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Educare i bambini al senso del peccato e del perdono in famiglia.(Paola Radif)

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Peccato e perdono: due parole impegnative, cariche di significato, che non si possono prendere alla leggera. Eppure, tutto può incominciare dai piccoli gesti e si alimenta con l’esempio.
Il bambino, che ha sempre bisogno di “vederci chiaro” per capire il perché di tante cose, è portato a imitare ciò che i genitori vivono in prima persona più che a eseguire quello che gli insegnano, mentre il catechista, da parte sua, quando lo prepara alla Prima Confessione, trova difficoltà a parlare in astratto del perdono di Dio se non c’è stata già occasione di sperimentare “sul campo” il senso di un perdono, dato o ricevuto, sul semplice piano umano.
Il bambino infatti assorbe in famiglia i primi rudimenti della vita morale, riproduce i comportamenti che vede vicino a  sé, ripete le parole che sente. Diventerà un adolescente gioioso se sarà stato apprezzato e valorizzato fin da piccolo; sarà però un ragazzo frustrato se non si sentirà ascoltato né tenuto in considerazione e sarà infelice o aggressivo se non vivrà manifestazioni di vero affetto disinteressato in famiglia.
Ma come educare al senso del peccato e del perdono fin dai primi anni di vita? È bene ricordare che il percorso di crescita nella coscienza morale si attua in primo luogo in famiglia e difficilmente la vita potrà cancellare quanto assimilato nell’infanzia.
I bambini, come anche gli adulti, non possono offrire o desiderare il perdono se prima non hanno chiaro il senso del peccato. Purtroppo la nostra società ha cercato di cancellare il concetto stesso di peccato, nel tentativo di dimostrare che tutto è lecito.
I genitori davvero cristiani, che avvertono chiaramente dentro di sé il confine tra bene e male, nonostante esso si faccia sempre più labile e confuso, hanno l’importante compito di spiegare ai loro figli che cosa Dio si aspetta da loro.
Fare il bene non consiste in una serie di norme imposte dall’alto e tanto meno in rigidi divieti, ma è semplicemente lasciarsi amare da quel Dio che ha voluto averci come figli e ha pensato qualcosa di grande per ciascuno di noi. Rispondere con gratitudine al primo essenziale dono ricevuto, la vita, utilizzando al meglio tutti gli altri doni di cui siamo stati dotati, è il modo migliore per comportarci da figli.
Ogni volta che i genitori offriranno ai loro figli, aiutati dal buon senso e da un po’ di intuizione, un criterio ispirato ai valori cristiani che li guidi nelle loro scelte, è come se coltivassero un terreno, che sicuramente darà buoni frutti a tempo debito.
Essi sanno, in cuor loro, che i figli li apprezzano. Sanno anche, o dovrebbero sapere, di essere il loro modello più alto che, come ogni modello, è soggetto a imitazione. Quindi è una grave responsabilità quella del genitore che potrà sentirsi dire dal figlio:”Perché devo perdonare, se tu serbi rancore a quella persona?” oppure: “Perché devo chiedere scusa, se tu non la chiedi mai alla mamma o a papà?” o ancora:” Ma queste parole, che non devo dire, le ho imparate da te!”
I figli osservano, giudicano e traggono le loro conclusioni. Ma perché fanno questo? Di certo perché amano i loro genitori.
Li amano anche quando li contestano, perché li vorrebbero tutti per sé, sempre uniti, in armonia, disponibili: in una parola, perfetti. D’altra parte i genitori, con umiltà, non dovranno temere di farsi vedere anche insicuri e fragili, nell’aspetto più vulnerabile della loro natura umana. L’importante è essere autentici, veri, senza finzioni o falsità.
Persino Gesù si è mostrato sofferente, umiliato, perseguitato, ma da questa debolezza è emersa più chiaramente la possibilità di vincere ogni prova grazie all’aiuto di Dio.
Pregare con i figli perché il Signore rivolga il suo sguardo sulla famiglia aiuterà adulti e bambini a prendere coscienza degli errori commessi e a confidare nel perdono.
Le esperienze di riconciliazione in famiglia hanno un alto valore pedagogico perché fanno nascere e crescere nel bambino non solo la certezza di poter sempre contare sul perdono del Padre celeste, analogamente a quanto avviene nella sua vita quotidiana, ma suscita anche in lui la propensione ad uno sguardo sempre benevolo sul prossimo.
Il bambino che sa di essere amato sempre e comunque, qualunque errore possa compiere, cresce sereno e sarà pronto ad assumere egli stesso un atteggiamento misericordioso che lo accompagnerà come tratto caratteristico della sua fisionomia di cristiano.

                                                                                                      Paola  Radif
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