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Jean louis Ska "L’entrata di Gesù a Gerusalemme"

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Jean Louis Ska

Piano di lavoro 2018/19

6 - L’entrata di Gesù a Gerusalemme
Giovanni 12,12-19


1. Per leggere e comprendere

In questa prima tappa, è importante leggere il passo senza cercare di attualizzarlo o di trovarvi applicazioni morali. Raccogliamo gli indizi e poi cercheremo di interpretare e di trovare il significato dell’insieme.

Il Salmo 118

Iniziamo con la prima citazione biblica. In genere, le citazioni dell’Antico Testamento forniscono chiavi di lettura importanti.
Il primo testo è mutuato, in parte, dal Salmo 118: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!”
Ecco la citazione completa:

Ti preghiamo, Signore: dona la salvezza! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore. (Sal 118,25-26)

La parola “osanna” è in realtà una parola ebraica che significa, letteralmente: “salva!” ed è tradotta con “dona la salvezza” nella versione della CEI citata qui sopra. Si gridava “salva!” sul passaggio del re per chiedere il suo aiuto in caso di necessità (2Re 6,26 descrive una situazione di questo tipo). Nei Salmi 12,2; 28,9; 60,7, il grido si rivolge a Dio. In seguito, è diventato costume pronunciare questo grido al passaggio del re come un’acclamazione. Per questo motivo, nel vangelo di Giovanni, il popolo riprende il grido presente nel Salmo 118,25 per acclamare Gesù di Nazaret quando fa il suo “lieto ingresso” nella città di Gerusalemme. Il vangelo di Gv 12,13, tuttavia, non cita esattamente il testo del salmo. Vi aggiunge intenzionalmente in finale l’espressione: “il re d’Israele”. La seconda citazione ne chiarirà subito la ragione.

La citazione di Zaccaria 9,9

Gv 12,15 cita Za 9,9 (come gli altri evangelisti, ma Giovanni dà più rilievo all’oracolo perché lo cita dopo il Sal 118):

Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è
giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina.

Vale la pena leggere in anche Za 9,10,:

[Il tuo re] farà sparire il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra.

Notiamo in primo luogo che una parola importante è ripetuta in Gv 12,13 e 12,15: “re”. Si capisce adesso perché la citazione del Sal 118 è stata ampliata da Giovanni?

La comprensione dei discepoli

Gv 12,16 nota il fatto che i discepoli non capirono il significato dell’evento prima della “glorificazione” di Gesù Cristo, vale a dire prima della risurrezione e del dono dello Spirito. Lo stesso fatto è rilevato più volte nel vangelo di Giovanni, in particolare nei discorsi di Gesù dopo l’ultima cena: 2,22; 7,39; 13,7; 14,25-26; 15,26-27; 16,13-14. Solo dopo la passione, la morte in croce e la risurrezione, i discepoli capiranno il vero significato della regalità di Gesù di Nazaret. Gv 1,49 e soprattutto 18,33-38; 19,12-16.19-22 chiariscono la cosa. L’interrogatorio di Gesù da parte di Pilato verte in gran parte sulla regalità. Gesù sarà proclamato “re” dal rappresentante dell’imperatore romano in Gv 19,14 e ciò sarà iscritto sul titulus affisso sulla croce, e nelle tre lingue principali di quel mondo: in ebraico, la lingua sacra d’Israele, in greco, la lingua della cultura e lingua franca del Mediterraneo orientale, e in latino, la lingua del potere romano (Gv 19,19-20): “Gesù il Nazareno, re dei Giudei”.

La reazione della folla e dei farisei (Gv 12,17-18)

Gli ultimi versetti descrivono le reazioni contrastanti del popolo e dei farisei. Il vangelo di Giovanni spiega il successo di Gesù riferendolo alle ripercussioni della risurrezione di Lazzaro, un “segno” o “prodigio” narrato solo dal quarto vangelo. I farisei, invece, temono sempre di più le conseguenze di questo successo. Che cosa temono, in realtà, i farisei? Hanno ragione o torto di preoccuparsi?

2. Per meditare e attualizzare

• Se Gesù dovesse entrare nella Gerusalemme di oggi, come farebbe? Possiamo immaginare la scena? E se dovesse entrare in una della nostra città, quale modo sceglierebbe? Chi lo accoglierebbe? Chi lo acclamerebbe? E chi sarebbe preoccupato e disturbato dal suo arrivo? Per chi non sarebbe benvenuto?
• L’asino e il cavallo. I due animali simboleggiano due modi di intendere autorità e potere. Quale tipo di potere è quello preconizzato dal vangelo? E quale tipo di potere non è gradito né dal Dio dell’Antico Testamento né da Gesù Cristo, suo Figlio?
• Quali sono i poteri (e i governi) di questo mondo che corrispondono di più all’ideale del vangelo? Come giudicare la corsa agli armamenti nella luce di questo passo del vangelo?
Quale sarebbe il mezzo migliore di vivere in sicurezza e pace? Quali sono i criteri che ci dà il vangelo nelle nostre scelte in questo campo?

L’asino e il cavallo

Diversi testi biblici parlano del cavallo, ad esempio Deut 17,14-16; 2 Sam 15,1; 1 Re 1,5; 1,32-40, in particolare i vv. 33 e 38. Sul cavallo, si vedano anche Esodo 14,6-7.9.17-18.23.26.28; 15,1; Isaia 33,1-3. Nella legge sulla monarchia di Deuteronomio 17 è esplicitamente detto che il futuro re d’Israele non può possedere [carri e] cavalli:

Ma [il tuo re] non dovrà procurarsi un gran numero di cavalli né far tornare il popolo in Egitto per procurarsi un gran numero di cavalli, perché il Signore vi ha detto: “Non tornerete più indietro per quella via!”.

La successione di Davide, il primo grande re d’Israele, illustra bene la stessa idea. Vi erano, in effetti, almeno due candidati alla successione, Adonia (il primogenito) e Salomone, figlio di Betsabea (cf. 1Re 1,5.33.38). Ora, vediamo su quale animale Salomone è montato quando, dopo l’unzione, fra il suo “lieto ingresso” in Gerusalemme. Proprio sul mulo di Davide.
Adonia, invece, si era procurato un carro e dei cavalli (1Re 1,5). Sappiamo chi ha succeduto a Davide. Penso che il simbolo del mulo o dell’asino sia più chiaro.
Occorre ricordare, inoltre, che l’asino non ha nella Bibbia la fama che ha nel nostro immaginario. Era un animale indispensabile per i lavori agricoli e il trasporto delle merci. Rubare un asino era un delitto grave: “Se [il ladro] si trova ancora in vita e ciò che è stato rubato è in suo possesso, si tratti di bue, di asino o di montone, restituirà il doppio” (Es 22,3).
D’altronde, diversi testi biblici affermano una certa avversione nei confronti del cavallo (e dei carri), perché il cavallo era usato in antichità innanzitutto nelle battaglie campali. Il Sal 147,10, ad esempio, è molto esplicito in merito. “[Il Signore] non apprezza il vigore del cavallo, non gradisce la corsa dell’uomo.”
Ed è anche il caso di Sal 20,8-9:

Chi fa affidamento sui carri, chi sui cavalli: noi invochiamo il nome del Signore, nostro Dio. Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi.

Sal 33,17 va nello stesso senso: “Un’illusione è il cavallo per la vittoria, e neppure un grande esercito può dare salvezza”. La più bella descrizione del cavallo in tutta la Bibbia è da leggere in Giobbe 39,19-25 che fa parte del lungo discorso in cui Dio si rivolge a Giobbe con una serie di domande retoriche. Il testo mette in risalto il legame fra il cavallo e il mondo della guerra:

Puoi dare la forza al cavallo e rivestire di criniera il suo collo?
Puoi farlo saltare come una cavalletta, con il suo nitrito maestoso e terrificante?
Scalpita nella valle baldanzoso e con impeto va incontro alle armi.
Sprezza la paura, non teme, né retrocede davanti alla spada.
Su di lui tintinna la faretra, luccica la lancia e il giavellotto.
Con eccitazione e furore divora lo spazio e al suono del corno più non si tiene. Al primo suono nitrisce: “Ah!” e da lontano fiuta la battaglia, gli urli dei capi e il grido di guerra.

Possiamo capire meglio, penso, la scelta di Gesù di Nazaret. La sua regalità sta nella linea di Salomone, il primo successore di Davide, re pacifico. In effetti, il nome Salomone, così come il nome della città di Gerusalemme, conteniene la radice ebraica della parola “pace” (shalôm). Gesù, figlio di Davide, inaugura un tipo di regalità ben preciso. La sua morte tragica sulla croce ne sarà la prova più evidente.

Le sette meditazioni proposte da padre Jean Louis Ska:
  1. Le nozze di Cana: chi è lo sposo?
  2. Una abbagliante tenebra
  3. Gesù e la Samaritana
  4. La miseria e la misericordia
  5. Il cieco nato
  6. L’entrata di Gesù a Gerusalemme
  7. L’apparizione a Maria di Magdala
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