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Catherine Aubin "Il sapore della salvezza"

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👪 Nel film Il pranzo di Babette

Per entrare nel film Il pranzo di Babette, bisogna sedersi, prendersi il tempo di vedere, degustare ciò a cui si sta per assistere. Il titolo non parla proprio di «banchetto» e dunque di pranzo, anzi di nozze? Eppure il banchetto si svolge solo nella seconda parte del film.
Come se tutto ciò che viene prima non fosse altro che un preludio per familiarizzare con i personaggi e assaporare quel pranzo. Filo conduttore del film sarà proprio il gustare. Gustare la vita e le scelte dei personaggi, gustare la bontà, gustare la gratuità, la sovrabbondanza e l’amore, gustare la salvezza di Dio, e infine gustare la grazia e la verità perché esse finiranno coll’abbracciarsi (cfr. Salmi 84, 11). Il pranzo di Babette sarà il “luogo”, il “momento”, in cui l’appetito fisico entra in armonia con l’appetito spirituale; quel banchetto diverrà una vera storia d’amore.

La prima scena del film ci mostra il mare infinito con i colori dei paesi scandinavi. Questo paesaggio ritornerà regolarmente nel corso del film. Come un orizzonte da non perdere di vista. Siamo dunque in un villaggio della Danimarca, sulle coste dello Jutland, nel XIX secolo. Lì abitano due sorelle, Martina e Filippa, figlie del pastore. Il padre è anche fondatore di una piccola setta protestante. Le due figlie sono per lui «il suo braccio destro e il suo braccio sinistro». Le loro tre esistenze si svolgono secondo i loro principi di vita: servire, accogliere, pregare e amare. Le due sorelle hanno scelto, nonostante le proposte di matrimonio e di carriera, di restare nel loro villaggio accanto al padre, anche dopo la sua morte. La loro scelta di vita è semplice: servire i poveri, nutrirli, accogliere i membri della setta del padre e donare la parola, “il verbo”. Sono belle di quella bellezza che rivela la loro bontà di cuore: la porta della loro casa resterà sempre aperta a quanti giungeranno da vicino o da lontano.

Altri tre personaggi si confronteranno con questa vita evangelica. Prima di tutto l’ussaro, Lorens, che soggiornerà tre mesi non lontano dal villaggio delle due sorelle. S’innamora di Martina, davanti a una brocca di latte. Assiste alle riunioni del pastore con la setta e, di fronte a ciò che gli sembra irraggiungibile, ossia la grazia personificata da Martina, sceglie la carriera brillante e ritorna alla sua vita di ufficiale. Poi arriva Achille Papin, cantante lirico, che s’innamora della voce (o della via) di Filippa. Le insegna a cantare perché, a suo parere, lei è una stella. Filippa stessa chiederà al padre di congedare quell’uomo troppo invadente. E infine, durante un temporale che assomiglia a un diluvio, arriva Babette. Il pastore è morto e sono le due sorelle ad accoglierla al loro servizio, gratuitamente, perché per Babette ciò che conta è restare e vivere. Se viene respinta, muore, dice loro.

E Babette ci condurrà su una via di salvezza: il suo rapporto con gli altri è commovente e tutto quello che prepara è delizioso. Lei fa del suo quotidiano un dono discreto, gratuito e inteso. E, senza che nulla faccia presagire tale dono, arriva la grazia: vince una grossa somma alla lotteria. Ne farà un dono traboccante di generosità: per festeggiare il centenario della nascita del pastore, offre alle due sorelle il pranzo per gli undici membri restanti della setta che, con il passare del tempo, sono diventati “rancidi”, amari e aspri.

Nel corso della festa assistiamo a quello che potrebbe essere il banchetto nuziale che ci attende nell’eternità. Babette, che un tempo era “la” prestigiosa chef del Café Anglais a Parigi, preparerà con tutto il corpo e con tutta l’anima un banchetto da re e da regine. All’ultimo momento vi parteciperà anche l’ussaro, diventato nel frattempo generale; sarà lui il dodicesimo invitato. Allora quel pranzo si trasforma nell’arca della salvezza e quel banchetto diviene il luogo della riconciliazione: i palati degustano e le lingue si sciolgono.

Il generale Lorens gode, assapora, degusta e rende grazie per la grazia che gli viene fatta perché questa, dice lui, «si dona e non detta condizioni, è infinita, si riceve con gratitudine». Lui che sembrava perduto a causa della superficialità delle sue scelte di carriera, si ritrova là dove era atteso dalla grazia dell’amore, quello di Filippa, a cui dichiarerà amore eterno.

Anche per Babette, che prepara, compone, crea e serve, è il momento dell’incontro con se stessa e con il suo genio culinario. Ha offerto quel banchetto per rendere felici quanti lo assaporano, «perché un grido che sgorga dal cuore dell’artista risuona nel mondo intero» (diceva Achille Papin). Babette, come battezzata dal diluvio del giorno in cui è arrivata, va al di là, varca i confini delle convenienze, dona e si dona in questo banchetto e condivide tutto: il suo denaro, la sua vita, il suo cuore, la sua dignità e la sua riconoscenza. Per tutto il pasto resterà in cucina, senza aspettarsi alcun ringraziamento. Non è per questo che lo ha fatto. E per terminare l’offerta del suo servizio, immerge le mani nell’acqua per lavarsi il viso.

Quanto agli undici membri della comunità sono, senza saperlo, le “vittime” felici e graziate di quel banchetto. Quel momento diventa per loro sorrisi scambiati e fraternità ritrovata, riconciliazioni profonde e perdoni offerti. Concluderanno la serata danzando attorno al pozzo del villaggio.

Il pranzo di Babette è un insegnamento sul gusto della vita e della salvezza di Dio perché, secondo il profeta Isaia, «ogni carne vedrà (e gusterà) la salvezza di Dio» (cfr. Isaia 40, 5 e Luca 3, 6). Quanti credevamo vicini alla salvezza si meravigliano perché viene proposta loro una vicinanza ancora più bella e intensa, e quanti si trovavano lontani, anzi addirittura respinti, assaporano l’inedito e lo sconosciuto della grazia e della verità. In effetti il pastore aveva ripetuto per due volte la frase: «Le vie del Signore attraversano i mari là dove l’occhio umano non vede la via».

O voi tutti assetati venite all’acqua,
chi non ha denaro venga ugualmente;
comprate e mangiate […]
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti (Isaia 55, 1-2).
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