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Enzo Bianchi "Una nuova arca ci salverà"

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La Repubblica - 11 gennaio 2021
per gentile concessione dell’autore.

In questi giorni di gennaio assistiamo a uno strano rito: in alcune chiese vengono portati gli animali domestici per essere benedetti e nelle campagne i preti vanno a benedire i buoi nelle stalle. In realtà tutti gli animali sono già benedetti dal Signore, ma questi antichi riti sono nutriti dalla pietà popolare. A prescindere da una tradizione sempre meno attestata, il rapporto tra l’essere umano e l’animale nel cristianesimo occidentale non è stato vissuto nella coscienza che umani e animali sono co-creature, accomunate dal medesimo destino: nascita, vita e morte. La fede cristiana ha posto l’uomo come culmine della creazione, in un contesto che lo vede dominare e spadroneggiare sugli animali. 

Attesta Tommaso d’Aquino: “Gli animali e le piante non hanno una vita razionale, ma sono mossi da un altro naturale impulso; segno che sono servi secondo natura, fatti per l’uso altrui”. E si potrebbero citare numerosi testi analoghi, con l’eccezione di quelli di Francesco d’Assisi. La visione prodotta dalla fede ebraico-cristiana, che ha fatto del mondo una realtà profana da cui il divino si è ritirato fino a eclissarsi e dell’uomo la chiave di volta dell’universo, ha avuto anche effetti positivi, quali l’avvio delle grandi imprese tecnico-scientifiche. Resta però vero che ciò è avvenuto al prezzo di una perdita del senso dell’alleanza cosmica: una fede solo antropocentrica, incapace di capire che, nella comunità di co-creature, l’uomo è responsabile degli animali e delle piante. 

Ma ecco che in questi giorni di pandemia, nei quali sono più assiduo alla lettura, ho scoperto un libro straordinario: un’opera che mette in scena un’adunanza di animali impegnata a discutere sulla pandemia in corso. Ognuno di essi interviene, da quelli che sentono l’uomo come nemico a quelli che, come il cane e il gatto, lo percepiscono come alleato, dunque vorrebbero aiutarlo. C’è molto da imparare dai loro discorsi, perché avvertono che, se questa sciagura sarà vinta, ma ciò non produrrà un mutamento dello stile di vita degli umani e della loro modalità di abitare il pianeta, altre pestilenze giungeranno e l’umanità si estinguerà. 

L’assemblea degli animali, scritto da un autore ignoto sotto lo pseudonimo di Filelfo, è una favola deliziosa e carica di sapienza: il comune destino tra umani e animali, davvero “sulla stessa barca”, è ben descritto dalle riflessioni di questi ultimi, che assurgono al rango di rilievi antropologici, nella tradizione dei grandi apologhi morali. C’è una pagina commovente sul cane, l’animale più amico degli umani, che descrive in modo impareggiabile la sua capacità di “annusare” la sorte propria e del suo padrone. Ci fornisce il racconto di un cane che, dopo la morte del suo padrone muore lui stesso. E ci potrebbe anche narrare di cani che, dopo aver accompagnato la bara del loro padrone al funerale in chiesa, vi tornano ogni giorno alla stessa ora per stare vicino al banco di chi li amava ed era da loro amato. 

Filelfo si congeda con una nota di speranza: ricorda la presenza di nuovi giusti disseminati tra la gente comune, persi in mille lavori, ma tesi a ricostruire, anche in questa pandemia, una nuova arca di salvezza per l’umanità intera.
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