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V domenica di Pasqua Anno C 2 maggio 2010 (Enzo Bianchi)

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Siamo nel tempo pasquale e il vangelo che oggi ascoltiamo ci parla appunto della glorificazione di Gesù, avvenuta attraverso la sua passione, morte e resurrezione. Per il quarto vangelo, infatti, anche la passione e la morte sono glorificazione di Gesù, non fallimento o fine tragica, perché in esse più che mai Gesù mostra il suo amore e riceve gloria proprio dall’aver amato «fino alla fine, fino all’estremo» (Gv 13,1): la gloria di Gesù è gloria dell’amare! Non lo si dimentichi: se Gesù è risorto da morte è perché il Padre lo ha risuscitato (cf. At 2,24.32; ecc.) a causa dell’amore da lui vissuto all’estremo verso Dio e verso i fratelli. Sì, nella resurrezione di Gesù possiamo vedere l’amore totale, perfetto di Gesù, che vince la morte per sempre…

Il nostro brano ci ricorda che Gesù nel cenacolo, al termine della sua ultima cena, aveva indicato al discepolo amato chinato sul suo seno l’identità di chi stava per tradirlo: Giuda, uno dei Dodici. E tuttavia Gesù non aveva fatto nulla per fermarlo; anzi, porgendogli un boccone di cibo lo aveva invitato a fare tutto al più presto (cf. Gv 13,25-27). E ora che Giuda è uscito per concordare l’arresto, ora che è davvero notte (cf. Gv 13,30), quella notte in cui sembra che le tenebre vincano la luce e l’odio prevalga sull’amore, ecco che Gesù grida con convinzione: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui».

Ovvero, proprio nel momento in cui tutto accade contro Gesù, senza che egli si opponga, si difenda o ripaghi il male con il male, proprio ora si ha un’epifania del suo amore: Gesù riceve gloria e così anche Dio riceve gloria grazie all’amore totale del suo Figlio. L’ora della gloria non è decisa da Giuda che se ne va per compiere il tradimento, ma dall’amore di Gesù. È per questo che egli esulta e proclama la sua glorificazione: perché ha la consapevolezza di aver sempre amato, fino all’estremo, di aver mostrato amore anche verso chi lo tradiva, di aver amato totalmente Dio e gli uomini, fino ad accettare la croce e la morte. Nel suo amore l’odio, il tradimento e la violenza sono vinti per sempre!
Ricolmo dell’autorevolezza che gli deriva dall’aver vissuto l’amore in pienezza, Gesù a questo punto annuncia il comandamento nuovo: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati». Questa è la verità del comandamento nuovo, ossia ultimo e definitivo: per ciascuno di noi l’amore per gli altri, per la comunità cristiana l’amore reciproco da vivere secondo la forma e lo stile con cui Gesù ha amato i suoi fino alla fine. Non si pensi a una totale novità di questo comando, perché l’amore del prossimo era già presente nell’Antico Testamento (cf. Lv 19,18; Mc 12,31 e par.); Gesù lo rende però nuovo poiché lo presenta come un amore senza condizioni, dopo il quale non vi è più alcun altro precetto da osservare: l’amore vero e autentico verso il prossimo è amore di Dio, e in questo senso il comandamento nuovo sostituisce tutti quelli della legislazione giudaica, la Legge nel suo insieme…

E così, se i cristiani saranno capaci di vivere questo amore come Gesù l’ha vissuto, vinceranno anch’essi la morte con lui e in lui: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli» (1Gv 3,14). Qui c’è tutta la vita cristiana! Questo annuncio così semplice può scandalizzarci perché, «religiosi» come siamo, vorremmo che la vita cristiana fosse molto di più, fosse soprattutto ciò che noi immaginiamo o desideriamo. E invece il comandamento nuovo dell’amore è in fondo l’unico che ci è chiesto di ascoltare e di vivere, è l’eredità e il dono lasciato da Gesù ai suoi, affinché siano veramente la sua comunità, affinché siano capaci di stare nel mondo come autentici evangelizzatori. Gesù infatti lo ha detto con chiarezza: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».

Enzo Bianchi

Fonte: MonasterodiBose
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