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Educare alla fede nella catechesi (2) Paola Radif Il Cittadino

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Educare alla fede nella catechesi
I compiti della catechesi
Compiti specifici

Dopo aver ricordato i compiti generali della catechesi vogliamo considerarne i compiti specifici, cioè quelli che maggiormente definiscono l’attività del catechista.
Chi, per varie vie e con la necessaria formazione, si affaccia al mondo del catechismo parte con tutte le buone intenzioni di portare ai bambini un annuncio: la notizia di un Dio che nella sua grandezza ha scelto di farsi piccolo, vicino a ciascuno in maniera personale, per accompagnare, aiutare, indicare come vivere, vivendo lui stesso l’amore nella misura più alta.
Per costruire un incontro di catechismo si possono utilizzare vari metodi. Si potrà partire da una parola, da un passo del vangelo, da un fatto di cronaca, da una foto, da una poesia, da una preghiera…Ma sta al catechista sviluppare una traccia che favorisca il dialogo e lo indirizzi a una conclusione precisa. “Purché in ogni maniera Cristo venga annunziato” direbbe S.Paolo (Fil 1,18). Ed è proprio così. Il catechista ha a cuore l’annuncio di Gesù e questo egli fa in ogni occasione, con i mezzi a disposizione, con le parole e con la sua stessa testimonianza di cristiano.
Esposto con chiarezza il kérigma, cioè il nocciolo della fede cristiana che è, lo ricordiamo, il mistero di Gesù, morto e risorto, il cammino catechistico si fa articolato, ricco di tappe significative per un’opportuna riflessione, sui passi di Cristo stesso. Gesù nasce, è bambino, fragile, indifeso, povero. Una volta adulto, la sua presenza si fa importante, incisiva, provocatoria. Dice cose nuove, che sono valide non solo per i contemporanei ma per ogni tempo della storia.
Ecco allora il compito del catechista, che è quello di proporre Gesù principalmente sotto tre aspetti: come maestro, come modello e come amico.
Un maestro s’impone con la sua dottrina, la sua intelligenza, i contenuti che trasmette, l’abilità nel farsi ascoltare, fino a diventare un modello convincente da imitare. Questo è quanto dovrebbe accadere durante il percorso di fede nel quale il catechista è l’intermediario tra il messaggio e il destinatario.
In effetti, quando ci rendiamo conto che il nostro modello, Cristo, corrisponde proprio alle aspettative e si fa interprete delle speranze il legame maestro-discepolo si rafforza e cambia connotati: ora Gesù assomiglia ai nostri amici più cari, quelli a cui ci legano stima, rispetto, affetto, fiducia. Gesù è l’Amico per la vita. All’incontro con questo amico fedele è il catechista, talvolta insieme ai genitori, che accompagna per primo.
Il compito del catechista progressivamente si diversifica, comprende sempre nuove sfaccettature, se solo proviamo ad esaminarlo da vicino. Il suo linguaggio ha un vocabolario di fede, perciò anche spiegando il fatto di cronaca più sconcertante cercherà di presentarlo con lo sguardo del credente che si sforza di essere “un altro Cristo”, pronto alla misericordia.
Al catechista che sa cogliere nelle vicende quotidiane gli interrogativi che ne emergono, non mancano le occasioni per trasmettere i fondamenti di una morale ispirata al vangelo, che va costruita fin dalla tenera età educando le coscienze a riconoscere il bene dal male a partire dalle piccole scelte d’ogni giorno.
Il catechista introduce alla preghiera, al senso di gratitudine, alla fiducia in Gesù amico. Avvia i suoi ragazzi verso la vita adulta, scandita dalle tappe dei sacramenti e vissuta nei momenti liturgici.
L’atteggiamento del catechista e il suo esempio potranno suscitare il desiderio di affiancarlo in opere di carità, anche piccole, compiute dai ragazzi e, come spesso accade, coinvolgendo i loro genitori.
                                                                                                                          Paola Radif

Fonte: Il Cittadino
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