Sapienza ancora viva
L’Osservatore Romano 25 settembre 2023
Dal 5 all’8 settembre si è tenuto al monastero di Bose, a Magnano in provincia di Biella, il XXIX Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa dedicato a La sapienza del deserto. I detti dei Padri e delle Madri. Prosegue così un itinerario di rivisitazione dei testi fondativi del monachesimo, iniziato nella scorsa edizione con i Discorsi ascetici di Isacco di Ninive.
Sabino Chialà, priore di Bose, quali sono le ragioni di questa scelta?
Abbiamo voluto metterci in ascolto di questa particolarissima espressione della letteratura cristiana antica: brevi testi che riferiscono parole e fatti relativi ai primi monaci e a qualche monaca del deserto egiziano. Abbiamo così sentito risuonare il loro insegnamento sapiente, arguto, spesso ironico e sempre provocatorio.
È uno dei testi più letti e meditati all’interno del monachesimo cristiano.
Più che di un testo si tratta di un corpus di testi che, lungo i secoli, ha assunto forme diverse. Tradotti in tutte le lingue parlate da cristiani, questi detti hanno conosciuto adattamenti e accrescimenti nelle varie tradizioni dove si come acclimatati, assumendo coloriture diverse a seconda del contesto: siriaco o etiopico, copto o slavo, latino o arabo, e così via. Studi accurati hanno riportato alla luce alcune attestazioni in sogdiano, l’antica lingua parlata nella regione di Samarcanda. Personalmente ho potuto individuarne alcuni echi nella letteratura islamica sufi i cui autori, come apprendiamo anche da fonti islamiche, frequentavano i monasteri cristiani e ne leggevano gli scritti.
La storia editoriale dei detti è molto particolare, dato che non esiste una loro redazione definitiva ma piuttosto una tradizione condivisa.
Sì, i manoscritti ce ne tramandano varie collezioni, in lingue diverse. Le più diffuse sono la Collezione alfabetica, la Collezione anonima e la Collezione sistematica, dove i testi sono disposti secondo una suddivisione tematica. Questo vale per il greco, il latino e qualche altra tradizione. Per il resto delle aree linguistiche, gli accorpamenti dei detti seguono logiche diverse, proprie a ciascuna area.
Se dovesse dare un giudizio complessivo sul convegno?
Direi ottimo. Le conferenze sono state di alto livello, sia quelle relative all’inquadramento storico sia gli approfondimenti tematici su spiritualità, lettura della Scrittura e preghiera, paternità spirituale, discernimento, amore di Dio e amore del prossimo, ospitalità e altro ancora. A conclusione abbiamo chiesto a due ospiti d’eccezione di proiettarci nel presente: a un monaco egiziano, Markos el-Makari, abbiamo chiesto di introdurci alla lettura dei detti nei monasteri egiziani contemporanei; al metropolita Job di Pisidia, del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, abbiamo affidato il difficile compito di individuare cosa questi detti hanno da offrire alle donne e agli uomini del nostro tempo. Anche quest’anno abbiamo dedicato un pomeriggio alla lettura dei testi in piccoli gruppi, divisi per lingue di appartenenza. Un’esperienza molto positiva perché ha dato l’opportunità a tutti i partecipanti di riassaporare i testi.
La guerra in Ucraina ha inciso sulla composizione dei partecipanti?
Un peso grande e per noi dolorosissimo. Direttamente dall’Ucraina non ha potuto raggiungerci nessuno. Abbiamo solo potuto ospitare alcuni amici ucraini che vivono in Italia. Anche dalla Russia l’impresa non è stata facile. Siamo riusciti a far giungere un relatore da Volgograd. Altri amici hanno affrontato difficoltà enormi per partecipare al convegno. La Chiesa di Mosca ha mandato un suo rappresentante ufficiale dall’Italia.
Come valuta gli attuali rapporti tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse?
La situazione è complessa. Le difficoltà interne all’ortodossia certamente incidono anche sul dialogo ecumenico tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica. Tuttavia nel giugno scorso, ad Alessandria d’Egitto, la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa (nel suo insieme), della quale faccio parte, ha approvato un testo comune su Sinodalità e primato nel secondo millennio e oggi. Quattro Chiese ortodosse non erano rappresentate ma i lavori si sono svolti in un clima cordiale e costruttivo.
Oggi qual è la situazione dei monasteri dove questi detti hanno iniziato a prendere forma?
Proprio in occasione dell’incontro della Commissione di dialogo ad Alessandria, ho avuto la gioia di ritornare per qualche giorno nel monastero di San Macario e negli altri monasteri del Wadi elNatrun, l’antica Scete. Vi ho ritrovato comunità vivaci e in espansione, dove l’antica tradizione dei detti, letti ancora oggi durante i pasti comuni dei monaci, è vissuta e reinterpretata. Si tratta di monasteri fiorenti, che mi sembra stiano confrontandosi con un momento importante di elaborazione e di passaggio verso un nuovo che ripensi l’antico. I detti saranno un’utilissima fonte di ispirazione in questo difficile compito.