Clicca

La figura di Maria: nel Protestantesimo, nell’Islam e la prospettiva ebraica

stampa la pagina
Tre articoli usciti sul numero di dicembre di "Donne, Chiesa,Mondo": Maria nella prospettiva ebraica con Amy-Jill Levine; protestante con la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta; musulmana con Shahrzad Houshmand Zadeh.

Una figura femminile straordinaria, «la cui grandezza rischia di essere impoverita, anziché valorizzata, dai dogmi e dalla devozione popolare». Massimo rispetto, ma riferimento esclusivo alla Bibbia, alle scritture del Nuovo Testamento come fonte di conoscenza: la posizione delle Chiese protestanti sulla Madre di Gesù è ben nota. Ne pariamo con la moderatora della Tavola Valdese, Alessandra Trotta, avvocata palermitana e diacona, seconda donna in questo ruolo, una delle tre donne (tra cui due pastore) tra i sette componenti dell’organo di governo nazione della Chiesa Evangelica Valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi, che le rappresenta anche nei rapporti con lo Stato. Per noi è quello che dicono le Scritture (di Antonella Mariani)

Maria per il mondo cristiano ha titoli di Madre di Dio, Vergine, Immacolata, Assunta, santa, beata, ed è ben chiara la sua grande importanza nella mente e nei cuori dei cristiani. L’arte e la spiritualità da duemila anni si nutrono della sua bellezza. Ma ciò che stupisce è la sua venerazione tra i musulmani del mondo e la sua presenza eccezionale se non unica nel testo sacro, il Corano. Centinaia sono le moschee intitolate a Maria, in Asia, in Africa, in altri continenti, da sunniti o sciiti. In Pakistan ogni anno si compie un pellegrinaggio al quale partecipano centinaia di migliaia di donne e uomini, giovani e vecchi, cristiani, musulmani e indu che in occasione della festa dell’ 8 settembre, Natività della Vergine, si recano al santuario di Mariamabad, la città di Maria, camminando gomito a gomito, cantando, ballando e pregando insieme. Un nome che unisce (di Shahrzad Houshmand Zadeh)

Da bambina, crescendo in un quartiere in prevalenza portoghese-cattolico romano nel nordest degli Stati Uniti, Maria mi affascinava. Tutte le statue — e quasi ogni famiglia ne aveva una, che fosse piccola sulla mensola del camino o più grande sul prato davanti casa — la mostravano con lineamenti bellissimi, eleganti vesti blu e la corona più bella in assoluto mai indossata. Il mio film preferito era Nostra Signora di Fatima del 1952. Non sono mai riuscita a decidere se preferivo ricevere una visione della Beata Vergine come Lucia, Jacinta e Francisco, o fuggire con il bel Gilbert Roland, che interpretava Hugo da Silva, il protagonista maschile. Da bambina, inoltre, mi identificavo con Maria. Mia madre mi aveva detto che Maria era ebrea, proprio come me. Maria andava alla sinagoga, proprio come me. Maria recitava le antiche preghiere come «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo», proprio come me. Spesso fingevo di essere Maria: mi avvolgevo in un lenzuolo blu, mi mettevo in testa una federa blu, costruivo una corona con i fogli di alluminio e sorridevo dolcemente a tutti quelli che incontravo. ➤Una donna ebrea, l’influenza su suo figlio non deve essere sottovalutata (di Amy-Jill Levine)
stampa la pagina



Gli ultimi 20 articoli