Vito Mancuso "Il valore del dono"
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Il valore del dono
Alba, 12 settembre 2022, in occasione del Premio Generosità per Maria Franca Ferrero.
Dono non ha bisogno di spiegazioni nel significato e anche l’etimologia è facilmente riconducibile al latino donum, dal verbo do, infinito dare. Il dono è qualcosa di dato. Di doni tutti noi ne abbiamo fatti e ricevuti tanti, quindi tutto sembra chiaro: il dono è la manifestazione della capacità di generosità del genere umano. In realtà sappiamo che non è sempre così. Sappiamo che non tutti i doni sono veramente tali né quanto all’oggetto né quanto all’intenzione. Non lo sono quanto all’oggetto ricevuto, perché talora se ne farebbe volentieri a meno, non tutti i doni infatti sono regali (termine da intendere nel senso dell’aggettivo regale, “degno di un re”). E soprattutto non tutti i doni sono tali quanto all’intenzione con cui vengono fatti perché non sempre sono veramente pensati e gratuiti. L’esperienza insegna che vi sono doni inutili che non hanno nulla a che fare con chi li riceve ma sono solo consuetudini; che ve ne sono di fin troppo utili perché fatti per togliersi l’obbligo o per acquistarselo; che ve ne sono di ingombranti, fatti per far pesare la propria potenza; che ve ne sono di sbagliati, buone intenzioni ma pessimo risultato, che finiscono per essere sgraditi o persino offensivi. Ma nonostante tutto ciò il concetto di dono è chiaro nella mente di tutti noi.
Cosa significa invece precisamente valore? Il campo semantico del concetto è molto ampio: può indicare prezzo (il valore di una casa), abilità (un poeta di valore), potenza (il valore del denaro), validità (un documento senza valore), importanza (una questione di immenso valore), idealità (i valori di famiglia) e altre cose ancora. Il sostantivo valore è collegato al verbo valere, dal latino valeo con due significati fondamentali: “essere forte” ed “essere sano”. L’etimologia ci insegna così che il concetto di valore deriva dalla condizione di chi è nella pienezza delle forze, fisiche ed economiche, in quanto ha vigore e può manifestare tale sua florida condizione. Il valore del dono quindi (quando si tratta di doni significativi) esprime anzitutto lo stato del donatore: è un’espressione di forza e di superiorità, perché pochi possono donare così.
Naturalmente però non tutti coloro che possono permettersi di donare in modo significativo lo fanno, e meno che mai non tutti quelli che donano lo fanno sempre con pura generosità, senza secondi fini, senza utilizzare i doni compiuti come strumenti per aumentare il proprio potere. Ne viene che chi dona tanto e senza secondi fini, ma solo per pura generosità e volontà di bene, manifesta la presenza di un modo di essere per comprendere il quale occorre convocare un altro concetto, uno dei più belli della nostra tradizione: il concetto di grazia.
La parola arriva tale e quale dal latino con la sola trasformazione della t originaria nella zeta attuale e quanto al significato si tratta di uno di quei concetti che si dominano fino a quando non si devono spiegare, come sant’Agostino diceva del tempo: “Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so” (cfr. Confessioni XI,14). Quello che Agostino dice del tempo vale per altri concetti fondamentali della nostra vita quali verità, bellezza, giustizia, amore, e questo ci fa capire che il nostro linguaggio è più grande della nostra mente. Noi lo riceviamo come un dono dei secoli di cui dovremmo essere molto riconoscenti e a cui dovremmo dedicare molta cura, perché noi siamo le nostre parole, le nostre frasi, lo stile con cui parliamo; e siamo la capacità di ascoltare le parole degli altri, di apprezzare il loro modo di parlare, di capire ciò che dicono e come lo dicono (e ciò che non dicono e perché non lo dicono). Quale grande esercizio spirituale è la cura del linguaggio.