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Francesco Cosentino "Abitare il presente senza grandi ideali"

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Vita Pastorale luglio 2021
"Viviamo in un tempo che prende le distanze da tutte le “ragioni forti”, i valori assoluti e le pretese di verità

ABITARE IL PRESENTE SENZA GRANDI IDEALI

di Francesco Cosentino

In alcune lezioni tenute nel febbraio del 1963, una delle figure più importanti della teologia protestante del Novecento come Paul Tillich, che pure era quasi alla fine della sua vita, affermava con una certa preoccupazione: «Ho deciso che ciò che negli ultimi anni mi preoccupa più profondamente è la questione: il messaggio cristiano (specialmente la predicazione cristiana) è ancora rilevante per le persone del nostro tempo? E se non lo è, qual ‘è la causa?»[1]. Poco dopo, Tillich si interrogava sull’ingresso nell’epoca postcristiana.

A distanza di molti decenni, oggi, il teologo domenicano Dominique Collin, afferma che «la cristianità è dietro di noi. Possiamo volerla far ritornare come folklore, ma ciò che otterremo da questa operazione di restaurazione sarebbe solo un simulacro»[2]; perciò, continua Collin, a preoccuparci non dovrebbe essere tanto la scristianizzazione che avanza in Europa, quanto il fatto che il Vangelo, imprigionato nei linguaggi e nelle forme tipiche della cristianità ormai superata, venga visto a sua volta come “superato”, cioè come una bella storia del passato, simile a una favola della nostra infanzia che oggi non ha però più niente da dire. Dunque, un Vangelo diventato irrilevante.

A che punto siamo oggi

È significativo – e non poco drammatico –  il fatto di essere costretti a sostare sulla stessa analisi di fondo a distanza di così tanti anni; se ciò da una parte denota che i grandi cambiamenti epocali sono processi lunghi e che, al contempo, le domande della fede sono poste per restare domande che attraversano con pazienza tali cambiamenti senza lasciarsi ingabbiare da facili risposte, dall’altra parte, però, si deve fare un esercizio di “onestà ecclesiale”: forse non abbiamo ascoltato sul serio la voce che, già da tempo, la riflessione teologica offre sulla crisi della fede nel contesto occidentale e, forse, non abbiamo avuto il coraggio di lasciare il porto sicuro delle nostre strutture pastorali e spirituali, per immaginare qualcosa di nuovo. Oggi, però, specialmente per la difficoltà che si sperimenta nella trasmissione della fede alle nuove generazioni[3], la Chiesa è chiamata a fare una seria riflessione sul proprio compito missionario, in un contesto socio-culturale che in qualche modo ha dimenticato Dio e ha archiviato tra i miti del passato l’inaudito e sorprendente annuncio del Vangelo.

 

Nel tempo del pluralismo

Siamo da tempo portati dalla corrente della postmodernità. La cosiddetta società postmoderna, su cui tanto è stato scritto e detto, ha in qualche modo inaugurato un nuovo sentire interiore, una nuova visione della vita e della realtà e un superamento di quella “ragione” che soggiaceva all’andamento del mondo, delle relazioni sociali, della percezione del tempo e del futuro.

Si tratta di un tempo che prende le distanze da tutte le “ragioni forti”, i valori assoluti, i grandi ideali, le istituzioni che hanno pretesa di verità. Si preferisce semplicemente abitare il presente nella sua finitudine quotidiana, senza porsi grandi questioni, senza affidarsi a grandi ideali o progetti, senza farsi troppe domande di senso, senza affidarsi a verità che hanno pretesa di orientare la vita. L’avvento di questo nuovo sentire ha inaugurato una società plurale, in cui ciò si mescolano visioni di fondo, valori, credenze, esperienze e stili di vita.

 

         Dunque, la postmodernità avanzata ha generato un contesto nel quale la cifra dominante è quella del pluralismo. Ciascuno di noi, oggi, vive immerso in una variegata offerta idee, informazioni, possibilità, scelte etiche, prospettive, senza più un centro. In quest’orizzonte, ovviamente, ogni fede che abbia la pretesa di interpretare e orientare la vita, viene guardata con sospetto. Questo fattore, insieme a tanti altri, corrode da anni lo stato di salute del cristianesimo, mentre specialmente in Europa avanzano una scristianizzazione massiccia e una sempre più marcata indifferenza religiosa.

 

Dopo il Covid

 

Non si può sottovalutare, poi, la crisi generata dalla pandemia da Covid-19. Non si può immaginare che si tratti di una parentesi e che tutto, prima o dopo, ritornerà come prima. Al contrario, si tratta di un passaggio traumatico con il quale bisognerà fare i conti. Oltre alle dinamiche economiche e politiche da affrontare, l’uomo del nostro tempo  - e in particolare le future generazioni – vivono una sorta di “dopoguerra”; specialmente nell’ambito della psicanalisi si enumerano i diversi contraccolpi della pandemia: nuove e diffuse paure, difficoltà di gestione della solitudine, problematiche nelle relazioni interpersonali, senso di angoscia riguardo al futuro, necessità di interpretare gli aspetti di fragilità dell’esistenza come la malattia, la sofferenza e la morte, ecc. Inoltre, la pandemia da coronavirus ha messo in crisi  la pacifica e scontata fiducia nel progresso, nella velocità, nell’idolatria della produzione e del rendimento; il modello planetario globale, imperniato sulla società dei consumi, su una globalizzazione iniqua e su un capitalismo ingiusto è stato messo definitivamente sott’accusa. Lo sfruttamento delle risorse e le ferite inferte al benessere del pianeta, con gravi ripercussioni sulla questione climatica, hanno reso particolarmente fragile la Terra, alimentando le ingiustizie e sovraccaricando la già vulnerabile situazione di milioni di persone povere.

 

Una chiesa missionaria per questo tempo

 

Delineato il contesto sociale e culturale, connotato dal pluralismo, dall’indifferenza religiosa e dalle problematiche del dopo-Covid, occorre che la Comunità cristiana affronti una seria riflessione teologica e pastorale, per rilanciare la missione evangelizzatrice cui è chiamata. Il pluralismo sfida la Chiesa sul terreno dell’esercizio dell’autorità e del potere, di un reale sviluppo della ministerialità laicale, del ruolo delle donne, di una ridefinizione del ministero presbiterale e di un nuovo stile, accogliente e ospitale, nell’abitare il mondo; l’indifferenza religiosa invoca una rinnovata passione per l’annuncio del Vangelo in tutte le sue forme, ritornando all’essenziale del messaggio e sperimentando linguaggi e modelli nuovi, con un’attenzione particolare alla trasmissione della fede verso le nuove generazioni; infine, una Chiesa che voglia farsi realmente compagnia dell’umano e che annunci un Vangelo capace di custodire e promuovere la vita, deve porsi accanto alle vulnerabilità generate dal Covid, essere cioè una Chiesa dell’ascolto, della compassione, della solidarietà, ma anche di quella carità evangelica che si traduce nell’impegno sociale e politica a difesa dei poveri e del creato. Un’agenda fitta di temi, che ci chiede di esplorare nuove vie per una rinnovata missione ecclesiale.



[1] P. Tillich, L’irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano per l’umanità di oggi, Queriniana, Brescia 2021, 37.

[2] D. Collin, Il vangelo inaudito, Queriniana, Brescia 2021, 7.

[3] Cfr. R. Repole, Il dono dell’annuncio. Ripensare la Chiesa e la sua missione, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2021, 21. Sul tema, si veda anche la numerosa bibliografia prodotta in questi anni da Armando Matteo.

 

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