Impara a pregare (Enzo Bianchi)
Secondo te essere cristiani oggi è più difficile di un tempo, quando tutta la società lo era, o almeno così si credeva. Dici che è difficile rendere evidente la “differenza” cristiana, la specificità del cristianesimo. E hai ragione. Forse è per questo che si cerca sempre di rimuovere la “conversione”, quel mutamento di pensiero, di giudizio, di atteggiamento che è essenziale alla vita del discepolo. Così accade che in questo tempo la preghiera sovente venga presentata come una pratica che “fa bene”, che “giova alla buona salute del corpo”, oppure come un’attività fonte di igiene mentale, come un antidepressivo... Come se l’effetto soggettivo della preghiera potesse diventarne la motivazione! Magari avrai anche sentito qualche autorevole “maestro spirituale” fare l’apologia della preghiera ricorrendo a queste ipotesi salutistiche. Ma vedi, nel cristianesimo la preghiera à nient’altro che un predisporre tutto l’essere all’ascolto, al riconoscimento di una presenza, all’arte ineffabile del dialogo con Dio, in cui però il vero protagonista è lo Spirito santo: è lui che ti spinge a pregare, è lui che unisce la tua preghiera a quella di Cristo, è lui che, a volte con gemiti ineffabili, altre volte con un grido, ti fa chiamare Dio “Abba, Padre amato!”. Sì, la preghiera cristiana non è “fare delle cose”, “dire delle parole” che producono automaticamente degli effetti sulla mente o sul corpo, ma è “accoglienza” di un’azione che Dio, attraverso le energie dello Spirito santo, compie nel cristiano: è lo Spirito santo che nella preghiera compie un’opera di trasfigurazione del cristiano! Non sto negando che l’atto di pregare – operazione anche umana del “pensare” davanti a Dio e con Dio – provochi nell’orante un’interiorità e, dunque, anche un processo di unificazione tra spirito, psiche e corpo che può influire sulla salute psichica e somatica. I monaci hanno sempre detto che errori di spiritualità e disordini nella vita interiore prima o poi innescano patologie psichiche. Vuol dire allora che la “pienezza della vita spirituale” è anche un aiuto alla vita bella, buona e felice che l’uomo vive nella psiche e nel corpo. Anche un filosofo come Wittgenstein osservava con ragione: “Pregare è pensare al senso della vita”; ma mai può essere il risultato soggettivo che speri di ottenere a motivare la tua preghiera cristiana. Oggi più che mai siamo tentati di fare solo ciò che è utile, efficace, redditizio, ma questa è una logica radicalmente mondana e pagana: la preghiera cristiana non promette una saggezza di vita individualistica e neppure un esito terapeutico, ma tende all’incontro con Dio, a discernere la sua presenza nella vita quotidiana, a contemplare persone ed eventi con il suo sguardo. C’è una dimensione “scandalosa” nella preghiera cristiana che non devi ignorare o nascondere, perché fa parte di quella “differenza” senza la quale confonderesti il cielo con la terra, Dio con i tuoi desideri. La preghiera cristiana, infatti, si configura come cammino di costante purificazione di quelle immagini di Dio che sono “opera delle mani dell’uomo” (Sal 115,4), per giungere a discernere l’immagine del Dio invisibile nel volto di Gesù Cristo, e questi crocifisso; è presa di distanza tra la domanda e il suo esaudimento, tra l’attesa e la realizzazione; è conversione del tuo desiderio che non chiede a Dio: “Fa’ la mia volontà”, ma: “Sia fatta la tua volontà”. Infine, il pregare cristiano comporta anche donare del tuo tempo a Dio, dedicargli momenti preziosi della tua vita, collegare il tuo “qui e ora” con l’eternità, dove il faccia a faccia con Dio sarà pieno: ma questo pone la preghiera cristiana in rapporto con la fine dei nostri giorni, con la morte, evento che vorremmo rimuovere. Anche per questo perseverare nella preghiera ci costa fatica. Ricorda: se pregare à facile e può anche “far bene alla salute”, pregare cristianamente è faticoso e comporta sofferenza.
Enzo Bianchi
Lettere a un amico sulla vita spirituale
© 2010 Edizioni Qiqajon
Fonte: MonasterodiBose