Vito Mancuso: "Donne e omosessuali? La Chiesa faccia le riforme. È una questione di giustizia"
Il primo a mettere le mani avanti è lo stesso segretario generale del Sinodo dei vescovi, il cardinale Mario Grech: "Non è detto che ad ottobre 2023 e 2024 dovremmo trovare tutte le risposte, però prendiamo atto che ci sono delle domande". E non è poco, considerando che per la prima volta tutte le questioni più delicate nella Chiesa – dall’ordinazione presbiterale di uomini sposati, al diaconato femminile, passando per la piena accoglienza di gay e divorziati – finiscono nero su bianco nel documento di lavoro di un Sinodo, l’appuntamento più immediato per un confronto ecclesiale ad ogni livello.
Senza questi cambiamenti la Chiesa è destinata a scomparire?
"Siamo onesti, tali modifiche non porterebbero più fedeli a messa. Nel mondo protestante, dove tutto ciò è realtà, la situazione è anche peggiore del contesto cattolico quanto a partecipazione ai sacramenti".
Ha ragione allora chi sostiene che i dossier più spinosi dovrebbero essere tenuti fuori dal Sinodo?
"Assolutamente no, sono temi da affrontare in maniera alta e consapevole. Partendo dal primo aspetto, pur considerando i rischi di scisma davanti all’ipotesi del sacerdozio per le donne, va fatto un passo avanti rispetto al diaconato femminile. Non bisogna avere paura di varare, giustificandolo a livello teologico, l’accesso al cardinalato per entrambi i sessi: non si deve essere necessariamente diaconi, preti o vescovi per ricevere la porpora".
E quando accenna alla consapevolezza a cosa si riferisce?
"Al fatto che oggi viviamo una fase di decrescita del cristianesimo. Dobbiamo accettare, senza nostalgismi, l’idea che i fasti della Chiesa di Pio XII siano ormai consegnati alla storia".
La sfida è recuperare l’essenza del cristianesimo, l’annuncio del messaggio evangelico di salvezza?
"Sì ed è curioso il fatto che oggi sia la società a dettare i temi, dai gay ai divorziati risposati, a una Chiesa che per secoli si è imposta e ha imposto agli altri le sfide all’ordine del giorno. Anche questo è un segno dei tempi".
Il Sinodo sulla sinodalità, definita da papa Francesco come ’il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa nel terzo millennio’, può essere ben altro che un mero gioco di parole?
"Ragionare sul metodo con cui ci si vuole organizzare e s’intende annunciare oggi il Vangelo è l’occasione propizia per ripensare, senza omettere la disamina dei dossier caldi, la struttura ecclesiale e il rapporto di ciascuno di noi con Dio, il dolore, la morte e il destino dell’anima".
I protagonisti della Chiesa di oggi sono all’altezza di un compito così profondo?
"Non lo so e non sta a me dirlo. Mi limito solo a constatare che purtroppo non abbiamo nessuna enciclica recente sul senso della pregheria".
La polarizzazione tra progressisti e conservatori rischia di far naufragare la barca di Pietro nel mare delle riforme ?
"È un ostacolo, certo, ma, come sempre accade nella Chiesa cattolica, tutto dipenderà dal Papa".
Francesco deve essere meno politico e diplomatico?
"Finora è stato assai profetico, ma ha anche avuto paura di rompere l’unità della Chiesa. Il successo del Sinodo dipende dalla sua volontà di approvare le riforme. Dovrà essere capace di parlare al cuore dei vescovi polacchi e americani. Far loro capire che dare il via libera al diaconato femminile non significa essere progressisti o cedere alla postmodernità, ma sostanziare quel ’genio femminile’ di cui parlò Karol Wojtyla. Altrimenti certe espressioni finiscono per essere una presa in giro".
Intervista di Giovanni Panettiere per Quotidiano Nazionale venerdì 23 giugno 2023