Enzo Bianchi "Perché il cristiano non sceglie la setta"
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20 febbraio 2023
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
Attraversiamo una stagione contrassegnata dal rapido mutamento delle forme del vivere e di questo
si accorgono soprattutto i cristiani dell’Europa occidentale, in particolare nel nostro Paese.
Tempo di crisi, dichiarata “benedetta crisi” in un acuto saggio di Erio Castellucci, vescovo di
Modena; tempo che suscita in altri un’angosciata domanda: “Siamo gli ultimi cristiani?”. Dal Nord
al Sud dell’Italia, nei miei incontri con le comunità e con i loro pastori, sento sempre dire: “La gente
non viene più a messa!”. E questo mi ricorda che all’inizio del terzo millennio il lamento era: “I
giovani non vengono più in chiesa”. E poco più tardi: “È sempre più raro vedere delle donne
coinvolte nelle attività parrocchiali”. Nei giorni scorsi ero stupito che in luoghi diversi del nostro
Paese, i preti mi dicessero la stessa cosa, che rispetto a quattro anni fa la gente che va a messa è
dimezzata.
Non voglio dunque neanche annoiare il lettore con le statistiche – oggi abbondanti, serie e a volte
autonome – che riguardano tale “diminuzione”, ma siamo tutti convinti, e lo ripete anche Papa Francesco, che la cristianità è finita, che i cristiani sono attualmente in condizione di diaspora e che
se mai potranno apparire, come portatrici del Vangelo di Gesù Cristo, piccole comunità, disseminate
in vari luoghi. Queste assicureranno un futuro alla fede cristiana se riusciranno a essere creative,
significative, spezzando il muro dell’indifferenza in una società e in una cultura dalle quali è stato
estromesso il messaggio cristiano.
Sì, da dieci anni usiamo la parola es-culturazione per dire che ormai la cultura dominante non solo
non fa riferimento al cristianesimo, ma non ha neanche più la capacità di leggerlo, di decifrarlo.
Questa nuova condizione dei cristiani deve essere intesa come una chiamata alla consapevolezza e a
un’assunzione di responsabilità: si tratta di essere in grado di narrare Gesù Cristo oppure…
scomparire!
Ma questo compito non deve portare a un’ipotesi settaria, anche se è questa la facile tentazione
delle minoranze. E io sono convinto che fino a quando la chiesa sarà al centro delle preoccupazioni
dei cristiani le tentazioni saranno sempre o la cristianità, oppure, se questa non è possibile, la setta.
La via della setta, di cristiani militanti, con una netta identità, fervorosi e praticanti, è la via di quelli
che si credono eletti. Ma Gesù non ha scelto questa via e non ha radunato i suoi discepoli in una
cinta, in una realtà ben delineata e separata, ma in una comunità aperta, come stranieri nella
compagnia degli uomini. Basta con il sognare cristiani associati in falangi o in conventicole. Si può
essere discepoli di Gesù in tanti modi anche senza avere l’etichetta di “praticanti”, che non salva:
per la salvezza è sufficiente un granello di fede, ha detto Gesù.
I cristiani dovrebbero porsi un’unica domanda: sanno narrare Gesù con la loro vita quotidiana a chi
cammina con loro o lo chiede loro?