Enzo Bianchi "Le parole giuste del Natale diverso"
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
Siamo ormai giunti a Natale, una festa attesa da alcune settimane in modo diverso dagli anni
passati: molta incertezza su dove e come sarà possibile viverla e molta impazienza nel pretendere di
conoscere ciò che i decreti governativi stabiliranno, hanno creato in tanti un fastidio e un senso di
rivolta contro i limiti dettati dal perdurare della pandemia.
Abbiamo ascoltato annunci davvero stolti: Natale senza festa, Natale dimesso e rassegnato, Natale
triste… Ciò mi ha spinto a domandarmi più volte che cosa rende il Natale una festa e che cosa al
contrario lo contraddice, lo impedisce.
Pur assumendo diversi significati per i cristiani e per i non cristiani, Natale resta un’occasione di
festa.
Per i cristiani è la memoria della nascita di Gesù, o meglio della venuta di Dio tra di noi nella carne
fragile e mortale che noi siamo. Da quel giorno non si può più dire Dio senza l’umanità né
l’umanità senza Dio, e questa realtà inaudita, impensabile, dà ai cristiani la convinzione — non la
conoscenza — che la morte e il male non sono l’ultima parola. Questo il fondamento del Natale
cristiano.
Per quelli che non conoscono l’avventura della fede cristiana, Natale resta una festa dell’intimità,
una possibilità di gustare gli affetti e di un po’ di tempo insieme, celebrando la vita. Per tutti Natale
significa vivere qualche giorno in modo particolare, conoscendo e gustando il senso di gratuità di
cui tutti abbiamo bisogno: gratuità del sentirsi amati, gratuità dello stare insieme, gratuità di
attenzioni, sguardi e parole scambiati nella gioia e nel dire sì alla vita.
Certo, non vanno dimenticati quelli che a causa della malattia, della solitudine e della miseria non
vivono nulla del Natale perché non hanno nessuno che in quel giorno possa fare loro una carezza,
abbracciarli e dire: “Stiamo insieme!”. D’altronde, dobbiamo pur ricordarlo, vi sono sempre uomini
e donne che non riescono a festeggiare il Natale come vorrebbero, a causa del lavoro che non può
essere tralasciato: medici, infermieri, forze dell’ordine, lavoratori dediti a servizi essenziali e
continui.
Non diciamo dunque che quest’anno sarà un Natale senza festa ma piuttosto un Natale diverso,
privo di alcuni elementi di contorno, e cogliamo l’occasione per viverlo realmente, se non in
compagnia di tutti coloro che vorremmo accanto, almeno con i nostri cari, con quanti vivono
insieme a noi.
Un pranzo preparato con amore è una confessione fatta ai commensali: “Io vi voglio
bene”.
Un pranzo condiviso nella gioia significa: “Io sto bene con voi”. E lo scambio dei doni è il
riconoscimento che io accetto il dono dall’altro, il dono che è l’altro, dunque riconosco che non
posso stare senza di lui.
Abbiamo bisogno di vivere un Natale autentico, che sia comunque una celebrazione degli affetti e
una epifania degli amori che viviamo.
Augurarsi buon Natale significherà così augurarsi tanto amore vissuto nella gioia.