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Brunetto Salvarani e Vito Mancuso "Ernesto Balducci: l'uomo planetario"

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Ernesto Balducci

Il 25 aprile 1992 muore a Cesena Ernesto Balducci

Con Brunetto Salvarani

Repertorio: frammenti tratti da interviste televisive e interventi da trasmissioni radiofoniche condotte da Ernesto Balducci, Lo specchio del cielo del 23 marzo 1986; Voi ed io del 6 novembre 1978, Radio Uno; La notte della Repubblica del 27 dicembre 1989, RAI Due; All'ombra del grande fratello serata Orwell.- 
Brunetto Salvarani è studioso di teologia narrativa, saggista e critico letterario, ha scritto numerosi contributi sul tema della non violenza ed è considerato come uno dei maggiori esperti di dialogo ecumenico e interreligioso.

25 Aprile 2022




L’uomo planetario 
di Vito Mancuso 
La Stampa del 9 aprile 2022 

Un pensatore lo si onora pensando, considerando il suo pensiero come qualcosa di vivo con cui discutere seriamente qui e ora. Il che vale a maggior ragione per Ernesto Balducci, i cui scritti teologici e filosofici sono ricolmi di attualità e talora presentano affermazioni che oggi, a distanza di più di trent'anni, stupiscono per la loro capacità predittiva. Ecco per esempio ciò che scriveva dei paesi ex comunisti nel 1989: «Nel sommovimento dell'Est europeo ci sono segnali preoccupanti di una propensione a rigettare non solo il marxismo ma anche la razionalità illuministica di cui il marxismo è stato lo sviluppo. Sulla soglia dell'era postmoderna rinascono tutte le nostalgie del passato rimaste soffocate ma non estinte durante il trionfo della modernità. Quelle nostalgie potrebbero imprimere all'Europa una spinta regressiva dagli esiti disastrosi». 

Ecco prefigurato Putin e la sua guerra criminale, benedetta dal patriarca Kirill. Ma ecco anche (a prescindere dai fronti contrapposti nella guerra ucraina) l'Ungheria di Orban, la Polonia di Morawiecki, gli altri stati del patto di Visegrád e quelli scaturiti dalla frammentazione violenta della Jugoslavia. Tutti segnali di quelle "nostalgie del passato" soffocate dalla modernità e intuite da Balducci prima delle loro sanguinose manifestazioni, le quali, più che al postmoderno, rimandano al premoderno, a quel maligno medioevo che i nazisti evocavano parlando di "Blut und Boden", "sangue e suolo", volendo indicare l'identità di un popolo e di un essere umano, e che oggi si manifesta anche con Trump in America, Bolsonaro in Brasile, e naturalmente le forze sovraniste in Europa, molto forti nel nostro paese (tralascio l'analisi delle altre zone del pianeta ma non mi pare che la situazione sia molto migliore). Sembra quindi di dover concludere che, nonostante l'acutezza di alcune sue previsioni, Balducci non abbia complessivamente indovinato ipotizzando "l'uomo planetario" (il titolo del suo libro più bello), visto che il mondo sta andando esattamente dall'altra parte, a ritroso, verso l'uomo "identitario". Sembra che avesse piuttosto ragione Samuel Huntington quando, sempre nello stesso periodo, prevedeva The Clash of Civilitations, Lo scontro delle civiltà. 

Ma cosa intendeva Balducci con "uomo planetario"? Egli era convinto di essere a una svolta decisiva della storia in quanto la bomba atomica aveva messo definitivamente fuori gioco lo strumento con cui fino ad allora si era sempre fatta la storia, cioè la guerra, e in questo egli vedeva un punto di non ritorno dell'evoluzione che chiamava "planetarizzazione". A suo avviso vi «alludeva anche Darwin quando affermava che una volta che la specie umana fosse arrivata a percepirsi come un tutt'uno, i rapporti di simpatia all'interno della specie si sarebbero estesi fino all'estremità del pianeta». Insomma, l'uomo planetario è il contrario del sovranismo. 

Fu esattamente in questa prospettiva che Balducci giunse a scrivere qualcosa di molto sorprendente per un prete cattolico: «La qualifica di cristiano mi pesa». È interessante notare che ai sovranisti tale qualifica non pesa per nulla, anzi fanno a gara a esibire croci e rosari, mentre a Balducci pesava perché per lui ogni qualifica identitaria portava alla divisione degli esseri umani. Per questo egli cercava un'autocomprensione inedita in grado di abbracciare tutti, e dopo aver detto che la qualifica di cristiano gli pesava continuava: «Non sono che un uomo: ecco un'espressione neotestamentaria in cui la mia fede meglio si esprime». Fu per questo che Balducci coniò la qualifica di uomo planetario, spiegando: «L'uomo planetario è l'uomo postcristiano», laddove, dicendo postcristiano, egli non intendeva abbandonare Gesù, ma semmai essere veramente fedele al suo messaggio: «È vicino il giorno in cui si comprenderà che Gesù di Nazaret non intese aggiungere una nuova religione a quelle esistenti, ma, al contrario, volle abbattere tutte le barriere che impediscono all'uomo di essere fratello dell'uomo». 

Da questa nuova identità sarebbe derivato un nuovo stile di vita da lui definito «cultura della pace» e basato su due pilastri: la politica e l'ecologia. La nuova politica avrebbe generato la pace tra gli esseri umani, e l'ecologia la pace con il pianeta. 

Sotto quest'ultimo profilo Balducci fu tra i primi a cogliere non solo l'urgenza ma anche il valore spirituale dell'ecologia. Dichiarava: «La questione ecologica sta diventando la questione centrale». I giovani d'oggi, così sensibili alla dimensione ecologica, mostrano la fondatezza di questa sua affermazione. È però inevitabile chiedersi: la guerra ucraina non renderà impossibile la riconversione ecologica delle nostre economie? Io non so rispondere, ma è evidente che una politica ecologica veramente efficace è possibile solo di comune concerto tra le economie mondiali, mentre la situazione attuale prefigura uno scenario geopolitico sempre più diviso e conflittuale. 

Il compito del pensiero però rimane sempre quello di indicare l'ideale verso cui camminare. Senza profezia e utopia non vi può essere teologia, e neppure una filosofia all'altezza del suo nome che significa "amore della sapienza". Occorre amare la sapienza che spesso il mondo non ha per fare veramente philo-sophia. Balducci lo fece per tutta la vita. Teologicamente parlando, tale amore per una sapienza più grande del mondo si chiama amore per Dio, cioè per una Verità diversa dalla verità del mondo. Che la Verità sia la verità del mondo era la convinzione di Hegel, di Nietzsche, di Sartre e di tutti coloro che affermano l'immanenza; che non lo sia, era la convinzione di Platone, di Gesù, di Kant, di Wittgenstein e di tutti coloro che affermano la Trascendenza, in qualunque modo poi la chiamino. 

Ma attenzione: anche dal punto di vista teologico siamo al cospetto di una transizione epocale. Essa si concretizza nella necessità di scegliere tra Boden und Blut e planetizzazione, tra religione nazionale e spiritualità universale. Tale alternativa viene oggi incarnata sulla scena mondiale da due figure: il patriarca Kirill e papa Francesco. Da un lato la nazione, dall'altro l'ecologia. Da un lato "la forza del nostro popolo" (parole del patriarca del 4 aprile 2022), dall'altro "fratelli tutti" (enciclica papale del 2020). Da un lato il ritorno al passato e il conseguente "scontro delle civiltà", dall'altro l'apertura verso il futuro e il conseguente "uomo planetario". 

Noi non sappiamo quale delle due prospettive alla lunga risulterà vincente e quale perdente, né a livello politico né a livello ecclesiale. Di certo esse sono presenti anche all'interno della Chiesa cattolica, dove vi sono molti nemici di papa Francesco, che immagino identici a coloro che non sopportavano padre Balducci (e con lui don Milani, padre Turoldo, Arturo Paoli, Carlo MariaMartini, Carlo Molari, per fare altri nomi). Quello che ognuno può fare è comprendere l'alternativa e scegliere dentro di sé, al cospetto della sua coscienza e delle gioie e dei dolori del mondo. 
Balducci ci indica ancora oggi una nuova identità di credente che definisce planetario e postcristiano, non per abbandonare Gesù ma per compiere queste sue parole: "Se il seme caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Giovanni 12,24). Era quindi in fedeltà al suo maestro che Balducci giunse ad affermare: «Chi ancora si professa ateo, o marxista, o laico e ha bisogno di un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio della cultura, non mi cerchi. Io non sono che un uomo».
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