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Ne quid nimis. L’esorcismo in prospettiva sociologica

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 n° 243 

 maggio/giugno 2021


Giuseppe Giordan


1. I tratti contraddittori della modernità

Sono passati quasi cinquant’anni da quando nel 1973 uscì l’intramontabile film L’esorcista diretto da William Friedkin; un film che, oltre a ottenere un successo enorme, contiene alcune scene entrate nell’immaginario collettivo, poco importa se il film lo si sia poi visto per intero o meno. Un film che ha avuto diversi sequel, e che ha segnato lo sdoganamento definitivo di una pratica e di una credenza tipicamente religiose all’interno di una cultura che, per molti aspetti, stava tentando di emanciparsi dai dettami della religione.
Interrogarsi sociologicamente sulla pratica dell’esorcismo e sulle credenze ad essa collegate significa tentare di sciogliere un nodo alquanto intricato e complesso della cultura contemporanea, da una parte intrisa dalla razionalità calcolatrice figlia dell’illuminismo e del sapere tecnico-scientifico, e dall’altra affascinata dall’occulto e dalle pratiche esoteriche; una cultura certa che la medicina sia in grado di guarire, presto o tardi, tutte le malattie del corpo e dello spirito, e tuttavia disponibile al ricorso alla magia e a ritualità alternative per trovare un modo di dare senso alle vicende quotidiane.
La pratica dell’esorcismo, in altre parole, mette in luce i tratti contraddittori della modernità contemporanea, e pure della religione e della teologia come anche della ricerca scientifica all’interno di essa. Seguendo le ipotesi di Michel de Certeau (1925-1986), che al tema dell’esorcismo ha dedicato uno studio molto intenso centrato sul caso della possessione demoniaca che avvenne nella prima metà del Seicento all’interno del monastero delle suore Orsoline nella cittadina francese di Loudun (1634), la risorgenza di fenomeni diabolici nelle varie epoche storiche indica dei momenti di crisi e di passaggio che segnano delle vere e proprie fratture culturali e religiose.

Le grandi ondate di fenomeni di stregoneria e di possessione, come quelle che hanno invaso l’Europa alla fine del XVI e all’inizio del XVII secolo, indicano gravi fratture all’interno di una civilizzazione religiosa, forse le ultime a poter esprimersi con lo strumentario della religione, le ultime prima di un nuovo inizio […]. Le diavolerie sono a un tempo dei sintomi e delle soluzioni transitorie. La crisi diabolica ha una duplice significazione: svela lo squilibrio di una cultura e accelera il processo della sua mutazione[1].

Per quanto possa sembrare paradossale, trattandosi di una pratica molto conosciuta e dibattuta anche oggi, in grado di contrapporre chi la ritiene una semplice superstizione a chi invece vi ricorre sostenendone l’efficacia, sull’esorcismo sono stati condotti relativamente pochi studi scientifici, e se ci concentriamo sull’analisi specificamente sociologica, potremmo dire che essi sono quasi del tutto assenti.
Lungi dall’essere un residuo dell’ignoranza e del bigottismo oscurantista dell’epoca medievale, stando alle poche ricerche che abbiamo a disposizione sembra che la pratica dell’esorcismo non solo non sia mai scomparsa, ma che essa si stia diffondendo anche ai giorni nostri in maniera rilevante non solo tra i credenti e i praticanti, ma anche tra coloro che nei confronti della religione hanno una relazione di sospetto; e questo in netta controtendenza per rapporto ad altre pratiche religiose che, se non proprio scomparendo, stanno conoscendo una netta contrazione.
In questo contributo proveremo a rispondere ad alcune domande che comunemente ci si pone quando sentiamo parlare di esorcismo a partire da una ricerca che abbiamo condotto nel 2015[2], intervistando un esorcista e analizzando un file anonimizzato sul quale erano annotate le sue dettagliate descrizioni sugli oltre mille casi che aveva trattato nell’arco di dieci anni. Il file dell’esorcista precisa di ogni caso il genere, la situazione familiare, i trattamenti medici in corso, i motivi della visita e i suggerimenti offerti, nonché il numero di esorcismi praticati qualora se ne fosse ravvisata la necessità.
Chi sono oggi coloro che credono di essere posseduti dal demonio? Per quali motivi, siano essi di natura materiale o spirituale, ricorrono all’esorcista? Quanti vengono effettivamente esorcizzati? Come risponde l’istituzione religiosa a tali richieste di aiuto, le quali sembrerebbero essere in forte aumento negli ultimi anni? Qual è la posta in gioco quando si ripropone la pratica dell’esorcismo all’interno del campo religioso contemporaneo?

2. Chi sono coloro che ricorrono all’esorcista e per quali motivi vi ricorrono

La pratica dell’esorcismo e la credenza nel potere di Satana di impossessarsi delle persone sono strettamente connesse. Come abbiamo già evidenziato, le ricerche sociologiche su questi temi sono davvero scarse. Secondo alcune indagini condotte dall’agenzia statunitense Gallup, coloro che credono nell’esistenza del demonio sono passati negli Stati Uniti dal 55% del 1990 al 70% nel 2004. Una ricerca condotta dall’Università di Baylor (Waco TX ) nel 2007 ha mostrato come il 54% degli intervistati fosse d’accordo con l’affermazione: «È possibile che le persone siano possedute dal demonio». Tale percentuale era del 78% tra coloro che praticano regolarmente i riti religiosi, del 65,9% tra i repubblicani (contro il 42,5% dei democratici), del 62,9% fra i protestanti contro il 53,3% dei cattolici, il 19,5% di coloro che non dichiarano alcuna affiliazione e il 3,6% degli ebrei[3].
Venendo all’analisi dei dati raccolti nella nostra ricerca condotta sui mille casi che si sono rivolti all’esorcista, il 66% dei «pazienti» sono donne e circa il 50% avevano un’età compresa tra i quaranta e i sessant’anni al momento del primo incontro, mentre il 30% aveva più di sessant’anni e i rimanenti meno di quaranta con un 2,5% di età inferiore ai venticinque anni. Facendo riferimento al livello di istruzione, circa la metà si ferma alla licenza media, mentre i rimanenti hanno completato le scuole superiori e non sono assenti alcuni casi di persone con laurea di primo o secondo livello. Il 60% dei pazienti si sono rivolti all’esorcista per una sola volta, il 20% per due volte, il 9% per tre volte e il rimanente 11% per più di tre volte.
I motivi per i quali si ricorre all’esorcista sono sia di natura materiale che spirituale. Ai problemi di natura economica, come ad esempio la perdita del posto di lavoro, o l’incapacità di tenerne uno, difficoltà relazionali con il coniuge, i parenti o gli amici, si aggiungono difficoltà di natura spirituale come disturbi psicologici, disagi più o meno accentuati dell’umore, inclusi anche problemi legati a esperienze sbagliate nel campo dell’occulto e della magia. Alcuni si rivolgono all’esorcista perché avvertono nella propria esistenza delle presenze negative, delle forze occulte che li spaventano o li fanno stare male. Quest’ultimo aspetto, forse, è quello che più incuriosisce leggendo i rapporti dettagliati contenuti negli appunti dell’esorcista che abbiamo intervistato: sembra che diversi tra coloro che si rivolgono a lui abbiamo una qualche familiarità pregressa con l’occultismo, dal momento che molti si sono già rivolti a maghi e hanno partecipato a sedute spiritiche, oppure appartengono a gruppi che si rifanno a spiritualità alternative e praticano tecniche esoteriche. «Giocare a fare esperimenti spirituali – secondo le parole del nostro intervistato – è estremamente pericoloso perché apre le porte alla possessione diabolica». Fargli notare che alcune di queste pratiche di meditazione profonda e di autoconsapevolezza sono divulgate anche all’interno del mondo cattolico ha provocato nell’esorcista una reazione di sconforto che non abbiamo qui modo di approfondire ulteriormente, ma che apre uno spiraglio su come sia difficile oggi gestire la vasta offerta del mercato religioso e parareligioso contemporaneo senza delegittimare esperienze altre dalla propria.
Un dato interessante da analizzare è quello degli esorcismi effettivamente celebrati a fronte di una domanda così ampia da parte di persone che si ritengono impossessate dal demonio. Quanti tra coloro che si sono rivolti all’esorcista hanno avuto bisogno di essere esorcizzati? Una larghissima maggioranza, il 95%, ha risolto i propri problemi senza ricorrere al rito dell’esorcismo, mentre per il 5% l’esorcista ha valutato necessario ricorrervi. Per più di nove casi su dieci è stato, quindi, sufficiente ricorrere ai mezzi ordinari della vita cristiana quali la preghiera, la confessione, la lettura della Bibbia, oppure una particolare benedizione, per far star meglio il paziente. Secondo l’esperienza dell’esorcista che abbiamo intervistato, non è prudente praticare «l’esorcismo diagnostico», e cioè esorcizzare una persona se non si hanno fondati motivi che essa sia posseduta dal demonio: la pratica impropria e non necessaria dell’esorcismo può avere effetti negativi sull’esorcizzato, suggestionandolo e talvolta convincendolo di essere posseduto anche se in realtà non lo è. In moltissimi casi l’esorcista si avvale della consulenza di uno psicologo, e talvolta anche di uno psichiatra, secondo un vero e proprio protocollo di collaborazione, annotando poi nel suo schedario sia il tipo di medicina che la posologia prescritte dal medico.
Per una piccola minoranza di coloro che si rivolgono all’esorcista, come abbiamo visto circa il 5%, le pratiche ordinarie di preghiera o il ricorso all’aiuto medico specialistico non sono sufficienti, e in questo caso viene praticato il rito dell’esorcismo. Contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, la larga maggioranza delle persone esorcizzate sono maschi (60%), e hanno un’età compresa tra i quaranta e i quarantanove anni (56%). Meno di due su dieci hanno un’età superiore ai cinquant’anni e sono presenti anche dei casi sotto i venticinque anni. Più dell’80% degli esorcizzati ha un diploma di scuola media o di scuola superiore, mente il 10% ha una laurea.
Il numero di esorcismi praticati su ciascun paziente varia considerevolmente: per alcuni pazienti è stato sufficiente un solo esorcismo per risolvere i problemi che li avevano portati dall’esorcista, mentre in un caso sono stati praticati 354 esorcismi nell’arco dei dieci anni considerati nella ricerca. Per il 62% dei pazienti sono stati praticati da uno a dieci esorcismi; per il 14% da undici a venti; per il 13% da ventuno a cinquanta; per il 4% da cinquanta a cento. Il rimanente 7% ha avuto bisogno di più di cento esorcismi.

3. Come risponde l’istituzione religiosa

Alla costante domanda di aiuto chiesto alla figura dell’esorcista, la chiesa cattolica ha risposto in maniera diversa a seconda delle diverse epoche storiche. Non potendo qui dilungarci sulle alterne vicende che hanno segnato la credenza del demonio, e sui dibattiti centrati sulla sua possibile esistenza personale oppure semplicemente simbolica, ci limitiamo qui a evidenziare che il ruolo giocato dall’istituzione religiosa nel normare la pratica dell’esorcismo ha giocato, e tuttora gioca ,un ruolo decisivo. Sintetizzando in maniera forse troppo approssimativa la posizione della chiesa cattolica nei confronti della pratica dell’esorcismo, potremmo dire che da un lato c’è la necessità di non negare l’esistenza personale del demonio, il quale secondo le Scritture è un essere creato da Dio, e dall’altra parte c’è un tentativo costante di non accentuare eccessivamente la sua presenza e la sua azione nella storia, e questo per evitare di dare troppo spazio a credenze e ritualità che potrebbero sfuggire al controllo dell’autorità religiosa.
Gli anni Sessanta e Settanta del Novecento hanno segnato all’interno del mondo cattolico forse il momento più accentuato di critica all’esistenza del demonio. A seguito degli studi del biblista tedesco Herbert Haag (1915-2001), il quale sosteneva che satana altro non era che un simbolo che rappresentava la presenza del male nel mondo, i teologi preferirono lasciare l’argomento cadere nel silenzio, e non se ne parlò per diversi decenni. A tale deriva di disincantamento tentarono di mettere un argine sia Paolo VI (1897-1978) in un discorso tenuto in Piazza San Pietro nel 1972, sia la Congregazione per la dottrina della fede con il documento Fede cristiana e demonologia pubblicato il 26 giugno 1975. Ma la cultura dominante, anche all’interno della chiesa cattolica, era di forte demitizzazione e questo processo toccava non solo i fedeli e il clero, ma anche i vescovi che erano chiamati a nominare gli esorcisti all’interno delle proprie diocesi. L’esito di questi decenni di contestazione della dottrina sul demonio portarono alla situazione di quasi completo disarmo in molte diocesi del mondo cattolico, in maniera tale che al volgere del secolo e del millennio erano una netta minoranza quelle che avevano un esorcista ufficialmente nominato dal vescovo.
Con i primi anni del Duemila, però, si è registrata una notevole inversione di tendenza, e questo a fronte di una domanda crescente di aiuto da parte di fedeli e non. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito quindi, soprattutto in Italia, a un processo di istituzionalizzazione e di professionalizzazione della figura dell’esorcista, ministero che fino a non molto tempo fa era lasciato a una sorta di carisma dell’improvvisazione, e si fondava principalmente sulle doti del sacerdote che, un po’ per sensibilità personale e un po’ per mandato del vescovo, copriva tale ruolo all’interno della diocesi.
Lo stesso esorcista che abbiamo intervistato – e le cui annotazioni sono alla base di questo contributo – ha sperimentato su di sé tale passaggio di sensibilità da parte dell’istituzione: dopo aver trascorso tutta la vita come docente, e quindi con un approccio abbastanza distaccato nei confronti del rito dell’esorcismo, una volta andato in pensione dall’insegnamento è stato chiamato a settant’anni a ricoprire il ruolo di esorcista, posizione rimasta vacante per qualche tempo dopo la morte del suo predecessore, che aveva svolto il ministero di esorcista per diversi decenni. Secondo le parole dell’intervistato, i primi mesi sono stati di completo spaesamento, ed è stato necessario ricorrere di volta in volta ai consigli di esorcisti più esperti, ma senza avere una preparazione specifica, se non quella del buon senso e della preghiera.
A questa situazione di relativa disorganizzazione ha posto rimedio il progressivo processo di istituzionalizzazione favorito dall’affermarsi dell’«Associazione internazionale degli esorcisti» (AIE), nata dall’«Associazione italiana degli esorcisti», fondata nel 1991 da padre Gabrile Amorth (1925-2016) e dall’esorcista della diocesi di Pontoise (Parigi) padre René Chenesseau (1924-2010). Se all’inizio degli anni Novanta del Novecento l’AIE metteva insieme alcune decine di esorcisti provenienti soprattutto dall’Europa, con una grande maggioranza rappresentata da italiani e francesi, nei primi anni Duemila il numero di membri superava i duecento e nell’ultima conferenza i membri erano più di cinquecento (compresi centotrenta laici “ausiliari” degli esorcisti).
L’AIE, il cui statuto è stato approvato nel 2014 dalla Congregazione per il clero, si fa promotrice a livello internazionale della formazione degli esorcisti, sensibilizzando i vescovi a nominarli qualora le loro diocesi non ne fossero provvedute. Negli ultimi vent’anni la nomina di nuovi esorcisti sta interessando numerose diocesi, sia in Italia che all’estero, portando a un significativo incremento del loro numero. In alcune diocesi italiane, il numero di esorcisti dall’inizio del nuovo secolo è più che raddoppiato, e alcune si stanno attrezzando con un apposito ufficio raggiungibile telefonicamente tutti i giorni dove dei laici suggeriscono l’esorcista più vicino da contattare in caso di bisogno.
Al processo di istituzionalizzazione si accompagna quello di professionalizzazione, e questo sia per merito dell’AIE, con i suoi convegni biennali e con i corsi offerti per i nuovi esorcisti, come anche per merito di iniziative come quella promossa dall’«Istituto Sacerdos» dell’«Ateneo Pontificio Regina Apostolorum» di Roma, il quale dal 2013 propone un corso intensivo per preti e laici impegnati nel ministero dell’esorcismo, offrendo seminari di approfondimento con esperti psicologi, giuristi, medici, oltre che teologi e pastoralisti.
Da questo punto di vista possiamo senz’altro affermare che negli ultimi vent’anni la chiesa cattolica ha rinvigorito un ministero che sembrava essere in via di estinzione e forse destinato a scomparire: un’opera di legittimazione che viene portata avanti attraverso una presenza capillare nella lotta a satana, istituzionalizzando e professionalizzando chi si trova in prima linea.

4. La posta in gioco quando si ripropone la pratica dell’esorcismo all’interno del campo religioso contemporaneo

Tra le molte questioni che vengono messe in evidenza dalla risposta istituzionale della chiesa cattolica alla crescente domanda di esorcismi, alcune ci sembrano di particolare rilevanza per definire il ruolo di una religione all’interno della società e della cultura contemporanee. Semplificando molto, potremmo affermare che tutte ruotano attorno al nodo della credibilità, e al limite oltre il quale riproporre una pratica come quella dell’esorcismo, con tutto il corredo di credenze e immaginari che l’accompagnano, metta alla prova sia modelli diversi di gestione del rapporto con il sacro, come anche i delicati e fragili equilibri del rapporto tra fede e scienza, credenze religiose e fenomeni culturali quali quelli dell’occultismo e della magia, contenuti di fede credibili e credenze improbabili se non addirittura ridicole.
Evocando sinteticamente la questione del modello organizzativo, la figura dell’esorcista chiama in causa il nodo dell’autorità e del suo esercizio all’interno dell’istituzione religiosa: a essere privilegiata è un’impostazione di tipo giuridico e burocratico, oppure si lascia spazio a un’interpretazione del potere di stampo carismatico? In altri termini, il rapporto con il sacro, che talvolta si esprime in maniera imprevedibile e incontrollata, viene affrontato con mentalità burocratica, e quindi secondo principi razionali, oppure vengono lasciati a briglia sciolta approcci fondati sulle emozioni e sulla sensibilità personale? Nel primo caso tutto viene irrigimentato e reso controllabile, rischiando però di perdere la specificità di fenomeni come la possessione diabolica, alienandosi persone che ricorrerebbero di conseguenza ad altri prodotti presenti sul mercato religioso e parareligioso contemporaneo; nel secondo caso, lasciando più spazio all’immaginazione carismatica, si intercetterebbero senz’altro meglio tutti i fenomeni legati alle diverse influenze attribuite a Satana, ma questo a scapito del controllo dell’istituzione e della possibilità di mettere un limite alle manifestazioni più improbabili.
Altro nodo legato alla questione della credibilità è quello del rapporto tra scienza e fede: gli indemoniati sono solamente dei casi psichiatrici, oppure portano dentro di sé il mistero di un oltre che non è riducibile alle competenze mediche? L’esorcista che abbiamo intervistato, come già detto sopra, si avvale di un protocollo di collaborazione con uno psicanalista, dove le due competenze sembrano sostenersi a vicenda, in maniera molto pragmatica, nel tentativo di risolvere i problemi del paziente che si rivolge a loro. Anche in questo caso entrambi i campi, quello medico e quello religioso, potrebbero ricorrere all’armamentario ottocentesco e positivista secondo il quale all’avanzare della scienza il ruolo della religione sarebbe progressivamente evaporato. Ma il mondo contemporaneo sembra a tal proposito aver voltato pagina, attribuendo competenze diverse ai due ambiti, senza relegarli in una competizione a somma zero. La scienza e la religione, in altri termini, hanno abbandonato le loro impostazioni monopolistiche, accettando di entrare nel libero mercato delle diverse possibilità di soluzione dei problemi della vita quotidiana.

5. La strategia del ne quid nimis

Anche nella gestione dell’esorcismo, quindi, la chiesa cattolica non ama le alternative e cerca di evitare il più possibile le polarizzazioni e gli irrigidimenti, nel nostro caso sulla fede o sulla scienza, sull’istituzione o sul carisma, sulla razionalità o sulle emozioni, ma preferisce adottare la strategia del ne quid nimis, affermando la centralità del ruolo dell’istituzione senza mortificare quello del carisma, ribadendo la priorità della fede senza negare la plausibilità dell’approccio scientifico, riconoscendo il ruolo della religiosità popolare senza rinunciare alla pretesa di guidarla. A variare è il dosaggio delle diverse componenti, e questo dipende dalle diverse epoche storiche e dai diversi contesti sociali, culturali e religiosi.
Secondo la teoria del mercato religioso, la chiesa cattolica gestisce un prodotto, l’esorcismo, che sembra avere ancora mercato, e poco importa che possa essere considerato da alcuni vintage. In un tempo in cui altri prodotti sembrerebbero avere meno appeal, l’esorcismo cattolico potrebbe essere un brand che offre al cattolicesimo nuove fette del mercato religioso contemporaneo.


Nota bibliografica

G. Amorth, Esorcisti e psichiatri, EDB, Bologna 20109; S. Babolin, L’esorcismo. Ministero della consolazione, EMP, Padova 2014; M. Baglio, The Rite. The Making of a Modern Exorcist, Simon and Schuster, London 2009; J. Collins, Exorcism and Deliverance Ministry in the Twentieth Century. An Analysis of the Practice and Theology of Exorcism in Modern Western Christianity, Wipf and Stock, Eugene (OR) 2009; M. Driscoll, Demons, Deliverance and Discernment. Separating Fact from Fiction about the Spirit World, Catholic Answers Press, El Cajon (CA) 2015; S. McCloud, American Possessions. Fighting Demons in the Contemporary United States, Oxford University Press, Oxford (GB) 2015; R. Muchembled, Une histoire du diable XIIe-XXe siècle, Editions du Seuil, Paris 2000; F. Young, Possessione. Esorcismo ed esorcisti nella storia della chiesa cattolica, Carocci, Roma 2018.


[1] M. de Certeau, La possessione di Loudun, CLUEB, Bologna 2011, 26.

[2] Per un’analisi più dettagliata dei dati raccolti rimandiamo a G. Giordan - A. Possamai, Sociology of Exorcism in Late Modernity, Palgrave MacMillan, Cham (CH) 2018; Iid., G. Giordan - A. Possamai, Mastering the Devil: A Sociological Analysis of the Practice of a Catholic Exorcist, in «Current Sociology» 66 (2018) 74-91; Iid., Branding the Devil in New Age and Catholicism: A Sociology of Exorcism, in «Religioni e Società» 86 (2016) 90-96; Iid., The Over-Policing of the Devil: A Sociology of Exorcism, in «Social Compass» 4 (2016) 444-460. Segnaliamo anche una collettanea che raccoglie esperienze e contributi di taglio storico-sociologico sulla pratica dell’esorcismo in prospettiva internazionale: G. Giordan - A. Possamai, (edd.), The Social Scientific Study of Exorcism in Christianity, Springer, Cham (CH) 2020.

[3] Si veda J. Baker, Who Believes in Religious Evil? An Investigation of Sociological Patterns of Belief in Satan, Hell and Demons, in «Review of Religious Research» 2 (2008) 206-220.

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