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Aldo Cazzullo “Rileggendo la Bibbia ho trovato la speranza di rivedere mio padre”

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Intervista a Aldo Cazzullo
a cura di Giulio D’Antona 
23 settembre 2024 

Il romanziere americano Nathan Englander ha detto: «La Bibbia è un libro socialista scritto da un reazionario». Il reazionario sarebbe, naturalmente, Dio. È strano come ogni volta che qualcuno rilegge la Bibbia ne esca con un'interpretazione diversa. Molto distante dalle interpretazioni canoniche, diffuse dalle chiese cristiane e dalla dottrina ebraica. Ogni interpretazione personale è in qualche modo positiva, di speranza; nella Bibbia letta dai singoli si trovano insegnamenti e buoni consigli, grandi verità e buone novelle. Molte meno contraddizioni, imposizioni e restrizioni di quanti siamo abituati a sentirne. È stato un comico, Gioele Dix, a dire che «La Bibbia dovrebbe essere un libro da tenere in cucina, sporca di sugo, utilizzata come un manuale di consultazione». È così che si fa con i libri sacri. Aldo Cazzullo ha riletto la Bibbia e nel suo Il Dio dei nostri padri (HarperCollins) la racconta in un continuo rimpallo tra tempi biblici e moderni, cercando relazioni e correlazioni, insegnamenti, buone novelle e macchie di sugo. 

Perché la Bibbia? 
«L'ho riletta al capezzale di mio padre, nei suoi ultimi e dolorosi mesi. L'ho letta, per meglio dire, perché la conoscevo come la conoscono molti che sono cresciuti in famiglie cattoliche e che hanno servito messa da bambini: a pezzi». 

Cosa ci ha trovato? 
«Tutto. Ho trovato un libro molto attuale, contemporaneo. Nella Bibbia c'è la vita, l'amore, la guerra, la pace, la società, che rispecchia quella moderna perché in un certo senso è da lì che viene la nostra occidentalità. È l'autobiografia di Dio e cercare di raccontarla in maniera lineare è un modo per riportarla alle nuove generazioni, che sono distratte». 

L'ha avvicinata alla fede? 
«Questo non posso dirlo. Però mi ha avvicinato all'idea di fede che aveva mio padre e prima di lui avevano i miei nonni. Credo che loro non abbiano dubitato nemmeno per un momento dell'esistenza di Dio. Per i miei genitori è stato un po' diverso: loro appartengono a una generazione che si è interrogata, che ha vissuto la fede attraverso una lettura più complessa, più critica». 

E lei? 
«Io sono agnostico e la rilettura della Bibbia non mi ha fatto cambiare radicalmente idea. Però mi ha aperto lo sguardo su un mondo nuovo». 

Quale? 
«Il nostro, quello che viviamo. È già tutto nei testi sacri». 

Anche le contraddizioni? 
«Soprattutto quelle. Ci sono contraddizioni enormi insite nel testo biblico: Dio ordina battaglie nel suo nome e poi comanda di non nominarlo invano. Che non significa semplicemente evitare a blasfemia, ma è una direttiva esplicita a non usare il suo nome per fare del male, perseguire obiettivi politici, esercitare soprusi». 

Andrebbe ricordato spesso, ultimamente… 
«È vero. Anche storicamente sarebbe stato un bene che la Bibbia venisse letta con un pochino più di apertura mentale. Di guerre in nome di Dio se ne compiono continuamente: dalle crociate, al motto sulle cinture dei soldati della Wermacht chiunque ha sostenuto di avere Dio dalla propria parte e, anzi, di stare eseguendo una sua volontà. I terroristi islamici lo invocano prima di ogni azione». 

A Gaza è la stessa cosa… 
«Quella è una guerra ancora più impressionante, innanzitutto perché si svolge geograficamente in un angolo di mondo che è stato già scenario di innumerevoli conflitti biblici, e poi perché vede opporsi israeliti e filistei, ognuno dei quali si sente dalla parte giusta del diritto divino e non si rende conto di impugnarlo a discapito degli innocenti». 

«Scordano sempre il perdono», diceva qualcuno… 
«E scordano anche che la Bibbia è un testo che ha in sé un profondo senso di giustizia e di rivalsa, di eguaglianza sociale. Alla Bibbia i deboli piacciono, non li scavalca, ma li esalta». 

Ad esempio? 
«Abramo era un anziano, Giacobbe era un disabile, Mosè balbettava, Davide era un pastorello, Giuditta era una vedova, che per l'immaginario biblico equivaleva a una reietta della società». 

Ecco, parliamo delle donne… 
«È vero, le scritture sono storicamente patriarcali. Ma in certi casi possono essere estremamente matriarcali, se lette nella maniera giusta. Le dicevo di Giuditta, che è una storia che amo particolarmente: ne ho l'immagine nel dipinto di Artemisia Gentileschi. Artemisia aveva dato a Giuditta il suo volto, e a Oloferne, il terribile condottiero che è ritratta uccidere, quello di Agostino Tassi che è stato il suo aguzzino, il suo violentatore. Questo è un gesto di profonda emancipazione. E viene da un'interpretazione di una storia biblica». 

Si potrebbe obiettare che sia un'eccezione… 
«Indubbiamente, ma sta proprio in noi l'abilità di scegliere queste eccezioni, non poi così rare, e trarne insegnamenti adatti alla nostra contemporaneità. Eva per la lettura tradizionale è una tentatrice, ma la si potrebbe anche definire una ribelle. Nel Paradiso Terrestre ci saremmo annoiati a morte e lei, facendo infuriare Dio per la sua disobbedienza, ha messo in atto il processo vitale. Ha dato al genere umano la vita libera. Difficile, a volte dolorosa, ma anche colma di felicità e di amore. Poi c'è Susanna…» 

Non la conosco… 
«Susanna venne vista fare il bagno nuda da due anziani, che le ordinarono di piegarsi al loro volere dietro ricatto: altrimenti avrebbero detto di averla vista con un uomo che non era suo marito e fatta condannare a morte. Lei rifiutò e la condannarono. Fu un ragazzino a salvarla, Daniele, che chiese separatamente ai due anziani sotto quale albero l'avessero vista. Loro caddero in contraddizione e Susanna si salvò». 

Messa così, sembra un libro rivoluzionario… 
«Per certi versi lo è. È un libro che predica le passioni universali, non solo spirituali, ma anche fisiche. Pensi al Cantico dei Cantici: lo stesso Bergoglio ha affermato che tratta dell'amore fisico, e non spirituale, come sostengono i cristiani, o di Dio verso Israele, come sostengono gli ebrei». 

È un libro socialista scritto da un reazionario? 
«È una definizione divertente, ma non mi spingerei fino a leggere nella Bibbia delle connotazioni politiche. Sarebbe un po' lo stesso errore che fa chi la impugna per andare in guerra. Di certo è un libro che impone e impartisce giustizia». 

E allora, dove sbagliamo? 
«A volte sbagliamo a interpretare. Con la Bibbia è capitato spesso. Forse dovremmo rileggerla tutti singolarmente e fidarci delle nostre interpretazioni personali, molto più attendibili di quelle imposte». 

Cosa le ha lasciato? 
«La speranza della vita eterna, che significherebbe rivedere mio padre. Era quello che cercavo». 


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