. Alziamo lo
sguardo dal presente per ricordarci che la storia è più grande dei nostri pochi anni e che è Dio che
ne tiene il filo. Una rete piena di pesci e, a riva, i pescatori che dividono quelli commestibili da
quelli immangiabili. Basterebbe guardare ai pescatori in azione per imparare da loro: prima la pesca
e poi la distinzione. In genere noi procediamo con il movimento contrario: prima dividiamo –
decidiamo con chi vogliamo lavorare, camminare, condividere; chi sono i nostri e chi no… – e poi
peschiamo. Inoltre, questa parabola è l’unica che Gesù spiega, richiamando i tempi ultimi e la fine
della storia. Non è a noi che è affidato il compito di separare i giusti dagli ingiusti. Questa
prerogativa è solo di Dio e delle sue schiere celesti. È Dio il Signore della storia. In questo mare di
non senso, dove sembra che anneghino sempre i più fragili, Dio ci ricorda che, a suo tempo, egli
emetterà un giudizio.
E ora dove andiamo? La bussola di queste piccole parabole ci permette di orientarci. Nel viaggio
conosceremo gioia e fatica, stupore e ricerca. Dal tesoro delle nostre bisacce saremo chiamati,
chiamate, a tirare fuori cose nuove e cose antiche.
Ci sono stati presentati, durante il convegno, dei volantini che riscrivono, con un linguaggio
moderno i “sola” della Riforma. Anche noi oggi li abbiamo riscritti con queste quattro parabole. La
sapienza della donna ci ricorda il “sola Fede”: la fiducia che la storia possa cambiare; una fede che
spera nella trasformazione e lavora per essa. Il contadino che trova un tesoro fa memoria del “sola
Grazia”: nessun merito in quel tesoro trovato casualmente, ma stupore che porta a una decisione. Il
mercante che trova la perla preziosa ci rimanda al cuore della nostra fede, al “solo Cristo”: nostra
perla preziosa, tesoro nato dalle lacrime piante per un mondo impermeabile al sogno di Dio. Infine,
la rete dei pescatori, con il giudizio finale sulla storia, ci ricorda che “solo a Dio va la gloria”: solo
lui è il Signore del mondo. Vedete? Anche noi, sentendoci a casa, abbiamo tirato fuori dal nostro
tesoro cose nuove e cose antiche. In questo movimento di continuo ritorno alle Scritture, di lettura e
rilettura c’è il “sola Scrittura”: nella parola antica troviamo il nuovo, che emerge dalle nuove
domande che sorgono in mezzo a noi. E, dunque, dove andiamo ora? Il viaggio è ancora lungo, ma
abbiamo una bussola, con cui camminare con le comunità, compagne di strada. E quando
camminiamo insieme, il Regno si fa più prossimo. Buon cammino piccolo gregge!