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Foglietto 13 maggio 2012 (Famiglie Visitazione)

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Giovanni 15, 9-17
1) Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi: il testo di questa domenica è la prosecuzione di quello di domenica scorsa. Il Padre, come domenica scorsa, è l’attore principale, dalla relazione Padre-Figlio discende quella Gesù-discepolo.
2) Rimanete nel mio amore: ritorna il tema dei tralci e della vite, ma qui si mette in evidenza non solo il restare saldi nella fede in Gesù. Prima c’è l’amore di Gesù; prevenuti da questo amore i discepoli possono restare in questo amore.

3) Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore: “osservare” ha due sfumature di significato, quella di serbare con cura, custodire e quella di adempiere, non trasgredire. Tutto parte dall’amore di Gesù che precede la volontà del discepolo: l’espressione “se osserverete” non rappresenta una condizione (solo chi osserva poi può rimanere), ma l’amore per Figlio e la custodia delle sue parole sono conseguenza l’uno dell’altra. Non si tratta di un amore sentimentale, è un amore che porta ad un’adesione oggettiva ai suoi comandamenti.
4) Vi ho detto queste cose perché la mia gioia (lett: la gioia quella mia) sia in voi e la vostra gioia sia piena: il “rimanere nell’amore” entra profondamente nell’intimo del discepolo, diventa gioia piena, perché è comunicazione della gioia di Gesù, una gioia più forte della prova e del dolore: ora siete nel dolore ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia (Gv16,22).
5) Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi: non si parla più di comandamenti al plurale, questo è il più importante.
6) Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la sua vita per i propri amici: Gesù parla di se stesso e indica la misura dell’amore a cui chiama i suoi discepoli.
7) Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando: il discorso sembra contraddittorio, per essere amici bisogna essere servi. Certo la relazione non è paritaria, Gesù non presenta se stesso come amico. Ma, aggiunge Gesù, il servo non sa quello che fa il suo padrone, mentre lui ha rivelato tutto ai suoi amici: tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Quello che era un privilegio di Mosè (Es 33,11: Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico) adesso diventa possibile per tutti i discepoli.
8) Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi: è l’elezione la base della relazione dei discepoli con Gesù, una elezione che non ha lo scopo di escludere altri. Come Israele, il popolo eletto, doveva essere testimone presso tutti i popoli (Is 55,5: Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio), così i discepoli: vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto. Le genti saranno chiamate dalla testimonianza dell’amore data dai discepoli, che è il frutto che loro devono portare: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35).

Atti 10,25-27.34-35.44-48
1) La prima parte di questo capitolo degli Atti, non compresa nel testo liturgico, è dedicata alla chiamata alla salvezza di un pagano: il centurione Cornelio. Israele ha ricevuto per primo la Parola di Dio che annunciava la salvezza universale ora realizzata in Gesù Cristo nel quale tutta l’umanità divisa si ricompone: il vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del giudeo prima come del greco (Rm 1,16). Cornelio è la primizia e contiene in sé, nel mistero, il compimento delle promesse di Dio, cioè la salvezza universale.
2) Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi… Pietro lo rialzò dicendo: “alzati, anch’io sono un uomo!”: qui è sottolineata l’umiltà di Pietro, la consapevolezza della sua piccolezza e della grandezza e potenza di Dio: perché solo davanti a Dio ci si può prostrare, solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi. (Sal 100,3; cfr. Ap 19,10; Ap 22,9).
3) Continuando a conversare con lui, entrò, e trovate riunite molte persone: l’apostolo entra nella casa di un pagano e non vi sarebbe mai entrato senza un segno preciso dal cielo (vv 15-17 non compresi nel testo liturgico). I contatti tra ebrei e pagani comportavano una serie di problemi e quello che Pietro compie è un gesto di “conversione” per cui lascia ciò a cui la tradizione e la Legge l’avevano educato. Quello che Pietro incontra è il germe della chiesa universale che comprende la chiesa dei gentili.
4) Pietro allora prese la parola e disse: “in verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme… a qualunque nazione appartenga”: Pietro apre il suo discorso con una confessione straordinaria, non “ovvia” per un membro del popolo eletto (v. vv 28-29 non compresi nel testo liturgico) che trae luce dalle parole della Scrittura: così dice il Signore: «…Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi,… li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. … Perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli». (Is. 56,6-7). Infati: Ora…, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. … Tutti … sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. … L’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge. Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti! (Rm 3,21-29).
5) Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese: Lo Spirito previene ed incalza Pietro che è chiamato a discernere, accogliere ed ad assecondare la volontà divina con docilità e rendimento di grazie. Il vento dello Spirito dissipa ogni incertezza di Pietro.
6) Allora Pietro disse: “chi può impedire che siano battezzati?”: Pietro con il battesimo di Cornelio ammette il primo pagano a pieno titolo nella grande chiesa di Dio. Resta a Pietro il compito di spiegare alla comunità (forse preoccupata) quanto è avvenuto per volontà di Dio. Si è posti di fronte ad una “doppia conversione”: quella di Cornelio ed anche quella di Pietro! Il vero “autore” è l’amore misericordioso di Dio Padre che apre una via ed abbatte le parzialità e le disunioni che la durezza del cuore umano continuamente crea e pone ad ostacolo della piena comunione fra tutti.

1Giovanni 4,7-10
1) Carissimi, amiamoci gli uni gli altri: i figli di Dio si distinguono nel mondo perché praticano la giustizia e si manifestano amore vicendevolmente. Avendo conosciuto l'amore di Gesù che ha dato la sua vita per loro, i figli di Dio danno la vita per i fratelli. I figli di Dio non amano a parole e con la lingua, ma con le opere e nella verità e se hanno ricchezze e vedono il proprio fratello nel bisogno, non gli chiudono il loro cuore. La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. (At 4,32 ss.).
2) Perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio: i figli di Dio sono stati amati dal Padre per primo. I figli, amati enormemente da Dio, contraccambiano l'amore ricevuto amando il Padre con tutto il cuore e con tutta la vita e si amano vicendevolmente e amano tutti gli uomini. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: io amo Dio, e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello. (1Gv 4,19ss.).
3) Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore: l'amore non è una delle tante caratteristiche di Dio, ma è invece la pienezza del suo manifestarsi al mondo. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. (Gv 3,16).

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Avverto nella Parola che questa domenica, come nella precedente, occupa interamente la Liturgia, un grande invito a reimpostare il percorso educativo della sapienza cristiana secondo il primato dell’amore. L’interessante della Parola di oggi è che non si vuole porre il comandamento dell’amore come solo e isolato. Si parla esplicitamente di comandamenti, si arriva ad affermare che lo stesso Gesù ha osservato i comandamenti del Padre, e a dire con grande franchezza che l’osservanza dei comandamenti è la via per rimanere nell’amore. Ma, appunto, l’amore è il cuore di tutto. I comandamenti sono le grandi vie dell’amore, ma per questo non possono essere “isolati” dall’amore. Se l’osservanza dei comandamenti non è generata, condotta e finalizzata secondo l’egemonia dell’amore, non ha più la sua ragione fondante e il suo valore sostanziale. Se manca questo “incentramento” di tutto nell’amore, i comandamenti possono essere addirittura causa e luogo della negazione dell’amore.
La stessa parola “verità” è esposta in questo senso a grandi pericoli. In nome della “verità” si sono commessi terribili misfatti! Mi piace molto l’inserzione nella Liturgia di oggi del testo degli Atti. Qui si colgono con chiarezza due elementi essenziali della dottrina dell’amore. Innanzi tutto la totale libertà di Dio nel chiamare al suo mistero d’amore le persone, indipendentemente dalle loro appartenenze etniche e culturali, e dalla loro stessa storia. Pietro sente di non poter far altro che accettare l’elezione d’amore di Dio nei confronti di Cornelio. E poi, meravigliosa, la precedenza dell’azione amante di Dio, che indica come ci si debba comportare conseguentemente.
Il dono dello Spirito rende ovvio il fatto che quelli che l’hanno ricevuto vengano battezzati! Questo amore che dal Padre a Gesù e da Gesù a noi, si effonde e si dilata, portando la vita(!) all’umanità – perché senza l’amore la vita non è vita! – oggi viene annunciato anche come fonte della gioia: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”! L’amore è la gioia dell’umanità, e come tale può entrare anche nelle vicende più dolorose: si scopre allora un segreto di gioia che non si arresta mai. L’amore viene annunciato anche come principio e orizzonte di libertà. Avendo ricevuto il dono dell’amore non siamo più servi, dove l’essere servo significa non sapere quello che fa il padrone. Ora siamo chiamati “amici”, perché veniamo sempre più informati e formati in quell’amore che ha nella Pasqua di Gesù la sua suprema rivelazione e la sua piena attuazione. E come per Lui, anche per noi. L’amore diventa allora la sapienza e la gioia del dare la vita. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici, dove gli amici sono tutti coloro che vengono coinvolti nell’unica grande avventura dell’amore di Dio donato all’umanità.

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