Gianfranco Ravasi "Perle e grano, a misura di ragazzi"
7 aprile 2024
Parabole. Il monaco Adalberto Mainardi trascrive quel predicatore straordinario che è stato Gesù,
e i bambini chiedono: «Raccontaci un’altra storia!»
Recentemente un giornalista, durante un’intervista, invitandomi a un bilancio sul mio ormai lungo
passato di oratore oltre che di autore, mi chiedeva quale fosse per me il pubblico più difficile da
affrontare. Non ho avuto esitazione: sono i bambini (e, in genere, i ragazzi). Essi, infatti, senza
imbarazzo svelano le cadute delle loro curve d’ascolto e la dissoluzione progressiva della loro
attenzione. È, quindi, necessario essere attrezzati in modo particolare per saper intercettare il loro
coinvolgimento, ed è questo un esercizio simile a un percorso su un sentiero d’altura, a cui mi
sottopongo, ad esempio, quando presiedo le celebrazioni liturgiche a loro dedicate.
Lo stesso paradigma si ripete per i testi scritti, tant’è vero che nella mia imponente bibliografia
credo di non avere più di un paio di volumi a loro indirizzati (ricordo soprattutto un album per il
Giubileo del 2000 che mi costò più impegno di un saggio). Questa confessione autobiografica mi
permette di giustificare una recensione sorprendente per i nostri lettori e di esprimere la mia
ammirazione per l’autore del libro proposto. In verità, egli attinge a quel predicatore straordinario
che è stato Gesù di Nazareth e a quella stupenda antologia narrativa per piccoli e grandi che sono le
sue parabole, una raccolta che va da 35 a 72 e forse altri racconti, metafore e simboli espansi o
paragoni ampi, secondo le differenti classificazioni.
A trascriverne otto è un monaco, Adalberto Mainardi, che in realtà ha alle spalle anche una
qualificata serie di saggi colti soprattutto sulla tradizione spirituale delle Chiese d’Oriente. Eppure
egli sa mettersi spalla a spalla coi bambini e affascinarli con gli scritti a loro riservati ma che
possono avere come destinatari anche i genitori o i nonni. Una donna, Martina Peluso, fa sbocciare
in immagini delicate e vivaci quelle storie narrate inizialmente dal rabbì di Galilea. Egli, certo, le
destinava agli adulti; in qualche occasione, però, anche lui sperimentò la reazione dei piccoli che
senza imbarazzo, si distraevano e chiacchieravano.
Infatti, i discepoli reagivano sconcertati e infastiditi e «li rimproveravano». Curiosamente
l’evangelista Matteo, che descrive questa scena, per il verbo «rimproverare» usa il greco epitiméo
che è quello utilizzato di solito per tacitare i demoni da parte di Gesù. Effettivamente diciamo anche
noi che spesso i bambini fanno un chiasso «indiavolato». Gesù, invece, a loro riserva un ben diverso
trattamento che papa Francesco applica talora in alcune celebrazioni di battesimi o simili: «Lasciate
stare i bambini e non impedite loro di venire a me perché il Regno dei Cieli è di quelli come loro»
(19,14). Tuttavia le parabole di Cristo possono essere adattate facilmente anche a loro.
È ciò che fa appunto Mainardi partendo da un granello di senape o da sette chicchi di grano,
evocando un ladro di perle, inseguendo la pecorella smemorata, facendo rimbalzare una moneta su
un pavimento, introducendo un figlio scapestrato e un altro chiacchierone, aprendo la sala di un
banchetto regale. Se qualche lettore non è riuscito a identificare tutte queste parabole evangeliche,
potrebbe forse col suo bambino o col nipotino leggere le pagine dell’album del nostro autore. E
potrebbe accadere quello che egli descrive sul finale: «I bambini ascoltavano a bocca aperta e non
volevano più andar via. Anche i passeri del cielo si erano fermati ad ascoltare». E – come si
immaginava in apertura al libro – «una bambina coi riccioli rossi batté le mani tutta entusiasta e
gridò: Che bello! Raccontaci un’altra storia!».
A questo punto lascerei la parola a una delle voci più alte della letteratura di tutti i tempi: «L’anno
scorso si era formata qui in casa mia una piccola scuola di giovani contadini dai 10 ai 13 anni. E nel
desiderio di dar loro la dottrina di Cristo in modo che potessero comprenderla e che avesse un
influsso sulla loro vita, io raccontavo loro con parole mie quei passi dei quattro Vangeli che mi
parevano più comprensibili, i più accessibili ai bambini e al tempo stesso più utili per il criterio
morale che occorre avere nella vita … I bambini, come disse Cristo, sono in particolar modo
recettivi della dottrina del Regno di Dio».
A scrivere queste righe, il 12 giugno 1908, era Tolstoj in premessa al suo volumetto Il Vangelo
spiegato ai giovani, tradotto per la prima volta in italiano da Igor Sibaldi nel 1995. In 52 paragrafi
basati su una parafrasi di testi evangelici e con un apparato di «domande» didattiche (da due a dieci
per ogni capitoletto) il celebre scrittore russo creava un suo «Vangelo del bambino». Noi, però,
vorremmo concludere – continuando sempre nella linea delle trascrizioni attualizzate o adattate
delle parabole di Gesù con un altro esempio, questa volta per adulti.
Penso che tutti conoscano la parabola del Buon Samaritano (Luca 10,25-37) il cui titolo tradizionale
è diventato anche uno stereotipo per indicare un volontario o un operatore di solidarietà fraterna.
Ecco come uno studioso delle parabole, Vittorio Fusco (1939-1999), l’ha ambientata nella società
statunitense. Citiamo solo l’avvio: «Immagina tu, bianco razzista e magari affiliato al Ku Klux
Klan, tu che fai chiasso se in un locale entra un negro e non perdi l’occasione per manifestare il tuo
disprezzo e la tua avversione, immagina di trovarti coinvolto in un incidente stradale su una via
poco frequentata e di star lì a morire dissanguato, mentre qualche rara auto con un bianco alla guida
passa e non si ferma. Immagina che ad un certo punto si trovi a passare un medico di colore e si
fermi per soccorrerti…».
Adalberto Mainardi, Le Parabole che Gesù raccontava ai bambini, EDB, pagg. 64, € 16,90
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