Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia davanti al Signore
XXII per annum
San Masseo, 1 settembre 2019
Anno C
Sir 3,19-21.31.33
Salmo 67
Eb 12,18-19.22-24
Lc 14,1.7-14
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia davanti al Signore (Sir 3,18)
Non ho mai amato partecipare ai banchetti nuziali, fin da piccolo li ho vissuti come un dovere pesante richiestomi, al quale obbedire per rispetto ai miei genitori, più che agli sposi stessi.
Non li ho mai amati per il trasformismo al quale spesso si assiste, non solo fatto di abiti e acconciature improbabili per signore diversamente giovani o di cinture contratte all’inverosimile per contenere pance di uomini della mia età, più che matura, ma soprattutto per i sorrisi da plastica facciale pronti: ieri per le fotografie in pellicola, oggi per noiosissimi e infiniti selfi, sorrisi mai conosciuti né visti nel quotidiano vivere tra parenti ostili che neppure si salutano da anni.
Eppure questa sera mi capiterà di andare, non per dovere, ma per amicizia e cortesia, a un banchetto di nozze: probabilmente non ci saranno rincorse per i primi posti a sedere poiché lo sposo viene da una terra in cui oltre che stare seduti intorno al tavolo volentieri ci si siede a terra in cerchio oppure si sta in piedi per danzare e mi rallegra che le corse al primo posto saranno per mangiare di più e non per apparire al primo posto che, anche se primo, è sempre secondario perché posto di straniero.
Gesù «Diceva agli invitati (a mensa) una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto». (Lc 14,7-8)
La corsa alla poltronissima, in prima fila non si è mai esaurita, accadeva ieri come accade oggi: in ogni realtà: dalla famiglia, alla comunità monastica, alla chiesa, alla società civile, al mondo politico. E’ il perenne vano e illusorio tentativo di apparire e mostrarci non tanto per ciò che realmente siamo ma per il posto e la sedia sulla quale siamo riusciti a sederci; illusorio e fuorviante perché bel altro è ciò che da spessore e senso alla nostra vita: «Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore». (1 Sam 16,6-7)
Lo sguardo di Dio parte da un altro punto di vista rispetto al nostro: guarda l’oltre e il sempre, tensione costante e difficilissima, come difficilissima è la tensione verso l’amare: non per un attimo fuggevole ma con la fedeltà del per sempre.
«Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali». (Lc 14,10)
Perché andare all’ultimo posto? Si vede male, si mangia solo che ciò resta, magari divenuto freddo, si è lontani dagli sposi, periferici rispetto al centro dell’attenzione e della festa.
Consapevolmente o meno, cerchiamo nella vita un posto dove stare comodi, dove fare meno fatica possibile, cerchiamo anche un posto nel cuore degli altri, soprattutto cerchiamo un posto in vista per essere riconosciuti e gratificati, chiediamo ogni giorno al mondo di rassicurarci e affidiamo la nostra stima alle attese degli altri.
«Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,e troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3,18) ci ha ricordato il libro del Siracide.
Altra è la proposta di Gesù: va all'ultimo posto: ma non per falsa umiltà o modestia, che si impara non tanto per ascesi ma per le umiliazioni subite, non per spirito di sacrificio, ma perché è il posto di Dio, che “comincia sempre dagli ultimi della fila” (don Orione) e non dai cacciatori di poltrone. Il linguaggio dei gesti lo capiscono tutti, bambini e adulti, teologi e illetterati. (Ronchi)
È Il paradosso dell'ultimo posto, quello del Dio “capovolto”, dopo che Giovanni e Giacomo hanno chiesto attraverso loro madre di sedere accanto a Gesù lui dice agli altri dieci:
«Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti»». (Mc 10,43-45)
E’ la dinamica dell’incarnazione: Dio “ha scelto l’ultimo posto dalla nascita a Betlemme, dove «non c’era posto per loro» (Lc 2,7) fino agli ultimi momenti della sua vita, quando ricorda che è stato in mezzo ai discepoli «come colui che serve» (Lc 22,27) e quando sulla croce occupa il “posto d’onore”, tra i due malfattori (Lc 23,33). (Daniel Attinger)
Nell’inno della lettera di Paolo ai Filippesi leggiamo:
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.» (Fil 2,5-8)
L’agire di Dio è e rimane altro dal mondo.
«Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti». (Lc 14,12-14)
La beatitudine è la condizione cristiana: costituita dal paradosso che beati: sono i poveri, i miti, i misericordiosi, gli afflitti, i piangenti, i costruttori di pace e non i principi e potenti del mondo.
“Se la vita somiglia a un grande banchetto, è anche vero che a volte siamo chiamati noi a prepararlo. È anche vero che ci sono coloro che preferiscono passare la vita girando di sala in sala, di ricevimento in ricevimento, senza prendersi mai la responsabilità di organizzare un pranzo per qualcun altro. Sono le vite che si scoprono improvvisamente senza senso, quelle che si sono riempite la pancia fino a scoppiare, quelli che sono diventati così gonfi da non riuscire più a passare per la porta stretta”. (Gaetano Piccolo)
L’evangelo ci narra di altri banchetti:
«Sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». (Mc 6,34-37)
E se nel banchetto a cui invitare poveri, storpi, zoppi e ciechi ci fosse chiesto di divenire noi stessi cibo: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1)?
«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,7), dare la vita è la dinamica dell’evangelo, senza attendere ricompensa o contraccambio: «e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».(Lc 14,14).
Certo verrà la ricompensa ma SOLO per misericordia di Dio, non per alcun nostro merito, si solo per libera e gratuita e scelta di amore di Dio.
C’è un brano di Bonhoeffer che amo, posso essere l’ augurio per noi tutti.
“Resta un’esperienza di eccezionale valore l’aver imparato infine a guardare i grandi eventi della storia universale dal basso, dalla prospettiva degli esclusi, dei sospetti, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi, in una parola, dei sofferenti … Se, anzi, la sofferenza personale è diventata una buona chiave, un principio fecondo nel rendere il mondo accessibile attraverso la contemplazione e l’azione: tutto questo è una fortuna personale. Tutto sta nel non far diventare questa prospettiva dal basso un prender partito per gli eterni insoddisfatti, ma nel rispondere alle esigenze della vita in tutte le sue dimensioni; e nell’accettarla nella prospettiva di una soddisfazione più alta, il cui fondamento sta veramente al di là del basso e dell’alto. (Dietrich Bonhoeffer)
Amen
Michele Badino
fraternità di Assisi