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EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO - 8 (Paola Radif - Il Cittadino)

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Capitolo 3° (Terza Parte)
Proseguendo nell’analisi del compito educativo, i vescovi italiani constatano che la credibilità dell’educatore è costantemente messa alla prova e pertanto va ogni volta riconquistata. Si fa presente inoltre che i ragazzi accolgono l’azione educativa quando essa “è volta non solo al sapere, ma anche al fare e alla valorizzazione delle loro capacità”. Il fatto che l’esperienza riesca a catturare il loro interesse è dimostrato anche dall’entusiasmo con cui essi si lasciano coinvolgere come gruppo in servizi verso gli altri. Nel mondo dei ragazzi è rilevante la qualità del rapporto con l’educatore mentre gli adolescenti, che oscillano tra entusiasmo e scoraggiamento, godono dell’amicizia e aspirano a rendersi autonomi dagli adulti, hanno bisogno di educatori pazienti che li accompagnino verso una progressiva scelta responsabile e libera.
Particolare attenzione viene qui dedicata ai giovani, che in gran parte manifestano disagio per la mancanza di valori e ideali. C’è in loro una grande sete di significato ed è di qui che può muovere il processo educativo, per aiutarli a scoprire, ciascuno in tempi e modi diversi, che solo Dio placa pienamente questa sete.
Lo stesso papa Benedetto XVI riconosce quanto sia difficile oggi per un giovane vivere da cristiano e pertanto indica agli educatori per così dire l’argomento con cui far breccia nei loro cuori: “attirare l’attenzione sulla scelta di Dio, che è la vita. Sul fatto che Dio c’è. E insegnare l’amicizia con Gesù Cristo”.
L’incontro con Gesù, meta di questo cammino, avviene riconoscendolo come Figlio di Dio e Salvatore, vivendo l’appartenenza alla Chiesa nell’approfondimento delle Scritture, nella preghiera, nella partecipazione all’Eucaristia, pronti ad accogliere le indicazioni della morale, disponibili alla fraternità verso tutti e alla testimonianza.

Importanti per i giovani sono le esperienze portate avanti nei gruppi, dove imparano a conoscersi e a stimarsi non solo per quello che si fa ma soprattutto per quello che si è. In essi spesso maturano le scelte vocazionali sia verso una vita di consacrazione ministeriale o missionaria, sia verso una vita di famiglia nel matrimonio cristiano.
I giovani sono preziosi per la Chiesa, per questo la comunità cristiana si rivolge a loro con speranza, li conosce, li cerca e li stima.
Poiché l’opera educativa si esercita all’interno delle relazioni, sono tanti gli ambiti che offrono spunti e stimoli, dal mondo del lavoro, alla festa, alla tradizione, utili per avviare occasioni d’incontro e di scambio fecondo.
Per suscitare una nuova generazione di cristiani dediti all’opera educativa assume notevole rilevanza la formazione di sacerdoti, diaconi e seminaristi che, per la loro vicinanza alle famiglie, sono per eccellenza i formatori dei formatori.

Filo diretto col catechista
In questa parte del documento si pone la massima attenzione agli educatori e alla loro formazione.
Di fronte alle esigenze e alle attese del mondo giovanile la prima domanda da farsi è: “I formatori sono sufficientemente e adeguatamente formati per il loro compito”?
E la seconda è: “Tutto quello che si richiede ai ragazzi che intraprendono il cammino di cristiani (fede, preghiera, lettura della Bibbia, Eucaristia, stile fraterno, testimonianza) è vissuto in prima persona dal catechista/formatore?”. Siamo pienamente dentro il documento di Paolo VI, “Evangelii Nuntiandi”, che risale al 1975: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”, con quel che segue.
A partire da un esame del proprio stile di vita i catechisti troveranno nuovo slancio e modalità ogni volta originali per costruire relazioni che permettano un’efficace opera educativa.
Paola Radif
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