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Alberto Mello "Colui che viene sempre"

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20 agosto 2020
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,15-21 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:"15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,
17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui»

Il vangelo di oggi, in considerazione della memoria di san Bernardo, tralascia la lettura continua di Matteo ed è tratto dai discorsi di “addio” di Giovanni. Ma sono proprio discorsi di addio? In realtà, questi discorsi conclusivi, queste ultime parole di Gesù, promettono la continuità della sua presenza spirituale, nella persona di un “altro” Consolatore, lo Spirito santo, “perché rimanga con voi per sempre” (v. 16). È un “altro”, eppure è lo stesso: è l’assicurazione di una continua presenza, non un commiato, non un addio. “Lo Spirito della verità ... rimane presso di voi e sarà in voi” (vv. 16.17). Quello che cambia è la modalità di questa presenza: dall’essere “presso”, accanto, in una figura visibile, storicamente individuabile, all’essere “in”, dentro di noi, in una percezione interiore, spirituale. Ma la presenza di Gesù è la stessa. Tant’è vero che la venuta dello Spirito santo si identifica con la venuta di Gesù stesso: “Non vi lascio orfani: vengo da voi” (v. 18). Qui la nostra traduzione ufficiale ci inganna, perché legge un futuro: “Verrò da voi”. Ma il verbo “venire” (érchomai), in bocca a Gesù, è sempre al presente. Appena prima, aveva detto: “Vado solo a prepararvi un posto, e quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, vengo di nuovo” (Gv 14,3). “Vengo”, ancora al presente e non “verrò”. Poco dopo, si legge: “Avete udito che vi ho detto: Vado e vengo da voi” (non “tornerò”: Gv 14,28). Praticamente andata e venuta sono contemporanee, in Giovanni: non si tratta del “ritorno” dopo un’assenza, più o meno prolungata. Gesù viene a noi nell’istante stesso in cui va al Padre, appunto perché la sua presenza si trasforma in quella dello Spirito santo. È “Colui che è, che era e che viene” (Ap 1,4), cioè “Colui che viene sempre” (ho pántoteerchómenos) come dicono i padri greci. Come dice la finale del vangelo di Matteo: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione del mondo” (Mt 28,20). Senza nessuna soluzione di continuità.

Più avanti ancora, dirà: “Un poco e non mi vedete, un altro poco e mi vedrete” (Gv 16,16), e per questa “visione” impiega due verbi diversi. Si tratta, in effetti, di due visioni diverse: una visione storica, secondo la carne e un’“altra” visione, interiore, secondo lo Spirito. Ma è solo un attimo che le distingue. Certo, non vediamo più Gesù fisicamente, non conosciamo neppure quale fosse la sua apparenza fisica, ma continuiamo a vederlo, fin da ora, con altri occhi, in un “altro” modo. Quello che conosciamo di lui sono i suoi “comandamenti”: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” (v. 15), che fa inclusione con la fine di questo vangelo: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama” (v. 21). Quello che ci rimane di lui sono le sue parole, i suoi “comandamenti”, che poi si riducono a uno solo: l’amore vicendevole. Un amore possibile, però, solo grazie al nostro amore per lui. Proprio per questo l’amore vicendevole è anche un suo “comando”: perché noi ne saremmo incapaci senza di lui.

Fratel Alberto

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