Emanuele Borsotti "L’assetato diventa sorgente"
Dicembre-Febbraio 2022
Sulla croce, Gesù beve l’aceto: beve,
dunque, l’asprezza e l’amarezza che
gli uomini gli porgono. Ma, agli occhi dei
padri della Chiesa, questa scena rimanderebbe per allusione ai giorni dell’esodo,
quando Mosè con il suo bastone aveva
trasformato le acque amare in acque dolci e potabili: allo stesso modo il Crocifisso riesce a trasformare le acque imbevibili
delle nostre paure, delle nostre delusioni,
della nostra rassegnazione e della nostra rabbia
in fonte trasparente, che
spegne la sete e l’arsura.
Il Crocifisso, l’Assetato
d’acqua, l’Assetato degli
uomini, l’Assetato dell’altro è divenuto il Cervo
(Sal 42,2), mentre sta per
diventare lui stesso la Sorgente, che lascia sgorgare
vita dal suo fianco (Gv
19,34). La sete di Cristo è
porta di accesso al mistero di Dio, che si è
fatto assetato per dissetarci.
Il racconto giovanneo della passione, infatti, contempla il Crocifisso che, riarso di
sete, diviene misteriosamente la fonte che
disseta l’uomo che volge lo sguardo al Trafitto (Gv 19,33-34).
Quell’acqua che fluisce dal fianco
squarciato indica la vita, allude al dono
dello Spirito e reca con sé una simbolica
sacramentale che rimanda al battesimo,
in Cristo si rinnova quel dono che il Dio
di Israele aveva fatto al suo popolo pellegrino nel deserto, simbolo della presenza
paterna e materna di Dio, della sua grazia
e della sua misericordia:
Non soffrirono la sete
mentre li conduceva nel deserto;
acqua dalla roccia fece scaturire per loro
spaccò la roccia e sgorgarono le acque
(Is 48,21)
Nel contempo questa scena finale che
fa del Cristo morto la sorgente della vita
sembra compiere la profezia di Ezechiele,
che aveva contemplato il tempio nuovo
da cui scaturiva una sorgente di acqua viva che,
crescendo, diveniva un
fiume possente, le cui acque avevano il potere di
risanare e fecondare tutto
ciò che toccavano al loro
passaggio (Ez 47,1) Gesù
aveva parlato del suo
corpo come del nuovo
tempio - tempio ultimo e
definitivo - distrutto dalla
morte ma riedificato nella
resurrezione, tempio dal quale fluisce l’acqua nuova della vita e dello Spirito.
Contemporaneamente, il sangue effuso,
insieme all’acqua, nell’ora della morte rinvia alla vita sacramentale della Chiesa,
che si concentra nei sacramenti del battesimo e dell’eucarestia, doni del Crocifisso risorto. Dalla sua ferita, il Cristo,
nuovo Adamo, genera ormai un’umanità
nuova, perché rinnovata dal suo amore
che si diffonde dalla croce, come acqua e
sangue, simboli reali dell’immersione battesimale e del banchetto eucaristico, luogo di nascita e vita. Ecco la fonte dalla quale è generata la nostra vita! Ecco l’amore
che edifica la Chiesa, la nutre, la disseta, la guarisce e la accompagna! D’altronde, sangue e acqua non accompagnano forse ogni parto di cucciolo di uomo,
ogni esistenza che viene alla luce,
quando si rinnova il dono della vita,
trasmessa e ricevuta nella litania delle
generazioni?
Se Adamo è il simbolo di colui che deve
venire (Rm 5,14), come dal fianco di
Adamo addormentato fu tratta Eva (Gen
2,21-22), così dal fianco del Signore addormentato, cioè morente nella sua passione e colpito dalla lancia, scaturirono
i sacramenti, mediante i quali viene formata la Chiesa (Gv 19,34). Eva fu tratta
dal fianco di Adamo addormentato, la
Chiesa dal fianco di Cristo sofferente. (S.
Agostino).
Dalla morte del Cristus patiens la
Chiesa riceve vita, nel segno dell’acqua
che lava, purifica e disseta, e nel segno
del sangue, come sta scritto: “Perché la
vita di ogni essere vivente è il suo sangue in quanto è la sua vita” (Lv 17,14).
Il crocefisso è divenuto ormai la fonte
stessa dello Spirito.
Nell’ora dell’aridità e dell’arsura che
consuma la sua esistenza, mentre esala il suo ultimo respiro, il suo estremo
alito di vita, il Cristo effonde lo spirito che dà la vita. Questo Spirito trova
nell’acqua, unita al sangue, la visibilità
del dono, profetizzato durante la festa
delle capanne, quando Gesù ritto in piedi gridava: “Se qualcuno ha sete, venga a
me, e beva chi crede in me. Come dice la
scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno
fiumi di acqua viva”. Questo egli disse
dello Spirito che avrebbero ricevuto i
credenti in lui: infatti non era ancora stato dato lo Spirito, perché Gesù non era
ancora stato glorificato (Gv 7,37-39).
Quell’acqua, che è dono di vita, sgorgante dal fianco di Cristo, non solo giunge all’uomo per placare la sete della sua
ricerca, della sua inquietudine e del suo desiderio, ma attraversa tutta
l’esistenza dell’uomo, i
suoi terreni inariditi, i suoi
corsi d’acqua prosciugati e finirà per debordare,
dall’uomo stesso, perché
in Cristo anche la nostra
sete diviene, misteriosamente, sorgente. Il Signore, infatti, aveva promesso: chi berrà dell’acqua
che io gli darò, non avrà
più sete in eterno. Anzi,
l’acqua che io gli darò
diventerà in lui una sorgente che zampilla per la vita eterna (Gv 4,13-14). Così, in
Cristo il cerchio si chiude: la sete trova
l’acqua; l’Assetato è “l’acqua viva”; la sete
che Dio ha dell’uomo si disseta nell’obbedienza del Figlio; la sete che l’uomo ha di
Dio trova in Cristo quelle “acque di riposo” (Sal 23,2) che sgorgano dal lato destro del
tempio (Ez 47,1), sangue e acqua di vita,
che zampillano dal fianco
trafitto. A ben guardare,
però, l’Amato non placa,
ma scava in noi il cuore
profondo. Fa sgorgare
le sorgenti della sete. Ci
insegna la preghiera per
mantenerci nella mendicità, la solitudine per
incontrarlo, lui, l’Unico.
(G. Baudry)