La Domenica della Parola: il sale e la luce
RomaSette del 19 gennaio 2020
In uno dei versetti più noti dei Vangeli i cristiani vengono così indicati da Gesù: «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13–14). Ma più che di una definizione si tratta di un’esortazione, poiché così si completa: ma se il sale diventa scipito come ritroverà il sapore?
E se la lampada vien posta sotto il moggio come potrà illuminare tutta la casa? Il verbo “sapere” trova la sua radice proprio nel gusto, in quel sapore che porta la conoscenza. Un “sapore di sale” anche etimologico!
Ed è innanzitutto per stimolare ad acquisire una sapienza che Papa Francesco ha voluto che si dedicasse una domenica dell’anno liturgico alla Parola di Dio, un giorno speciale «per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo», come si legge nella lettera apostolica “Aperuit illis”.
La storia della Chiesa cattolica mostra ancora i segni di un rapporto difficile con la Scrittura. Il modo in cui si accedeva alla Bibbia è stato per secoli quello della liturgia in cui l’uso della lingua latina – fino al Concilio Vaticano II – costituiva una membrana di oscurità. E non bastavano le omelie, il più delle volte moraleggianti e slegate dai testi biblici, e neppure la “biblia pauperum” descritta da splendidi mosaici e affreschi. A più di mezzo secolo dalla “Dei Verbum” i cattolici sanno di essere ancora ignoranti a proposito della Parola di Dio. Ed ecco la ragione della Domenica della Parola che la Chiesa celebrerà per la prima volta il 26 gennaio, introdotta dalla “Aperuit illis”.
«Senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo. Giustamente San Girolamo poteva scrivere: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”». Citando il grande traduttore latino della Bibbia ebraica, Francesco ha voluto mostrare l’urgenza dell’impegno per uscire dall’ignoranza.
«È fondamentale, infatti, che non venga meno ogni sforzo perché si preparino alcuni fedeli ad essere veri annunciatori della Parola con una preparazione adeguata (…) Alla stessa stregua, i parroci potranno trovare le forme per la consegna della Bibbia, o di un suo libro, a tutta l’assemblea in modo da far emergere l’importanza di continuare nella vita quotidiana la lettura».
Non solo i parroci, dunque, che pure vengono invitati a preparare con serietà l’omelia sulle Scritture, ma tutta l’assemblea cristiana deve avere in mano la Bibbia. «La Bibbia non può essere solo patrimonio di alcuni e tanto meno una raccolta di libri per pochi privilegiati. Essa appartiene, anzitutto, al popolo convocato per ascoltarla e riconoscersi in quella Parola». Un accento speciale viene posto sulle competenze dovute ai catechisti: «È bene che anche i catechisti, per il ministero che rivestono di aiutare a crescere nella fede, sentano l’urgenza di rinnovarsi attraverso la familiarità e lo studio delle Sacre Scritture». Senza il “sale” della Sapienza dei Vangeli e di tutte le Scritture i cristiani rischiano di essere “scipiti”, scialbi di gusto e di senso, senza parole d’intelligenza e di speranza per il mondo. Alla metafora del sale si coniuga quella della luce: «Voi siete la luce del mondo», ha detto Gesù. E questo è il fine ultimo della sapienza biblica: illuminare la verità e la vita. Il bene, la gioia, la salvezza. «Aprì loro la mente per comprendere le Scritture»: così inizia la lettera apostolica ricordando il Signore risorto che si rivela ai discepoli allo spezzare del pane (Lc 24, 45).
Se, dunque, le Scritture devono essere lette, meditate e interpretate, ci sarà bisogno di credere, condividendo il pane della Sua mensa per poterle “capire”. Esse diventeranno una Rivelazione dello Spirito nella misura in cui le accogliamo come un Corpo d’abbraccio, un Pane d’Amore.