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Il volto femminile della Chiesa - intervista a Giuseppe Lorizio

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Il volto femminile della Chiesa 
Subordinato o da riconoscere? 
No a stereotipi e luoghi comuni
intervista a Giuseppe Lorizio, a cura di Mimmo Muolo



Donne ignorate in Vaticano e più in generale nella Chiesa. Suore ridotte a fare le colf dei preti. Tra i quali ci sarebbe un «elevato numero» di omosessuali e «allignano molti pedofili», perché «la Chiesa non ha mai affrontato la rivoluzione sessuale infiltratasi al suo interno» e la corporeità sarebbe «soffocata dalla teologia che le impedisce di conoscere la vita». Pesano come macigni alcune affermazioni di Lucetta Scaraffia, editorialista de L’Osservatore Romano, contenute in una intervista al Corriere della Sera. Ma le tesi della storica non convincono affatto un teologo come Giuseppe Lorizio, ordinario di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense, che si dice «rattristato» e «indignato», per il modo con cui viene trattato un argomento così complesso e anche per la ripresa mediatica da parte di altri organi di stampa ostili alla Chiesa.

Come teologo e come sacerdote lei si sente tirato in causa?

Certamente, perché Scaraffia tocca una questione di senso: il rapporto, ovvero l’alleanza fra il femminile e il maschile nella Chiesa, sulla quale non è mai inutile tornare a riflettere. Ora però bisogna notare che questa alleanza, prima ancora di essere infranta in Vaticano o nelle nostre comunità ecclesiali, purtroppo lo è nella vita di tutti i giorni. Prendiamo ad esempio la politica: non mi pare che questa legislatura brilli particolarmente per la valorizzazione delle donne. Quindi c’è l’esigenza di andare oltre le ideologie di tipo femminista o maschilista, da un lato per custodire e promuovere sempre più - come già si fa in tante realtà - questa alleanza, dall’altro per denunciare le violenze, le vessazioni e le disparità che le nostre donne subiscono e che (come anche papa Francesco ha spesso richiamato) rendono le 'pari opportunità' ancora tanto lontane.

Ma è proprio vero che in Vaticano le donne sono praticamente invisibili?

Certe affermazioni sono pericolosamente inclini alla generalizzazione. E oltretutto tendono a contrapporre la figura, l’opera e il magistero del Papa a tutto il resto: il Papa è buono, la Curia è cattiva. Il Papa è santo, i preti sono peccatori e così via. Giocare a questa contrapposizione non giova nemmeno alla causa di papa Francesco. Anzi, offre una sponda ai suoi detrattori. E infatti un vescovo - e oltretutto il vescovo di Roma - che si trovi in contrapposizione con i suoi preti non ha molte chance dal punto di vista pastorale ed ecclesiale. Per favore smettiamola, in questi passaggi dell’intervista si sente odore di stantio e di chiuso, cioè di generalizzazioni antistoriche. La valorizzazione della donna nella società e nella Chiesa è un processo e diversi passi avanti sono stati fatti e sono sotto gli occhi di tutti.

Fra queste generalizzazioni antistoriche si può annoverare anche la notazione relativa ai preti omosessuali e pedofili?

Ritengo proprio di sì. Che alcuni casi ci siano è chiaro, ma quello che mi lascia perplesso è la diagnosi. Scaraffia dice che non si fanno i conti con la corporeità. Io direi che a monte di ogni cosa c’è il discorso dell’affettività, che va affrontato dal punto di vista dell’educazione sentimentale, sia per chi sceglie di seguire la vocazione di speciale consacrazione, sia per i laici. Affidarsi alla denuncia mediatica mi sembra controproducente e non è vero che per altre vie non si ottengano risultati, in quanto i casi che esplodono sono alquanto lontani nel tempo. La tolleranza zero da parte delle autorità ecclesiastiche ottiene frutti notevoli e molto più che la gogna mediatica.

E la teologia, come sostiene l’intervistata, ha delle colpe?

Attribuire alla teologia - non so poi quale teologia - questo contrasto tra il discorso relativo alla corporeità e il rapporto autentico tra il maschile e il femminile nella Chiesa mi sembra fuorviante.
Io credo invece che se ci fossero più consapevolezza e più preparazione teologica, non si arriverebbe a sottovalutare la corporeità, tanto più che c’è tanta letteratura teologica che ci pone di fronte al grande tema dell’alleanza uomo-donna, al discorso della dimensione corporea dell’esistenza a partire dal mistero stesso dell’incarnazione e della risurrezione del Signore.

E le suore che fanno le colf?

Io non so da quale esperienza muovano certe affermazioni. La mia è ben diversa, perché dal 1993 vivo in una casa per il clero tenuta dalle suore Oblate del Sacro Cuore, che gestiscono la casa, ci aiutano a svolgere la nostra missione con la loro presenza, il loro servizio e la loro preghiera e lo fanno da sorelle, non da colf. E noi sacerdoti non le chiamiamo sorelle solo perché sono suore, ma perché le sentiamo tali e perché loro si sentono tali. Nessuna di loro si ritroverebbe in una descrizione del genere. Anzi si direbbero offese per queste parole così avventate e controproducenti.
Credo dunque che prima di parlare sia necessario avere un senso della realtà più attento e rispettoso.

Insomma, una polemica di cui proprio non si sentiva il bisogno.

Sembra di essere di fronte a un fuoco amico, che rischia di dare fiato a chi non ama la Chiesa (e quindi non ama neanche Cristo) e perciò trova tutte le occasioni possibili per metterla in cattiva luce. È vero che l’intervista è ben più ampia (e per certi versi ha anche passaggi condivisibili) della riduzione 'scandalistica' fatta da alcuni organi di informazione. Ma chi si occupa di informazione dovrebbe saper prevedere le conseguenze di certe affermazioni. Tuttavia anche la polemica può servire.

In che senso?

A non dispensarci dal compito di riflettere quanto più è possibile perché laddove l’alleanza uomo-donna, anche nella Chiesa, venga infranta, si possa riconciliare.
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