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Jean Louis Ska La città nella Bibbia

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LA CITTÀ NELLA BIBBIA - P. Jean Louis Ska 


La città nella Bibbia è un tema ampio che vorrei affrontare mostrando soprattutto che vi si ritrovano tutte le contraddizioni della nostra condizione umana. La città è come una sfera di cristallo nella quale è possibile vedere in trasparenza il meglio e il peggio della nostra umanità, e persino di capire quale sarà il nostro futuro. La città è presente nei due Testamenti, e il tema è coniugato in modi diversi. Parlerò soprattutto dell’Antico Testamento ove la città è presente sotto tutti i suoi aspetti e dirò una parola del Nuovo Testamento in finale.


1. Introduzione: le due facce della città di Gerusalemme in Isaia

Il profeta Isaia che fu attivo a Gerusalemme attorno al 700 a.C. fornisce un ottimo punto di partenza alle nostre riflessioni sulla città. In due oracoli molti vicini il profeta descrive due aspetti contraddittori e inconciliabili della sua città, Gerusalemme, la città santa ove risiede il tempio di Dio e regna la dinastia di Davide.Il primo testo è un canto che il libro di Isaia riprende a suo conto e mette nella bocca del profeta in Is 2,1-5. Ritroviamo una versione quasi identica del canto in Michea 4,1-3. Ecco la versione di Isaia nella traduzione della Nuova Diodati:

Parola che Isaia, figlio di Amots, ebbe in visione, riguardo a Giuda e a Gerusalemme.

Avverrà, negli ultimi giorni, che il monte della casa del Signoresi ergerà sulla vetta dei monti, e sarà elevato al di sopra dei colli; e tutte le nazioni affluiranno a esso.

Molti popoli vi accorreranno, e diranno: «Venite, saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri». Da Sion, infatti, uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola del Signore.

Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra.
Casa di Giacobbe, venite, e camminiamo alla luce del Signore!
Nella visione di Isaia, la città di Gerusalemme sarà collocata al di sopra di tutte le vette conosciute, si ritroverà sulla montagna più alta conosciuta. In seguito, essa attirerà a sé tutti i popoli che si recheranno in pellegrinaggio verso la vetta ove si trova. L’immagine di Isaia è singolare perché vede i popoli che – letteralmente ‑ affluiranno verso Gerusalemme. Ora i fiumi scendono, non salgono. La forza di attrazione è però così potente che fa salire, affluire, tutti i popoli verso la cima del monte.Il canto specifica anche qual è la forza che attrae i popoli verso l’alto. Non si tratta della potenza della casa regnante, dello splendore dei monumenti o delle ricchezze che vi si sono accumulate. La vera forza di attrazione è la legge del Signore, la sua parola. “Legge”, nella Bibbia, significa “istruzione”, “insegnamento”, “educazione”, “arte di vivere”. Tutte le nazioni dell’universo giungeranno a Gerusalemme per imparare quell’arte di vivere che si insegna solo nella città santa.Il risultato di tale insegnamento è inaspettato: l’universo sarà pacificato. La pace universale, una sorta di “pax romana” estesa a tutto il mondo, è il frutto di un insegnamento prodigato nella città santa. Le armi sono saranno più utilizzate per fare la guerra, saranno trasformate per diventare strumenti agricoli. Invece di seminare la morte, saranno impiegati per nutrire la popolazione mondiale. Un modo molto semplice di risolvere il problema della fame nel mondo, e un modo che forse non ha perso niente della sua attualità. Tale è la vocazione di Gerusalemme, città il nome della quale contiene la radice “shalôm”, “pace”, in ebraico.
Un altro oracolo dello stesso Isaia, tuttavia, offre un altro volto, ben diverso, della città di Gerusalemme. Ecco il testo di Is 1,21-26:

Come mai la città fedele è divenuta una prostituta? Era piena di rettitudine, la giustizia vi dimorava, ma ora vi abitano gli assassini.

Il tuo argento è diventato scorie, il tuo vino è stato diluito con acqua.

I tuoi principi sono ribelli e compagni di ladri; tutti amano regali e corrono dietro alle ricompense. Non fanno giustizia all’orfano, e la causa della vedova non giunge davanti a loro.

Perciò il Signore, l’Eterno degli eserciti, il Potente d’Israele dice: “Ah, mi vendicherò dei miei avversari e farò vendetta dei miei nemici.
Metterò nuovamente la mia mano su di te, ti purificherò delle tue scorie come con la soda e rimuoverò tutto il tuo piombo.
Ristabilirò i tuoi giudici come erano all’inizio, e i tuoi consiglieri come erano al principio. Dopo questo, sarai chiamata” la città della giustizia”, “la città fedele”.

La Gerusalemme di quest’oracolo non è più sorgente di sapienza, di giustizia e di pace universale. Tutto all’opposto, è una città vergognosa. Il profeta accusa la città, ma soprattutto i suoi dirigenti. L’accusa principale è quella della corruzione: non vi è più niente di genuino e di autentico nella città, come vino adulterato. Il profeta se la prende in particolare con i giudici, vale a dire i governanti, che si lasciano comprare e rendono giustizia non secondo i principi dell’equità, bensì secondo i regali ricevuti. Sono i più deboli, i più inermi, le vedove e gli orfani, che sono le vittime della corruzione generale.

Le due descrizioni della stessa città di Gerusalemme si susseguono nel libro di Isaia senza spiegazione. Sono giustapposte come due pannelli dello stesso dipinto e offrono due visioni inconciliabili di Gerusalemme, la città santa. Da una parte il profeta descrive l’ideale, quello di una città degna del suo nome “città della pace”. Dall’altra, denuncia una realtà sconfortante e sconvolgente che provoca l’ira di Dio.


Le contraddizioni della città e delle sue mura
Protezione e dominazione

L’elemento che contraddistingue una città da un villaggio sono le sue mura. Una città è protetta da una cinta di mura che la mette al riparo degli attacchi dei nemici e dalle scorazzate dei banditi. Una delle parole ebraiche per designare la città, in opposizione alla borgata o al paese, è la parola “porta”, vale a dire la porta nella cinta di mura.

Gli abitanti dei villaggi non dispongono di tale protezione e sono alla mercé degli eserciti o delle bande di briganti. Perciò le popolazioni rurali fuggivano verso le città durante le invasioni o le razzie per mettersi al riparo dietro alle mura.

Le mura della città offrono quindi protezione alla popolazione propria e a quella della regione circondante. Può essere anche luogo di dominazione perché fa pagare la protezione offerta a chi ne beneficia. La città sfrutta la sua posizione per estendere il suo dominio ai suoi abitanti e ai dintorni. L’esercito che difende la città diventa strumento di potere e di supremazia. La popolazione vive nel timore dei nemici, e vive anche nel timore dell’esercito che la protegge. I due aspetti contrastanti sono illustrati da due salmi. Il primo, Salmo 48, è un canto di sollievo dopo un assedio mancato della città. Finisce il salmo con l’invito a contemplare le fortificazioni della città, garanzia della sua sicurezza (Sal 48,11-14):

Si rallegri il monte Sion, esultino le figlie di Giuda per i tuoi giudizi.

Fate il giro di Sion, visitatela, contate le sue torri,

osservate i suoi bastioni, ammirate i suoi palazzi, affinché possiate raccontarlo alla generazione futura.

Poiché questo Dio è il nostro Dio in eterno, sempre; egli sarà la nostra guida fino alla morte.
Il secondo salmo parla anche delle fortificazioni, però in un modo molto diverso (Sal 55,9-12):

Distruggi [i miei nemici], o Signore, confondi le loro lingue perché ho visto violenza e risse nella città.

Giorno e notte si aggirano sulle sue mura; dentro di essa vi sono malvagità e perversità.

Nel suo mezzo vi è cupidigia; oppressione e inganno sono di casa nelle sue vie.
Le sentinelle della città non sono garanti della sicurezza. Sono invece temibili e malevoli esseri, violenza e rissa. Fra gli abitanti occorre annoverare malvagità, perversità e cupidigia. Si aggirano come a casa loro oppressione e inganno, senza disturbo. L’immagine è sconfortante: nella città ove si cerca sicurezza s’incontra invece il peggio dell’umanità e si deve tenersi in guardia giorno e notte perché il pericolo non è fuori, è proprio dentro.


Amministrazione e corruzione

Altri due aspetti inseparabili della città sono presenti nella Bibbia. Da una parte la città è centro dell’amministrazione della giustizia e dell’organizzazione del territorio. Dall’altra è il luogo dove regna la corruzione e l’iniquità. Il Salmo 122 illustra il primo aspetto quando loda Gerusalemme come la città della pace e della giustizia (Sal 122,3-5):
Gerusalemme è costruita come una città ben compatta,
dove salgono le tribù, le tribù del Signore, per celebrare il nome del Signore.
Poiché là sono posti i troni per il giudizio, i troni della casa di Davide.
I pellegrini si recano alla città santa per celebrare le grandi feste, ad esempio le tre principali feste del calendario liturgico ebraico, Pasque, Pentecoste e la festa delle capanne in autunno. Vi si recano anche perché la città è centro di governo, di amministrazione e di giustizia. Chi ha un caso o una causa viene a Gerusalemme per sottometterlo ai giudici della casa di Davide. Come abbiamo visto, i giudici possono esercitare il loro mestiere secondo i principi dell’equità oppure lasciarsi corrompere dai ricchi e potenti. Il secondo caso è ben descritto dal profeta Geremia che è vissuto a Gerusalemme quando la città è stata conquista dai Babilonesi nel 587 a.C. L’oracolo di Geremia è molto severo (Ger 5,1-6):

Andate attorno per le vie di Gerusalemme: guardate e rendetevi conto, e cercate per le sue piazze se trovate un uomo, se ce n’è uno solo che pratichi la giustizia, che cerchi la verità, ed io la perdonerò.

Anche se dicono: “Il Signore vive”, certo giurano il falso.

O Signore, non sono i tuoi occhi per la verità? Tu li hai colpiti, ma non hanno sentito alcun dolore; li hai consumati, ma hanno rifiutato di ricevere la correzione. Essi hanno indurito la loro faccia più della roccia e hanno rifiutato di ritornare.

Perciò dissi: “Essi sono certamente poveri, sono insensati perché non conoscono la via del Signore, la legge del loro Dio.
Andrò quindi dai grandi e parlerò loro, perché essi conoscono la via del Signore, la legge del loro Dio”. Ma anch’essi insieme hanno spezzato il giogo e hanno rotto i legami.
Perciò il leone della foresta li uccide, il lupo del deserto li distrugge, il leopardo sta in agguato vicino alle loro città; chiunque esce da esse è sbranato, perché le loro trasgressioni sono numerose, le loro ribellioni sono aumentate.
 Il salmo accenna forse all’intercessione di Abramo (Gn 18,16-33) che ottiene la salvezza di Sodoma e Gomorra se vi si trovano dieci giusti. Nel caso di Gerusalemme, però, non vi si trova un solo giusto per salvare la città, né fra la gente semplice né fra la gente istruita. Inoltre, la popolazione della città ha rifiutato di imparare dalle lezioni della storia. Essa ha rifiutato di cambiare parere e condotta nonostante le chiare indicazioni date dalle esperienze dolorose del suo passato recente. Non vi è perciò speranza per la città di Gerusalemme che sarà condannata senza appello. La città che doveva essere simbolo della giustizia è diventata un covo di iniqui.

 Devozione e perversione
La città santa di Gerusalemme è centro religioso ove Salomone ha costruito il tempio del Signore. È centro di pellegrinaggi, di celebrazioni liturgiche e di insegnamento della Legge (Torà). Lì risiede il Dio d’Israele e regna sul suo popolo e su tutta la terra. Un oracolo della terza parte del libro di Isaia descrive l’arrivo di tutte le nazioni che verranno a venerare il Signore d’Israele nel suo tempio di Gerusalemme (Is 60,1-7):

«Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria del Signore è spuntata sopra di te!

Infatti, ecco, le tenebre coprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su di te sorge il Signore e la sua gloria appare su di te.

Le nazioni cammineranno alla tua luce, i re allo splendore della tua aurora.

Alza gli occhi e guàrdati attorno; tutti si radunano e vengono da te; i tuoi figli giungono da lontano, arrivano le tue figlie, portate in braccio.
Allora guarderai e sarai raggiante, il tuo cuore palpiterà forte e si allargherà, poiché l’abbondanza del mare si volgerà verso di te, la ricchezza delle nazioni verrà da te.
Una moltitudine di cammelli ti coprirà, dromedari di Madian e di Efa; quelli di Seba verranno tutti, portando oro e incenso, e proclamando le lodi del Signore.
Tutte le greggi di Chedar si raduneranno presso di te, i montoni di Nebaiot saranno al tuo servizio; saliranno sul mio altare come offerta gradita, e io onorerò la mia casa gloriosa.

 Gerusalemme sarà meta di pellegrinaggio non solo per il popolo eletto, bensì per tutti i popoli. Il solo vero Dio attira tutte le genti nel suo tempio che sarà, come dice Isaia 56,7, “una casa di preghiera per tutte le nazioni”.

Purtroppo, abbiamo l’altra faccia della medaglia in testi ove il profeta Isaia denuncia un culto usato come mezzo di propaganda e che non sfocia in un comportamento morale che corrisponda alle esigenze della vera religione (Is 1,10-16):

Ascoltate la parola del Signore, capi di Sodoma! Prestate orecchio alla legge del nostro Dio, popolo di Gomorra!

«Che m’importa dei vostri numerosi sacrifici?» Dice il SIGNORE; «io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri, io non lo gradisco.

Quando venite a presentarvi davanti a me, chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili?

Smettete di portare offerte inutili; l’incenso io lo detesto; e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni, io non posso sopportare l’iniquità unita all’assemblea solenne.
L’anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite; mi sono un peso che sono stanco di portare.
Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi; anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue.
Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male;
imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova!

 L’oracolo inizia in un modo sbalorditivo perché il profeta che si rivolge ai dirigenti della città di Gerusalemme li apostrofa come se fossero abitanti delle due città del Mar Morto che sono state distrutte a causa della loro malvagità e che sono diventate, nell’immaginario collettivo d’Israele, l’esempio per eccellenza del castigo divino riservato agli empi. Gerusalemme si fida della presenza del suo Dio nel tempio, onora il suo Dio con un culto sfarzoso, però dimentica i principi più elementari della giustizia in favore dei più deboli. Tutto per dire che Gerusalemme non vale di più delle città maledette di Sodoma e Gomorra.

Insomma, la città nella Bibbia è una realtà per lo meno ambigua che offre protezione e genera dominazione e sfruttamento; che è centro amministrativo e anche luogo privilegiato della corruzione; che si presenta come centro di vita religiosa, ma anche di perversione della religione.


La città nel Nuovo Testamento

La città nel Nuovo Testamento richiede un trattamento speciale, però occorre fugare subito la tentazione di opporre Antico e Nuovo Testamento come si fa in certi ambienti e di voler mostrare che alla città perversa dell’Antico Testamento si oppongono la città perfetta e la Gerusalemme celeste del Nuovo Testamento. Ricordiamo solo che Gesù piange sulla città di Gerusalemme in Luca 19,41-44, un testo che può essere paragonato a molti testi profetici dell’Antico Testamento[1].

Si deve dire che la città, nella Bibbia, non ha molte “lettere di raccomandazione” per essere vista in modo positivo. La prima città è costruita da Caino, il primo omicida e fratricida (Gn 4,17). La seconda città che s’incontra nell’universo è Babele, la città della confusione delle lingue (Gn 11,1-9). In seguito, si scende con Lot a Sodoma e Gomorra, esempio clamoroso della perversione morale (Gn 13,13; 19,1-29). Abbiamo visto che la stessa città di Gerusalemme è spesso condannata dai profeti per i suoi misfatti. Potremmo anche parlare di Samaria o di Givea, tristemente celebri (Gdc 19,1-30; Os 9,9; 10,9).

Come detto prima, la città di Gerusalemme continua a essere ambigua nel Nuovo Testamento. Da una parte è la città santa ove inizia e termina il vangelo di Luca. Dall’altra, è la città rifiuta il messaggio di salvezza e che, dopo aver accolto il suo re (cf. Mt 21,1-10; Mc 11,1-11; Lc 19,28-38; Gv 12,12-16) richiama e ottiene la sua crocefissione.

Vorrei dire solo due parole sulla città di Gerusalemme nel vangelo di Luca e negli Atti degli Apostoli. Il Vangelo di Luca, come si sa, inizia a Gerusalemme e finisce a Gerusalemme, mentre il Vangelo di Matteo inizia in Galilea e finisce in Galilea. Il Vangelo più radicato nella cultura ebraica, il vangelo di Matteo, non inizia a Gerusalemme ma in Galilea perché vuol mostrare che la buona notizia sarà annunziata a tutte le nazioni. Il vangelo di Luca, invece, che è stato scritto da un membro della diaspora, un ebreo di cultura ellenistica, sente il bisogno di ancorare il vangelo nella terra santa e, in particolare nella città santa di Gerusalemme. La fede cristiana non è una filosofia astratta o una morale atemporale. È una fede radicata in eventi precisi legati a un momento preciso della storia e a luoghi ben precisi. Per il vangelo di Luca, il perno della fede cristiana è da cercare a Gerusalemme e negli eventi che si sono svolti in quella città. A Gerusalemme, Gesù è stato arrestato, condannato, crocefisso, ed è risuscitato.
Per questo motivo, il vangelo di Luca inizia anche a Gerusalemme, con la visione di Zaccaria nel tempio, mentre offre un sacrificio. L’arcangelo Gabriele gli appare per annunziargli la nascita di un figlio, Giovanni Battista (Lc 1,5-25). L’ultimo episodio del vangelo di Luca ha lo stesso quadro: dopo la salita di Gesù in cielo, i discepoli tornano a Gerusalemme e stanno in preghiera nel tempio (Lc 24,50-53).
Inoltre, la parte principale del ministero di Gesù si svolge durante un lungo viaggio verso Gerusalemme, da Lc 9,51 fino a 19,28, vale a dire circa dieci capitoli sui ventiquattro del vangelo, un po’ meno della metà.
L’apparizione di Gesù ai discepoli di Emmaus conferma l’importanza di Gerusalemme nel terzo vangelo. La sera della risurrezione, i due discepoli si allontanano dalla città santa, scoraggiati e delusi. Gesù, però, cammina con loro, conversa, spiega il senso di quanto è avvenuto nei giorni precedenti rileggendo con loro le Scritture. Si ferma con loro nell’albergo per condividere un pasto, e lo riconoscono quando spezza il pane. Il racconto, tuttavia, non finisce qui. I discepoli tornano la stessa sera a Gerusalemme per ritrovare gli altri discepoli. Era essenziale ricomporre la comunità dei credenti. Tanto è vero che Gesù appare a tutto il gruppo appena i discepoli sono arrivati. Il significato dell’episodio è palese: Gesù risorto è presente nella comunità radunata a Gerusalemme[2]. Da lì, il risorto invia i discepoli in missione per tutto il mondo (Lc 24,44-49). Gerusalemme, in questo modo, diventa il centro di irradiazione della buona novella.
Gerusalemme, nel vangelo di Luca, non è un punto di arrivo. Diventa il punto di partenza di una missione che, in principio, si rivolge a tutte le nazioni. Abbiamo visto che l’Antico Testamento sogna di un pellegrinaggio di tutte le nazioni verso la città santa, ad esempio in Is 2,1-5 o Is 60,1-7. Alcuni testi sognano anche di un regno universale del Dio d’Israele che regna su tutta la terra dal suo tempio sacro (Sal 47,8; 93,2; 96,10; 97,1; 99,1; cf. Is 52,7). Il Nuovo Testamento raccoglie questo messaggio e fa di Gerusalemme un centro, però il centro di diffusione della buona notizia. Per questo motivo, gli Atti degli Apostoli, scritti dallo stesso Luca, iniziano a Gerusalemme e finiscono con la missione di Paolo a Roma. La conclusione degli Atti è insoddisfacente da diversi punti di vista. Paolo arriva a Roma per essere giudicato dall’imperatore. Come cittadino romano, ha il diritto di essere giudicato dalla giustizia imperiale. Non sapremo mai, però, quale sia stata la sentenza della corte. Non sapremo mai quale fu la sorte di Paolo. Sappiamo solo che “Paolo rimase due anni interi in una casa da lui presa in affitto, e riceveva tutti quelli che venivano a trovarlo, proclamando il regno di Dio e insegnando le cose relative al Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento” (Atti 28,30-31). Paolo è a Roma, centro dell’impero romano, e può predicare il vangelo senza impedimento. La buona notizia è arrivata nel centro del mondo conosciuto e nessuno impedisce che sia predicata. Con queste parole, Luca può concludere la sua opera. È giunto al “lieto fine” tanto sperato e non aggiunge niente altro.
Aggiungo una parola per dire che Gerusalemme non è l’unica città menzionata nel Nuovo Testamento. Si potrebbe parlare di Betlemme, Nazaret, Cafarnao, Cana o Cesarea di Filippi. Gesù Cristo nasce a Betlemme e muore a Gerusalemme, come il re Davide, suo antenato. Vive a Nazaret fino a trent’anni. La sua predicazione inizia a Cafarnao, presso il lago di Nazaret e il suo primo “segno” ha come quadro la piccola città di Cana. Pietro confessa la sua fede nel messia per la prima volta a Cesarea di Filippi. Fuorché Betlemme, le altre città appena menzionate sono pressoché sconosciute, soprattutto Nazaret che non è mai citata nell’Antico Testamento. Gesù Cristo, però, sarà, però, sempre chiamato il Nazareno o Gesù di Nazaret ed è il nome scritto sul titulusappeso sulla croce. Tanto è vero che, in arabo, la parola “nazareno” (nasri) significa “cristiano” ed è anche il caso in ebraico moderno (nori).
A proposito di Nazaret viene immediatamente in mente la riflessione di Natanaele nel vangelo di Giovanni: “Da Nazaret può venire qualche cosa di buono?” (Gv 1,46). Il resto del vangelo di Giovanni risponde alla domanda e spiega con dovizia di particolari qual è il “buono” che esce da Nazaret. Ciò significa che anche da luoghi senza storia, senza fama, senza fascino o senza lunga tradizione culturale o religiosa può uscire qualche cosa di nuovo e di decisivo per il destino dell’umanità. Vi sono probabilmente altre città che preparano novità e sorprese per il nostro mondo.

Conclusione

La parola greca “polis” che significa “città” è all’origine di diverse parole italiane, in particolare della parola “politica”. Se interpretiamo la parola “politica” a partire dalla sua etimologia, potremmo dire che essa significa costruire la città e renderla umana e vivibile. La politica è quindi una dimensione essenziale della nostra società. Ogni società o collettività vive di politica, vale a dire di un’idea della vita in comune, nella città. Ogni società ha un suo progetto.

L’Unione Europea, per parlare di una realtà che ci è vicina, aveva ai suoi inizi un progetto “politico”: riconciliare le grandi nazioni europee che si erano combattute in guerre sanguinose, in gran parte per motivi economici, soprattutto per il carbone e l’acciaio. Mettendo insieme le risorse economiche e creando un “mercato comune”, si cercava di creare una “comunità europea”. Il progetto economico era al servizio di un progetto politico. In altre parole, si voleva creare una città comune ove in nemici di una volta collaborassero invece di combattersi.

Nel corso degli anni, tuttavia, si è pensato sempre di più al progetto economico, alla creazione di un mercato sempre più esteso, si è pensato molto ad agevolare la circolazione dei beni e delle persone per favorire l’economia. E si è dimenticato il progetto politico iniziale, quello di creare una “comunità europea” che condividesse valori comuni e creasse una cultura comune.

Le Scritture in genere e il vangelo il particolare ci ricordano qual è la vocazione della città: è un centro dove confluiscono le nazioni per trovare una “cultura di pace”, come in Is 2,1-5, e un centro dal quale si parte per portare ai confini della terra un senso dei valori fondamentali. In seguito, si riparte dalla città per ridistribuire e condividere le ricchezze ricevute, non solo economiche, ma soprattutto umane.

[1]Si vedano, ad esempio, le reminiscenze bibliche di Is 29,3; 37,33; Ger 1,15-16; 4,16-17; 52,4-5; Ez 4,1-3; 21,27 nel v. 43; di Os 10,14; Na 3,10; Sal 137,9 nel v. 44.
[2]Una idea simile è presente in Matteo 18,20: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”.
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