Rosanna Virgili “Benedetto e Francesco. Due Papi diversi, ma mai divisi”
Qualcuno ha detto che, a differenza di Giovanni Paolo II, sia Benedetto che Francesco sono stati dei Papi divisivi. Credo che la prima ragione sia da individuare nel fatto che essi vengono dopo ventisette anni di un Pontificato dai colori affatto sfumati. Il Pontefice aveva chiamato il Cardinale Joseph Ratzinger ad essere Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede (carica che egli aveva ricoperto dal 25 novembre 1981 al 2 aprile 2005), per cui egli doveva apparire la persona più vicina a lui, quando scomparve. Un Papa che la Chiesa aveva dimostrato di amare moltissimo e cui tutto il mondo aveva riconosciuto un’incredibile popolarità. Anche i funerali, massimamente partecipati sia numericamente sia affettivamente, di Papa Wojtyla, potrebbero aver influenzato la scelta del Conclave per il successivo Papa.
Volente o nolente, il Cardinale Ratzinger doveva essere sulla scia del Papa polacco da cui le folle sembravano ancora stregate. Del resto gli era stato fedele e ubbidiente ancorché fosse estremamente diverso da lui. Nel rigore che lo caratterizzava, Ratzinger aveva onorato la carica ecclesiastica che gli era stata conferita senza risparmiarsi, al contrario, persino con eccessi di virtù. Ma il Papa polacco aveva saputo coniugare in sé le differenze e aveva mostrato due volti: l’uno attento alla tradizione, legato al passato, l’altro estremamente aperto alla novità e al futuro. Era stato un Papa giovane e vecchio, sano e malato, dolce e deciso. Era stato immortalato sugli sci sulle montagne della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige, così come, da anziano, era stato seguito innumerevoli volte dai giornalisti, nei suoi ricoveri in Ospedale. Non rinunciava a gustare e a condividere il sapore della sua gioventù nelle vacanze estive, come, per contro, al Gemelli era di casa.
Un Papa non divisivo poiché colmo di chiaroscuri. Attento ai canoni della bioetica, ma trasgressivo nel rifiutare dignitosamente le cure quando avvertì che era giunta la fine della sua “corsa” terrena. Era stato un Papa d’autorità e di profezia. Nella “politica interna” aveva fatto rallentare di molto la collegialità dei vescovi voluta dal Concilio Vaticano II e riportato la figura del Papa al centro della Chiesa e del governo. Quando i giovani delle sue GMG tornavano da quelle esaltanti giornate, a chi gli chiedeva: «Cosa avete vissuto?», rispondevano: «Abbiamo visto il Papa». Non Gesù Cristo nel Papa, ma il Papa (quasi…) come Gesù Cristo. E non si riferivano agli insegnamenti del Papa, talvolta non ricordavano nemmeno le sue parole, ma erano segnati dall’entusiasmo che sapeva infondere semplicemente facendo la “ola” con loro. La forza che sapeva trasmettere anche con la sua voce – specialmente nei primi anni di Pontificato – davvero portentosa, portava ad esserne entusiasti.
Una capacità seduttiva destinata a riaffermare – suo malgrado – il volto pre-conciliare di un Chiesa gerarchica, petrina, romana, nonostante le sue “fughe” dal Vaticano – come molti le definirono – che venivano lette nei suoi continui, innumerevoli viaggi. Fu proprio Wojtyla a sconvolgere la tradizionale stabilitas dei Papi di Roma e a proiettare un’immagine umana, vicina, “desacralizzata” del Vicario di Cristo. Ma neppure i contatti con mondi lontanissimi lo portavano a rinunciare a una stabilitas dottrinale, dogmatica, dei ministeri e degli ordinamenti ecclesiastici. Circa il sacerdozio, egli disse che mai sarebbe stato possibile conferirlo alle donne, ancorché avesse proiettato su di loro la luce della Mulieris dignitatem. Fu soprattutto nella “politica estera” che Giovanni Paolo II operò come un grande innovatore, come un coraggioso “uomo di mondo”, non solo in virtù della sua straordinaria capacità e piacere di comunicare, ma per i gesti sublimi compiuti verso gli ebrei (la richiesta di perdono), verso i musulmani (la visita alla moschea di Damasco), verso la Chiesa ortodossa.
Di questi due volti – in apparenza antitetici – di Giovanni Paolo II, si può dire, istintivamente, che Ratzinger assume il primo, Bergoglio il secondo. Per questo i due risultano ancora per molti – cattolici e non cattolici – divisivi. E in effetti lo sono stati: divisivi, non però divisi, estranei l’uno all’altro, contrapposti, se non allo sguardo dei superficiali o di chi sia tentato dalla malafede.
“Benedetto e Francesco. Due Papi diversi, ma mai divisi”, di Rosanna Virgili, Edizioni San Paolo, 176 pagine, euro 16.
Fonte: La Stampa