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Commenti Vangelo 4 febbraio 2018 V Tempo O.

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2 Febbraio, Candelora, festa della Presentazione del Signore

Pienamente inserito nei riti del popolo ebraico, di cui fa parte, il piccolo Gesù viene portato al tempio di Gerusalemme a 40 giorni dalla nascita. La legge prescriveva che la madre dovesse recarvisi per la purificazione e nel contempo riscattare il figlio maschio primogenito, consacrato a Dio, mediante un dono proporzionato alle proprie possibilità.
La festa della Purificazione, il 2 febbraio, a 40 giorni dal Natale, fu celebrata con questo nome fino al Concilio Vaticano II, dopo il quale prese il nome di Presentazione del Signore, mettendo in evidenza l'episodio che vede Gesù protagonista con sua madre e col vecchio Simeone. Già si anticipa qui tutto il cammino verso la Pasqua.
Questa festa, celebrata fin dai primi secoli, è caratterizzata dalle luci delle candele, a evidenziare le parole di Simeone riferite a Gesù: “luce per illuminare le genti”, e viene testimoniata già nel secolo VII a Roma, dove si svolgeva una processione notturna con ceri accesi verso la Basilica di S.Maria Maggiore.
In seguito tra il secolo IX e il X si diffuse il rito della benedizione delle candele con l'accensione a partire da un unico cero, come nella Veglia Pasquale. Da questo rito la festività ha assunto il nome di Candelora. Alcune indicazioni interessanti vengono date anche da Egeria nel suo Diario di viaggio. La pellegrina Egeria, personaggio di cui poco si sa, era probabilmente una nobildonna o una vedova facente parte di una comunità monastica, partita alla volta della Terra Santa, che dopo un lungo viaggio in Oriente, dal Sinai a Gerusalemme, al Monte Nebo e in numerosi altri luoghi, aveva descritto tutto questo nel suo “Itinerarium”. Si tratta di una documentazione preziosa per noi oggi perchè informa sulle abitudini e sui riti dei primi cristiani: siamo nel IV secolo.
La gran luce di tante candele nella Candelora, ad esempio, è simile al rito del “Lucernale”, di cui riferisce Egeria, quando dice che ogni giorno i monaci e le monache si recano al Santo Sepolcro dove all'ora decima “si accendono tutte le candele e i ceri e si fa una luce infinita”. Al venir meno della luce del giorno, quindi, si accendono i lumi, con tutta la simbologia che questo comporta, perchè si specifica che il fuoco non proviene dall'esterno, bensì dall'interno della grotta, dove splende giorno e notte una lampada. E' una fiamma sacra, legata alla morte e resurrezione di Cristo.
Nella liturgia della Presentazione del Signore che noi celebriamo, il rito si apre proprio con la benedizione delle candele che ciascuno tiene in mano e, secondo le consuetudini di ciascuna parrocchia, si fa poi una processione con i fedeli prima dell'inizio della Messa.
L'episodio narrato da Luca nel vangelo viene richiamato anche nel momento iniziale della benedizione delle candele, in cui si pone l'accento sulle figure profetiche di Simeone e Anna, due anziani che servivano al tempio e da anni attendevano di vedere il Messia.
Le parole di Simeone: “Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola”, manifestano la grande gioia del riconoscimento dell'inviato del Signore, di fronte al quale nient'altro conta più e accompagnano la recita della Compieta ogni sera affidandoci a una fede carica di speranza.
Per i nostri ragazzi: “Cercare la luce per essere luce”.
Il primo atto di Dio Creatore fu di separare la luce dalle tenebre. Senza la luce nulla avrebbe senso e bellezza. Quello che Simeone dice di Gesù, “luce per illuminare le genti”, si può riconoscere nella nostra vita spirituale: nulla avrebbe un vero valore se non fosse illuminato dalla presenza di Dio.
Nella luce del nostro comportamento retto e dei nostri atti buoni noi coinvolgiamo chi ci è vicino e lo “accendiamo” come fossimo tante piccole candele che, unite, diventano una luce immensa, come nei riti dei primi cristiani.
Testimoni di quel Gesù che da pochi anni si era rivelato sulle loro strade di Palestina, essi conservavano in cuore il desiderio di farlo conoscere e mentre si riunivano per celebrarlo con canti e luci, diffondevano il chiarore della fede a partire da un fuoco che sentivano in loro. Come al S.Sepolcro, la loro luce proveniva da dentro, per questo la portavano sempre con sé.

Paola Radif
pubblicato su Il Cittadino (Diocesi di Genova) del 4 febbraio 2018


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