Enzo Bianchi "Se conosci te stesso, trovi l'altro"
“La Stampa”
26 settembre 2020
La vita interiore è quell'esperienza essenziale per umanizzarsi e per realizzare la propria verità
profonda. È quella vita che inizia con il movimento di presa di distanza da sé e sfocia nella
domanda decisiva: «Chi sono?». Scrive Platone: «Il più grande bene per l'uomo è interrogarsi su sé
stesso, e indegna di essere vissuta è una vita senza tale attività». La riflessione su questo tema, cara
alle culture di ogni tempo e latitudine, in Occidente ha trovato la sua formulazione più pregnante
nel famoso adagio «Conosci te stesso» (gnôthi sautón), scolpito sul frontone del tempio di Apollo a
Delfi e richiesto da Socrate ai suoi discepoli.
La conoscenza di sé, ossia la consapevolezza, è come il respiro della propria persona e della propria
vita, il cuore del proprio cuore. In questo vero e proprio lavoro a giornata non è sempre facile né
possibile distinguere tra lo spirituale e lo psicologico. Alcuni hanno la tendenza a confondere queste
due dimensioni, riducendo l'una all'altra; ma va ammesso che, in verità, vita spirituale e vita
psicologica si intersecano a tal punto che nelle manifestazioni esterne della prima resta impossibile
operare una distinzione.
L'osservazione attenta del reale ci testimonia inoltre che errori di spiritualità possono diventare
patologie psichiche (qualche volta anche con esiti somatici) e che, viceversa, patologie psichiche
possono influenzare la spiritualità. L'essere umano è più unito di quanto crediamo: corpo, psiche e
spirito hanno una profonda relazione reciproca, e i confini tra loro sono molto fluidi. Oggi abbiamo
la grazia delle scienze umane, che forniscono all'esperienza spirituale un grande aiuto: possono
infatti guidare la persona a una giusta conoscenza di sé e possono essere veicoli di sapienza e
strumenti di liberazione. E tuttavia non va dimenticato che la psicologia lavora nel registro
dell'analisi e dell'interpretazione dei fenomeni psicologici, collocati nello spazio delle scienze
umane, mentre la spiritualità vive di un altro livello di senso: l'orientamento ultimo della vita umana
e il suo significato.
In tale cammino infinito è fondamentale aderire alla realtà, alla terra (humus), conoscere cioè con
realismo il proprio rapporto con la storia, gli altri, il mondo, perché è così che ciascuno di noi esiste
ed è in relazione: questa è la vera umiltà (humilitas)! Molti cammini spirituali appaiono sterili,
quando non negativi e disumanizzanti, perché mancano proprio di tale adesione alla realtà. Nella
mia anzianità lo comprendo sempre di più e sempre meglio: è estremamente pericoloso iniziare il
cammino interiore o spirituale senza sentirsi come gli altri, in mezzo agli altri, bisognosi degli altri e
mai senza gli altri! Gli altri, infatti, non sono l'inferno, come affermava Sartre: sono la nostra
beatitudine possibile su questa Terra.
Conoscere sé stessi è davvero un compito, una fatica, un esercizio quotidiano e richiede di guardare,
scrutare, esaminare il proprio sentire, parlare e agire, tenendo conto del proprio respiro e di quello
di chi mi è accanto, o meglio, al quale io mi faccio prossimo. Senza una certa conoscenza di sé è
quasi impossibile lo sviluppo della vita interiore, ma lo stesso vale anche quando manca il dialogo
fecondo con l'alterità, l'arte dello scambio fraterno: io sono ciò che sono, ovvero anche tutto ciò che
ha contribuito alla formazione della mia persona, che gli altri hanno fatto di me.
È così che il mio respiro si intreccia con quello dell'altro, nella nostra comune ricerca di senso. Solo
chi cerca la comunione con gli altri, chi non si vergogna di chiamare tutti fratelli e sorelle, pur nella
fatica del duro mestiere di vivere, è capace di percorrere con fecondità il cammino della vita
interiore e spirituale, che è sempre un cammino umano: nel comune respiro, via verso la gioia
condivisa.