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Lidia Maggi "Il ritorno della gioia"

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26 Febbraio 2025

conversazione con Lidia Maggi

Papa Francesco? È riuscito a portare la chiesa cattolica fuori dalla depressione e a ridarle vitalità, motivazione e stupore. E questo è solo uno dei suoi tanti meriti. Parola di protestante.

Tu sei pastora della chiesa protestante, ma vivi in un Paese cattolico. Da questo tuo angolo di visuale come valuti le novità che Francesco sta portando?

Ho notato subito un cambiamento di stile, lo stile con cui lui porta avanti il suo ministero: dal modo con cui si firma, semplicemente Francesco, alla scelta inedita di parlare in prima persona. Finora abbiamo creduto che la forma con cui testimoniamo la fede non fosse rilevante. In realtà, il modo di porsi, di guardare i fedeli, di parlare al mondo, è estremamente importante.

Il nuovo stile di Francesco è dato soprattutto dall’aver restituito voce al Vangelo. Improvvisamente il Vangelo si fa vicino, si incarna in una chiesa, in un pastore che riesce a farcene sentire la melodia, l’odore e che fa risuonare la voce e i gesti di Gesù. Questo è per me il grande contributo che l’attuale vescovo di Roma sta portando. Dove la discontinuità non è data da cambiamenti istituzionali, ma dalla scelta di uno stile più sobrio. Mi sembra che Papa Francesco ci stia accompagnando a scoprire quel tesoro impolverato da tutte le nostre sovrastrutture che è il nudo vangelo.

Lo stile essenziale si coniuga poi all’attenzione per il mondo: riscoprire il vangelo significa riscoprire l’amore con cui abitare la terra. Questo implica rimettere al centro la questione di Dio come creatore del mondo, figura di un mondo giusto. È quanto trovo espresso nella bellissima enciclica Laudato si’, dove la terra viene definita come una “casa comune”. Annunciare il vangelo è qualcosa che riguarda non soltanto l’anima; e nemmeno la singola persona. È un grido rivolto all’intera umanità, che vive in questa terra. Non voglio ridurre Francesco a semplice cantore della terra: la sua è anche una voce critica e profetica, di denuncia verso tutte le distorsioni che segnano l’agire umano in questo nostro mondo, tanto sofferente.

Pensi che Papa Francesco abbia dato slancio al dialogo con le altre chiese e le altre religioni?

Francesco ha iniziato il suo ministero in un momento in cui si faceva molta fatica a riaprire nuove strade di dialogo tra le chiese. Ci sembrava di essere arrivati ad una impasse. Lui, con il suo camminare verso l’altro – e penso alla visita alla chiesa Pentecostale di Caserta, come alla visita alla chiesa Valdese di Torino – dimostra la volontà di riconoscere e accogliere i fratelli e le sorelle della Riforma, andando loro incontro. Questo cambia i rapporti, cambia lo sguardo e favorisce un diverso stile di confronto, dove l’apologia lascia il posto al dialogo, la dottrina lascia il posto all’abbraccio. Certo non siamo ancora arrivati a far sì che la Chiesa cattolica riconosca le altre Chiese, che vengono ancora definite come “comunità ecclesiali”; e so bene che il cammino è ancora lungo: ma lo stile di Francesco apre nuove possibilità di incontro e apre a nuovi sviluppi.

Ti racconto un episodio che è accaduto durante la sua visita alla chiesa valdese di Torino: mia figlia faceva parte del coro e durante il rinfresco il Papa le si è avvicinato e le ha chiesto se fosse valdese. Mia figlia ha risposto di essere battista. Allora lui le ha detto: ”Ah, battista! Io ho conosciuto in Argentina una cantante gospel bravissima”, e dopo aver canticchiato ha aggiunto: ”E quella cantante, quel giorno, mi ha annunciato il Vangelo”. Credo che mia figlia per tutta la vita ricorderà questo incontro: quest’uomo istituzionale che, durante un rinfresco in suo onore, le ha dato attenzione, l’ha ascoltata. Penso sia questo ascolto attento la cifra di Francesco. Finalmente, noi protestanti abbiamo qualcosa da invidiarvi! Il cammino ecumenico ci insegna a godere delle ricchezze delle altre chiese; e un pontefice così è per noi motivo di gioia perché ha riacceso la passione per l’Evangelo nella nostra sorella, la chiesa cattolica. Come possiamo non gioire: non siamo, infatti, parti di uno stesso corpo?

Se dovessi dire il tuo personalissimo grazie a Papa Francesco per cosa lo ringrazieresti?

Lo ringrazierei, innanzitutto, perché ci ha fatto gustare la bellezza di un vangelo troppo spesso appesantito da linguaggi distaccati dal vissuto quotidiano. Lo ringrazierei per aver aiutato le altre chiese ad uscire dall’apologia e dalla polemica confessionale, per aver instaurato una stagione nuova di dialogo, basata sull’accoglienza reciproca, per aver preso sul serio l’istanza di Gesù “affinché siano uno”. Lo ringrazierei per aver ridato voce a chi non ha voce, per aver rimesso al centro gli ultimi.

Soprattutto, vorrei ringraziarlo perché ha aiutato la chiesa cattolica ad uscire dalla sua depressione, bloccata com’era in un continuo lamento; lui è riuscito a ridare vitalità, motivazione e stupore, ha riportato la gioia di chi è testimone della gioia evangelica: quella gioia che, se non è vissuta, non può essere trasmessa.


Tratto dalla rivista “Semplicemente Grazie”, n. 8/2018 numero speciale, di cui è stato realizzato un libro disponibile anche online




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