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La parola della domenica (23 ottobre 2011) - Casati

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Es. 22, 21-27
Sal 17
1Ts 1, 5-10
Mt 22,34-40


Se qualcuno di noi avesse la pazienza di leggere questo episodio del Vangelo nella redazione di Marco, noterebbe una diversità trasparente: nel Vangelo di Marco Gesù viene avvicinato da uno scriba, e c'è una sintonia, piena di calore, immediata tra i due interlocutori: "Hai detto bene, Maestro" dice lo scriba; "Non sei lontano dal Regno di Dio" dice Gesù. Nel Vangelo di Matteo invece l'episodio è collocato in un clima di dispute, "si riunirono insieme" -è scritto-; ma era una riunione complotto, "per metterlo alla prova", per trarlo in inganno. Riunirsi -capite- per escludere. Siamo in un clima di esclusione. E in un clima di esclusione la domanda teologica -le belle dispute- sul "grande precetto", sulla regola d'oro. Si parla di Dio, della Torah, della legge, mentre si complotta contro l'inviato di Dio! Siamo nella dissociazione più stridente, in una sorta di schizofrenia religiosa. La separazione fede-vita, Dio-prossimo, il giorno di festa con i discorsi in chiesa, i giorni feriali con i discorsi della vita. La separazione o il congiungimento? Gesù, nella risposta all'interrogativo sul grande precetto, va nella direzione del congiungimento: del congiungimento dei due precetti, che già erano presenti e venerati nella tradizione ebraica, il primo scritto nel libro del Deuteronomio, il secondo nel libro del Levitico.
Il primo, che riguarda Dio, fa parte della preghiera "Shema' Jisra'el" -ascolta Israele- che ogni ebreo osservante recita tre volte al giorno. Il secondo comandamento "Amerai il prossimo tuo come te stesso" appartiene al libro del Levitico. Ebbene, sul primo comandamento i farisei non mettevano dubbi, non facevano obbiezioni: "Dio va amato con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente...". Costa così poco amarlo, se Dio lo separi dalla vita, se lo sequestri in qualche preghiera o in qualche chiesa. Ma come puoi dire di amare Dio che non vedi, se non ami il prossimo che vedi? Secondo la più pura tradizione ebraica, espressa da uno dei più grandi filosofi del nostro tempo Emmanuel Levinas, "è nel volto dell'altro che Egli (Dio) mi viene "allo spirito" e cade "sotto il senso"". Dio entra in relazione con me per mezzo di una parola espressa nel volto dell'altro. Ci stiamo abituando, a poco a poco, dopo secoli, a capire che Dio entra in relazione con noi mediante la parola espressa nei libri sacri. Ora dobbiamo incominciare a capire che Dio entra in relazione con noi anche mediante un'altra parola, quella espressa nel volto dell'altro. Voi mi capite, il volto dell'altro come altro libro, altro libro sacro da leggere. Non separiamo un libro, la Bibbia, dall'altro, il volto. Il secondo comandamento, quello che riguarda il prossimo, non è diverso, di una stoffa diversa del primo. Gesù dice: "È simile al primo", della stessa stoffa, è terra sacra come il primo, vale a dire: nell'altro c'è una traccia di Dio. Il libro dell'Esodo oggi ci ha ricordato che chiamare in causa l'altro è chiamare in causa Dio. "Se tu lo maltratti" -se maltratti quelli che nessuno difende: la vedova, l'orfano, lo straniero- "quando invocherà da me l'aiuto, io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada". Sì -sembra dire Dio- voi avete la vostra giustizia, la giustizia che ti induce a prendere in pegno il mantello dell'altro. Ma ricordati, c'è un'altra giustizia, la mia, scritta sul volto dell'altro. E tu quel mantello "glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle: come potrebbe coprirsi dormendo?". Mi viene spontaneo paragonare quel mantello, quella coperta alla nostra giustizia. Non sarà -me lo chiedo- che siamo arrivati al punto di tirare, come individui, come gruppi sociali e come popoli, di tirare la coperta sempre dalla nostra parte, senza pensare che, se la tiriamo così spudoratamente dalla nostra parte, gioco forza è che qualcuno -troppi anzi- rimangono nudi, scoperti? "Ogni giorno" -scriveva un documento pontificio- "ogni giorno nel mondo 34 mila bambini muoiono di fame". Non sarà -me lo chiedo- non sarà perché abbiamo tirato troppo la coperta dalla nostra parte?

Fonte: sullasoglia
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