Gianfranco Ravasi «Il celibato di Gesù»
Gesù era celibe o sposato? La risposta a questa curiosità è semplice, se esaminiamo il suo status familiare, così come è presentato nei Vangeli.
Essi, infatti, al riguardo sono tutt’altro che silenziosi perché parlano della madre Maria, del padre legale, dei quattro «fratelli» (sul valore di questa parentela siamo già intervenuti in passato), di alcune «sorelle», di una parente di Maria, Elisabetta, col relativo figlio Giovanni Battista, di alcune donne legate da parentela che lo accompagnano fino alla croce. Se fosse stato sposato sarebbe strano non riportare il nome della moglie e degli eventuali figli.D’altronde, anche se il celibato era considerato in Israele un’anomalia, lo aveva praticato il profeta Geremia su ordine di Dio stesso, così come aveva certamente fatto il Battista. Di questa scelta non meramente anagrafica ma “vocazionale” parla san Paolo nel c. 7 della Prima Lettera ai Corinzi, ove essa appare come segno di donazione totale e cosciente per la causa del regno di Dio. Gesù non vi fa mai riferimento diretto se non in un caso, in occasione del dibattito sul matrimonio e sul divorzio.
La frase è forte: «Vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Matteo 19,12). La triplice distinzione è chiara.
Si parte dagli impotenti a livello sessuale per disfunzioni genetiche; si passa all’evocazione dei «castrati», che nell’antico Vicino Oriente erano una vera e propria categoria di funzionari (talora anche a prescindere dalla loro situazione fisiologica effettiva), come nel caso dell’«eunuco della regina Candace» battezzato dal diacono Filippo (Atti 8,26-40).
Infine, entrano in scena gli eunuchi per scelta personale («si sono resi tali»), ovviamente per astinenza e non per autocastrazione, come invece intenderà nell’antichità qualche interprete “letteralista” del passo. Il detto di Gesù per molti studiosi è una risposta a un’accusa o a un insulto lanciato contro di lui dagli avversari perché era anormale che un rabbì non fosse sposato. Si trattava, quindi, di un epiteto infamante scagliato contro Cristo e forse contro i suoi discepoli che lo seguivano senza avere con sé le mogli: «Siete tutti degli eunuchi!».
Gesù replica usando proprio questo termine per definire con orgoglio la sua verginità, ribadendo che essa non era frutto di una situazione fisiologica o anagrafica, bensì una scelta di dedizione assoluta per il regno di Dio e per il prossimo. Questa opzione, però, non significa disprezzo nei confronti del matrimonio, come si deduce dallo stesso c. 19 di Matteo, ove si delinea un profilo alto della vita nuziale.
Anche la comunità dei discepoli di Gesù comprendeva uomini regolarmente sposati, come nel caso di Pietro la cui suocera è esplicitamente citata (Marco 1,29-31). È noto, infatti, che la disciplina del celibato sacerdotale farà il suo ingresso ufficiale nel IV sec., coi concili locali di Elvira in Spagna (306) e di Roma (386), soprattutto sulla base del modello di Cristo, una prassi esaltata dai documenti di vari pontefici fino ai nostri giorni.
Tuttavia, anche dopo, continuerà a sussistere la prassi del sacerdozio coniugato, come è attestato storicamente dalle Chiese orientali ortodosse e cattoliche.