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Caro Diogneto - 27 (JESUS, marzo 2011 Enzo Bianchi)

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IL LIEVITO DEI FARISEI
Dopo la seconda moltiplicazione dei pani e prima della confessione di Pietro, Gesù sulla barca rivolge ai suoi discepoli una parola apparentemente strana, di cui è difficile cogliere subito la portata: “Guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei” (Lc 16.6). Cosa mai potrà essere il lievito dei farisei nel loro essere comunità, visto anche che non hanno con sé alcun pane. Il lievito: nient’altro che un po’ di pasta fermentata che, mescolata con altra pasta, ne provoca la lievitazione. Eppure, è un fenomeno da osservare e meditare, quello della fermentazione: la pasta si gonfia, cresce di volume, si riscalda, appare moltiplicata e addirittura muta consistenza, è pronta per essere fatta pane, cibo buono per gli uomini che se ne nutrono. Gesù ha fatto ricorso all’immagine del lievito anche per indicare la dinamica del regno di Dio che lui è venuto ad annunciare e inaugurare: “Il regno dei cieli si può paragonare al lievito che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta la pasta si fermenti” (Mt 13,33).

Proprio questa dinamica nascosta del lievito del regno è presente e opera nella vita di coloro che cercano di seguire Gesù, così come è presente il rischio dell’altro lievito, quello dei farisei e dei sadducei, cioè degli uomini religiosi: sacerdoti, scribi, quelli che apparivano come i più qualificati appartenenti al popolo di Dio, le sue guide e pastori. Costoro – ai quali Gesù lancerà dei “guai!” (cf. Mt 23,13-32), perché “annullano le parole di Dio in nome della loro tradizione” (cf. Mt 15,6) – si mostreranno nemici di Gesù fino a perseguitarlo e a condannarlo a morte come bestemmiatore della religione loro e dei padri. Qual è allora questo lievito da cui i cristiani devono ancora guardarsi? È un lievito presente anche nella comunità ecclesiale: alberga tra i cristiani, soprattutto quando si organizzano in gruppi, confraternite, compagnie e dispiegano i loro fermenti negli spazi ecclesiali.
Il lievito di farisei e sadducei è uno zelo religioso che, anziché potenziare la vita, perverte, schiaccia. Lo zelo capovolge la volontà del Signore: il sabato non è più fatto per l’uomo, un’istituzione al suo servizio, ma diviene un peso che l’uomo deve servire. Ma questo lievito ha una grande efficacia, riesce a fermentare la pasta con elementi contraddittori al Vangelo e ad avvelenare la vita cristiana: riti, pratiche, prescrizioni sono imposte e pretendono una conformità scissa dal fine ultimo di ogni disposizione cristiana: vivere pienamente nella libertà voluta da Cristo e nell’autenticità che il Vangelo esige.

Il lievito dei farisei è all’opera quando nella chiesa alcuni avvelenano la comunione e mortificano i carismi con censure e proibizioni verso gli uni e con enfatizzazioni nei confronti di altri; quando si persegue non la cura delle anime ma l’esercizio di un potere: si arriva così a negare la parola in assemblee ecclesiali a cristiani che hanno mostrato per tutta la vita una dedizione evangelica, a volte in modo profetico, mentre si dà voce a chi si dichiara non cristiano ma “serve” alla tattica ecclesiale contingente.
Lievito dei farisei nella chiesa è anche la tendenza sotterranea a squalificare cristiani di solida dottrina e di fedeltà provata solo perché prefigurano una diversa modalità di presenza della chiesa nel mondo: si sollevano sospetti, si lanciano calunnie nascondendosi nell’ombra, si accusa con menzogne, sapendo che ciò che resta è la denuncia, mentre la smentita passerà inosservata... Per queste battaglie contro l’una o l’altra personalità ecclesiale ci si serve persino di giornalisti compiacenti, esecutori di una lotta che contraddice la vita cristiana, la logica della verità e della mitezza.
Lievito dei farisei è il voler sempre il primato della legge sulla misericordia, il pretendere che il proprio potere, anche quando è esercitato senza confronto con il Vangelo di Cristo, sia esentato da ogni giudizio e accolto con muta obbedienza.
Il lievito dei farisei fermenta quando la comunicazione nella chiesa abbandona il “sì, sì; no, no” raccomandato da Gesù, ignora la parresia e il coraggio e usa espressioni obbedienti a logiche mondane e bramose di garanzie per la chiesa, per il suo “ben-essere”, il suo “contare” nella società.
Il lievito dei farisei è all’opera in coloro che si ergono volentieri a esempio per gli altri e si attribuiscono il compito di mostrare “a fin di bene” le loro virtù, esibendo le loro opere e ottenendo consenso e ammirazione. Proprio la paura di manifestare quello che si è in verità, genera l’identificazione con la funzione svolta e il ruolo ricoperto: schizofrenia spirituale che è fonte di divisione e di falsità.

Sì, è necessario vigilare perché il lievito dei farisei è contagioso. Con profonda tristezza vediamo che perfino l’eucarestia – pane azzimo e luogo di comunione – quando è abitata da questo lievito diventa luogo di conflitto e di divisione nella chiesa, come accade in questi anni. La tentazione da respingere è allora quella di arrendersi di fronte all’immissione nella chiesa e in noi, in ciascuno di noi, di questo lievito così tragicamente efficace.
 ENZO BIANCHI

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