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XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) 14 Novembre 2010 Famiglie della Visitazione

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Luca 21,5-19
In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

1) Parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votive: Erode il Grande aveva avviato molti anni prima un opera di restauro a ampliamento del tempio; da qui forse gli apprezzamenti uditi da Gesù. Anche il tempio riportato allo splendore è destinato alla distruzione: Gesù inizia così il suo discorso sulla fine dei tempi, nell’imminenza ormai della sua passione.
2) Non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta: nei vangeli il Signore stabilisce un legame tra il suo corpo e il tempio: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Gv 2,19). Quella frase diventa parte dell’accusa durante il processo e oggetto di scherno durante l’agonia sulla croce. La Pasqua di Gesù a Gerusalemme è l’inizio di un tempo nuovo, è la “fine dei tempi”; lo squarciarsi del velo del tempio subito dopo la morte di Gesù segna il passaggio dalla vecchia economia del tempio di pietre a quella nuova del culto spirituale.
3) Badate di non lasciarvi ingannare: alla domanda dei discepoli sul “quando”, il Signore risponde con l’ammonimento a non aspettare cose sensazionali, ma a stare, senza aver paura, con occhio vigile, dentro le vicende della storia, a tutte le sue contraddizioni, anche le più violente.
4) Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno: non ci sarà nessuna scorciatoia verso una liberazione illusoria; al contrario, il discepolo di Gesù in questi tempi ultimi è chiamato a sperimentare il rifiuto e la persecuzione che Gesù ha subito: se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15, 20).
5) Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa: i discepoli di Gesù rendono presente nella storia il disegno di salvezza che Gesù ha inaugurato con la sua Pasqua. La forza di questa testimonianza non deriva da una particolare intelligenza o forza dei discepoli, ma dal loro affidamento alla potenza della Parola e alla sapienza (vi darò parola e sapienza) date da Gesù.
6) Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli: traditi significa anche consegnati; la vita del discepolo è soggetta a questo “essere traditi” perché, a immagine di Gesù, la piena realizzazione della vita del discepolo sta nel porla, nel consegnarla. Questo vale per tutti nella vita ordinaria, nelle “consegne” di tutti i giorni; per alcuni potrà arrivare alla consegna suprema del martirio.
7) Con la vostra perseveranza (lett: il vostro rimanere sotto, la vostra pazienza) salverete la vostra vita: rimanere sotto, portare da sotto, a immagine del Signore che porta la Croce, è la chiave segreta della vita del discepolo di Gesù in questi tempi ultimi. La potenza regale (re = colui che regge) e mite del Crocifisso è l’unica vera potenza salvifica.


 Malachia 3,19-20a
19Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
20Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

1) Per la comprensione del brano è utile risalire ai versetti che lo precedono, dai quali emerge che il Signore sta rispondendo a quelli che Lui stesso definisce come: “Voi che avete timore del mio nome” (v 20a). Sono proprio loro che contestano Dio e affermano: “È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall'aver osservato i suoi comandamenti o dall'aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti?” (v 14); infatti vedono che i superbi, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti” (v 15). Sembra che le sofferenze e le buone azioni dei giusti siano vane, ma non è così. Dio promette di capovolgere le sorti dei giusti: “Essi diverranno - dice il Signore degli eserciti - la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo. Avrò cura di loro come il padre ha cura del figlio che lo serve. Voi allora di nuovo vedrete la differenza fra il giusto e il malvagio, fra chi serve Dio e chi non lo serve” (vv 17-18). Il tema è quello della sorte dei giusti e degli empi nel giorno del Signore, come attestato anche dal salmo responsoriale: Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, Non così, non così i malvagi, ma come pula che il vento disperde; poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina. (Sal 1,1-2.4.6).
2) Sta per venire il Giorno: il giorno di cui parla il nostro brano è il giorno del Signore, il giorno cioè nel quale Dio si manifesterà nel pieno della sua potenza e della sua gloria. Per i nemici d’Israele e per il popolo infedele questo intervento di Dio sarà condanna e castigo (cfr. Is 2,12).
3) Rovente come un forno: il forno è quel braciere fumante, con il quale il Signore conclude un’alleanza con Abramo (Gen 15,17). La giustizia di Dio è come un fuoco che brucerà tutti i superbi e tutti quelli che commettono ingiustizia. Isaia profetizza questa purificazione con il fuoco da parte del Signore nei confronti di Gerusalemme: Il forte diverrà come stoppa, la sua opera come una favilla; bruceranno tutte e due insieme e nessuno le spegnerà (Is 1,31).
4) Il Signore degli eserciti: è il Cristo Pantocratore (greco: che tiene in mano tutte le cose), un soggetto tipico delle icone e dell'arte bizantina soprattutto presente nei mosaici ed affreschi absidali (in Italia, ad esempio nelle chiese ravennati, v. chiesa di San Vitale). Egli è ritratto in atteggiamento maestoso e severo, seduto su un trono, nell'atto di benedire con le tre dita della mano destra, secondo l'uso ortodosso.
5) Fino a non lasciare loro né radice né germoglio: radice e germoglio sono parole presenti nell’annunzio messianico del profeta Isaia: Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse… in quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli (Is 11,1.10). “Non lasciare loro né radice né germoglio” equivale a sancire l’esclusione dalla salvezza messianica.

 2Tessalonicési 3,7-1
7Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, 8né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
9Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. 10E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
11Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. 12A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

1) Dovete prenderci a modello… non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi: Paolo chiede ai Tessalonicesi di imitare il bene e non il male. Invita a tenersi a distanza da ogni fratello che vive nell’ozio. Il modello da imitare è Gesù. Diventate miei imitatori, come a mia volta io sono di Cristo (1Cor 11,1).
2) Non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi,né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente…: la fatica e il travaglio della vita buona di Paolo è già essa stessa strumento di amore e annuncio del Vangelo. Voi ricordate fratelli il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio (1Ts 2,9).
3) non che non ne avessimo diritto…: Paolo avrebbe potuto non lavorare; infatti, chi lavora ha diritto al suo nutrimento (Mt 10,10). Il lavoro di annunciare il Vangelo non rende Paolo esente dalla normalità del lavoro per procurarsi il cibo. Lo stesso zelo che si applica alla predicazione e alla preghiera viene usato per il lavoro: Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte (Sal 87,2). La condizione di normalità e di condivisione della fatica di ogni uomo è indispensabile all’annuncio.
4) Alcuni fra voi vivono una vita disordinata…: questi fratelli irrequieti e curiosi, che camminano disordinatamente, che vorrebbero mangiare senza lavorare, sono invitati ad accettare la fatica con pace e a non stancarsi di fare il bene.


SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

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Una considerazione “apocalittica” sulla fine del mondo, quale emerge dalle Scritture di questa penultima domenica dell’anno liturgico, non è estranea in realtà neppure alle stesse teorie scientifiche, le quali prevedono un mondo con risorse ben limitate nel tempo e nello spazio.
Ci sono almeno tre ipotesi di intendere la fine del mondo.
Quella trionfalistica, in cui prevale una fiducia pressoché illimitata nel progresso delle nostre possibilità tecnologiche e scientifiche il benessere. Quella catastrofica, che prevede la drammatica e rapida scomparsa del nostro mondo.
La terza è la nostra, che potremmo definire “l’apocalisse dell’amore”. Per Paolo, come leggiamo nella lettera ai suoi fratelli di Tessalonica, l’apocalisse è la storia nuova, in cui ognuno fa la sua parte, il suo dovere, in una vita laboriosa e quieta, in profonda solidarietà con tutti i poveri del mondo. Il nostro amico Stefano Zamagni, commentando la Caritas in veritate di Benedetto XVI, dice che, rispetto a tutto il pensiero precedente, Francesco d’Assisi pone un elemento rivoluzionario: che ciò che è vero è condizionato dal bene; infatti non è detto che tutto quel che è vero sia bene. L’apocalisse è l’amore evangelico, più forte di tutto. Certo, ancora ci sono elementi di giudizio, di condanna, di esclusione. Ho visto recentemente una fotografia che ritrae due gay che si baciano, al passaggio del Papa in automobile. Il cristianesimo impone che bisogna dire a tutti che sono amati. I cristiani non possono accettare alcuna forma di esclusione o privilegio. La croce è come il pianto di Dio, che denuncia il nostro non volerci bene. Il ritorno del Signore, secondo la prima lettera ai Corinti, è un mondo in cui tutto si ricapitola in Cristo e in Dio, che è amore.


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