Massimo Recalcati "Smarriti nel labirinto dell’Eros"
La Repubblica, 9 ottobre 2021
Omosessuali, eterosessuali, transgender, lesbiche, queer, gay, transessuali, neutri, fluidi. I corpi
sessuali ipermoderni sembrano moltiplicare le loro possibilità espressive rendendo anacronistica e
obsoleta la cosiddetta sessualità binaria fondata sulla differenza sessuale tra maschile e femminile.
Siamo di fronte a un nuovo movimento di liberazione sessuale paragonabile a quello che prese avvio
negli anni Sessanta dello scorso secolo?
La psicoanalisi nella sua prevalenza non osteggia queste nuove declinazioni della sessualità, non
presiede alcuna rappresentazione ontologica della differenza sessuale, non difende l'eterosessualità
intesa anatomicamente secondo una logica elementare degli attributi - avere o non avere il fallo
ripartisce binariamente maschile e femminile - come l'unica forma adeguata della sessualità umana.
Essa condivide piuttosto il principio dell'identità di genere secondo il quale non è mai il sesso
anatomico a dire l'ultima parola sulla determinazione dell'identità sessuale di un soggetto, ma la sua
scelta soggettiva che, sebbene non possa prescindere né dall'anatomia, né dai condizionamenti
culturali, appare sempre irriducibile a essi.
La liberazione sessuale del XXI secolo non è più relativa all'emancipazione della sessualità dalle
maglie morali e sessuofobiche della cultura patriarcale.
Al centro non c'è più solamente la necessità di liberare il corpo sessuale dalla gabbia di un'educazione
repressiva che colpiva in modo particolare il genere femminile. Il movimento di emancipazione del
nuovo secolo intende liberare la sessualità non solo dagli atteggiamenti di intolleranza e di repressione
sessuofobica, ma anche dalla norma eterosessuale che vorrebbe ripartire i sessi seguendo la
differenziazione binaria tra maschile e femminile. In gioco non c'è dunque solo la libertà dei
comportamenti sessuali, ma anche quella del diritto di scelta della propria identità sessuale. Lo stesso
concetto di differenza sessuale risulterebbe limitativo per intendere le molteplici possibilità
espressive della sessualità umana.
La differenza tra il sesso reale anatomicamente determinato e il genere come autodeterminazione
della propria sessualità era un tema assente nel primo grande movimento di liberazione iniziato con
la contestazione del Sessantotto, mentre oggi risulta invece determinante. Tuttavia, in questa legittima
rivendicazione della scelta inconscia del proprio sesso, si rischia di far passare l'idea che una
sessualità che adegua il proprio genere non all'anatomia ma alla scelta soggettiva sia di per sé una
sessualità pacificata e liberata.
Qui non si intende però entrare nel vivo del dibattito in corso sull'identità di genere e sulle sue
conseguenze nella vita individuale e collettiva, ma ritornare su un punto nevralgico della lezione di
Lacan che tocca nel vivo l'incidenza del reale del sesso nella vita umana. In gioco c'è la sua celebre
tesi relativa all'inesistenza del rapporto sessuale. Cosa significa affermare - come fa Lacan - che il
rapporto sessuale non esiste? E qual è la ricaduta di questa tesi sulla vita erotica, al di là delle attuali
declinazioni plurali che essa può giustamente assumere? Insomma, cosa c'è nel sesso che lo rende un
profondo fattore di gioia e di turbamento della vita umana?
Anche se emancipata dai dispositivi disciplinari e morali che la opprimono, la sessualità non può mai
sottrarsi in nessun modo al suo carattere perturbante e disarmonico. Gli esseri umani si accorgono
che non è così semplice tenere insieme il desiderio sessuale all'amore poiché questa relazione è,
quanto meno, problematica. Allo stesso modo si accorgono che la vita erotica è labirintica e che non
ha proprio nulla a che fare con l'istinto; che non è facile non smarrirsi, considerato che in ogni
relazione sessuale il desiderio, prima di incontrare il partner, è strutturato inconsciamente da un
fantasma singolare che detta le regole di questo stesso incontro: seduzione, possesso, gelosia, estasi,
gioia, inibizione, odio scaturiscono sempre da un incastro complesso non solo di soggetti ma anche
di fantasmi.
Nella tesi lacaniana secondo cui "non c'è rapporto sessuale" o "il rapporto sessuale non esiste", si
evidenzia che c'è qualcosa nella sessualità umana che esclude il rapporto e che questa assenza di
rapporto prescinde dalle declinazioni lesbo, omo, etero, trans ecc. della sessualità stessa. Tutte le
molteplici forme di declinazione dell'identità sessuale non potranno che affrontare lo scoglio
insuperabile del reale impossibile del rapporto sessuale. Questo significa che la sessualità umana non
potrà mai essere liberata dall'inesistenza del rapporto sessuale.
Nessuna forma soggettiva della vita sessuale può infatti scavalcare il fallimento al quale è destinato
questo rapporto impossibile. È questo il lato che resta in ombra nell'attuale dibattito politico-culturale
sull'identità di genere.
Per quanto potremmo riconoscere legittimità e pieno diritto a scelte sessuali non cosiddette
eterosessuali ponendo un argine necessario alla discriminazione e alla violenza omo-lesbotransfobica, non potremmo mai salvare il sesso dal suo destino impossibile. È ciò che mantiene viva
la differenza irriducibile tra la vita sessuale umana e quella animale: mentre l'istinto sessuale vorrebbe
ricondurre la sessualità nell'alveo dei comportamenti naturali, la sessualità umana - sia essa lesbo,
omo, etero, trans ecc. - non può sostenersi su nessun istinto ed è, dunque, obbligata a separarsi dalla
natura. Le sue contorsioni perverso-polimorfe - irriducibili all'istinto - le impongono tragitti tortuosi
e labirintici. Da qui il quadro ramificato che ne descrive le vicissitudini. "Non ha mai funzionato e
non funzionerà mai come un orologio", si lamentava un mio paziente ossessivo di fronte agli inciampi
continui a cui era sottoposto il suo desiderio sessuale.
Tuttavia, il fallimento dell'illusione del rapporto accompagna inesorabilmente anche la sua gioia. Se
nella sessualità umana non c'è liberazione possibile dal reale dell'inesistenza del rapporto sessuale, si
tratta di imparare ogni volta, come direbbe Beckett, a fallire sempre meglio questo rapporto. Fallire
il rapporto significa anche liberarsi dall'illusione della sua liberazione. "Non ha mai funzionato e non
funzionerà mai", direbbe laconico il mio saggio paziente. Sicuramente non come un orologio, né
come un istinto animale. La sessualità umana è un campo attraversato da onde sismiche che lo
rendono instabile e precario.
La gioia non è però affatto estranea a questa instabilità e a questa precarietà. Essa può scaturire
dall'Eros come una forza sorprendente, come un'affermazione della vita e della sua eccedenza.
Laddove poi questa forza conosce la convergenza con l'amore, ha la straordinaria possibilità di unire
il corpo con il nome facendo esistere un erotismo capace di non restare imprigionato nell'ipnosi
dell'oggetto, ma di manifestarsi come un'altra soddisfazione nella quale la pulsione sessuale non si
oppone necessariamente all'amore, ma diventa una sua componente essenziale.