Alessandro D’Avenia "Cercasi vita eterna"
«Dio promette la vita eterna. Noi la recapitiamo a domicilio». Così recita il volantino pubblicitario di una droga, il Chew-Z, che arriva sul mercato interplanetario in uno dei romanzi più spaesanti di Philip K.Dick, Le tre stigmate di Palmer Eldritch (1964), che, secondo lo scrittore Emanuele Carrère, ha segretamente ispirato film come The Truman Show e Matrix. Nel romanzo di Dick gli uomini abitano in tutto il sistema solare, la Terra è diventata quasi invivibile per il caldo ma, per sopportare la terribile vita su altri pianeti come Marte, i coloni terresti si procurano dei plastici con le miniature di un uomo e una donna bellissimi. Quando si assume il Can-D, una vecchia droga allucinogena, si entra nella vita perfetta di questi personaggi alla Barbie e Ken. Per questo gli uomini impegnano tutti i loro risparmi per comprare sempre più scenari e accessori del plastico e fuggire dall’insopportabile vita ordinaria, anche se tornati alla realtà, essendo rimasto tutto come prima, non si vede l’ora di assumere un’altra dose. Ma Palmer Eldritch, magnate del sistema solare, scopre una nuova droga prodigiosa, il Chew-Z, che, a differenza del Can-D, consente di entrare non in un plastico ma in un livello di realtà precluso alla coscienza e di cui Dick era indagatore: dietro al mondo c’è un altro mondo che noi non vediamo accontentandoci di una messa in scena dentro la quale recitiamo una parte. Ma che cosa c’è dietro la scenografia? Una vita eterna? E in che consiste?
Dall’ossessione per questo livello invisibile di realtà nascono i racconti che hanno ispirato film e serie come Blade runner, Minority report, The man in the high castle, Philip K.Dick’s Electric dreams... Per Dick quella che chiamiamo realtà è cartapesta
La vita eterna è quella vita traboccante di senso di cui facciamo esperienza in alcuni istanti indimenticabili che infatti chiamiamo di salvezza, come l’innamoramento. La vita eterna non è la proiezione dei desideri in un cielo irraggiungibile, oppio religioso necessario per farsi piacere l’esistenza, ma è il desiderio innestato nel cuore che misteriosamente sa come dovrebbero andare le cose e si sente chiamato a realizzarle. Palmer Eldritch, genio del male, promette proprio questa vita eterna con l’assunzione di una droga, ma c’è un prezzo molto alto da pagare per avere la sua vita eterna sintetica: si cade sotto il suo dominio. Da un lato abbiamo la fuga in vite che non sono la nostra, come permette di fare il Can-D, la vecchia droga che proietta nelle vite di plastica, il tipo di fuga proposto dalla pubblicità, che manipola il nostro desiderio di infinito scambiandolo con la somma senza fine di piccoli finiti acquistabili. Dall’altro lato abbiamo il Chew-Z, la nuova potentissima droga di Eldricht, che permette di modificare il proprio passato e presente, soggiornando in una vita immaginaria a forma dei nostri desideri e senza cadute, fallimenti o ferite. Assomiglia a ciò che ci accade con Internet, dove costruiamo sogni a occhi aperti in un’infinta bolla cognitiva ed emotiva fuori dallo spazio e dal tempo. Ma così, pur di avere almeno un’ipotesi di eterno, regaliamo i nostri dati ai grandi gestori che, profilandoci indirizzano le nostre scelte future: preferiamo diventare risorse da esaurire piuttosto che lottare per essere protagonisti di una vita eterna reale e non digitale. Perdere la libertà è un prezzo che paghiamo volentieri, perché essere liberi ci costringe a fare scelte e a portarne il peso: le masse permettono così le piccole e grandi dittature. Ma mentre la pubblicità offre prodotti che rimandano alla realtà (per essere felice devo possederli), la rete, che presto avrà la forma del metaverso (i nostri profili saranno viventi ma nel mondo plasmato dal dio Algoritmo, con conseguenze ben descritte da Eric Sadin in Critica della ragione artificiale soprattutto in termini di perdita di libertà e quindi di creatività e di gioia di vivere), ci offrirà una felicità senza bisogno di realtà o addirittura contro la realtà, come confessa il protagonista del romanzo di Dick: assunta la droga della vita eterna «non puoi sgusciarne fuori. Anche se pensi di essertene liberato, ci sei ancora invischiato. È un accesso a senso unico e io ci sono ancora dentro».
Chi di noi saprebbe e potrebbe rinunciare alla rete e ai social oggi? La nostra vita, essendo noi esseri in cerca di senso (ci concepiamo come storie che hanno un destinazione), si costruisce sempre attorno all’idea che abbiamo della vita eterna: Dick non solo aveva visto che la vita eterna dei suoi contemporanei era manipolata dalla pubblicità, ma aveva anche pre-visto che nel futuro la vita eterna sarebbe stata nelle mani degli inventori di una forma di controllo più dolce e pervasiva, sostitutiva del reale. Il capitalismo della sorveglianza, come lo ha definito Shoshana Zuboff nel libro omonimo, ci trasforma in risorsa da cui trarre dati manipolando abilmente proprio il nostro desiderio di vita eterna: il metaverso ne sarà la realizzazione compiuta. Per quel che mi è dato vedere le nuove promesse di vita eterna riguardano infatti l’eliminazione definit