Massimo Cacciari "Il bambinello ci chiede di condividere la terra"
Ogni nascita è un evento. Una rete di nessi, di cause, di casi che affonda nell'immemorabile si
manifesta, si rivela in questo evento. Ed esso si incarna in questo volto unico, che mai prima è stato
visto e mai si ripeterà. In questo singolo, in questa vita assolutamente singolare, l'infinito passato
precipita come se fosse giunto al suo fine. Il giorno natale è sempre perciò imprevedibile, anche
quando venga da lungo tempo atteso, presagito, temuto o sperato. La sua novità irrompe comunque,
segna una discontinuità, spezza la semplice durata. Da ogni nascita dovremmo dire «magnus ab
integro saeclorum nascitur ordo», da tutta l'infinita serie dei secoli ecco un nuovo Ordine si origina.
Così dovremmo sentire di fronte a ogni Bambino che viene e accoglierlo con queste parole di festa.
Ma non è facile accogliere e custodire ciò che viene imprevedibile. Il suo avvento scuote la nostra
pigrizia, la sua libertà contraddice la nostra naturale tendenza all'accidia, al non prendersi cura,
l'obbediente adattarsi all'andare dei tempi. L'evento sgomenta, inquieta. Si cerca allora di sbarrare la
porta, per quanto stretta essa sia, da cui potrebbe irrompere. O di sopprimerlo una volta apparso.
Anche i pastori «temettero di timore grande» (Luca 2,9) quando la Gloria del Signore li sorprese
circonfondendoli di luce, eppure l'Angelo annuncia loro «una grande gioia». Ma è necessario
volerla incontrare, per goderne, muoversi verso il luogo dove è nata. La meraviglia di fronte
all'evento è inevitabile, e anche il dubbio intorno al suo significato – perfino la madre e il padre non
comprendono ciò che vien detto a suo riguardo (Luca 2,33), tuttavia aprono la loro mente e il loro
cuore al suo annuncio e si incamminano per la strada che esso inaugura. Si pongono alla sequela del
figlio poiché sentono che solo in lui vi è salvezza.
Con i pastori decidono di seguire la Stella che conduce al luogo della nascita i Magi che vengono da
dove nasce il sole («apò anatolon» Matteo 2,1): da alba ad alba. Insieme ai più umili del paese ecco
i più saggi degli stranieri. Matteo e Luca non lo narrano, ma è bello pensare che si siano incontrati
alla mangiatoia dove il bambino giaceva, e che siano stati i pastori a offrirgli l'oro, l'incenso e la
mirra che i saggi avevano portato dal loro Oriente. La saggezza nulla vale senza humilitas. Occorre
essere insieme umili e saggi per riconoscere la novità che la nascita rappresenta.
Il potere del luogo non ne è capace. Il potere che gelosamente vuol conservare sé stesso ignora
l'annuncio o, se ne cerca notizia, è soltanto per prevenire l'evento e impedirlo. Il potere sa solo
fingere di voler venerare l'evento, in realtà tutta la sua fatica è spesa nel renderlo impossibile. Ma
pastori e Magi non si lasciano ingannare. E allora esso si scatena contro tutti i pueri che possono
minacciarlo, contro nati e non ancora nati, contro il grembo di donna che li reca in sé. Non può
mirare a quello da cui soltanto crede di poter essere scalzato? E così nella sua ira bombarda tutti, fa
strage di innocenti, fa deserto per affermare la "pace" del proprio dominio.
Ma la nascita è immortale – e mortale invece qualsiasi potere mondano. Certo, esso può condannare
all'esilio – e il bimbo dovrà ripercorrere la strada dei suoi avi. Ma viene sempre il tempo in cui
l'Angelo del Signore tornerà ad annunciargli: torna nella tua terra poiché sono morti quelli che
volevano la tua vita (Matteo 2,20). La nascita è segno di contraddizione con ogni potere che
pretenda di ridurla al proprio ordine, di eliminarne l'imprevedibilità. Il giorno natale inaugura
sempre, la sua festa dice: nulla sarà come prima. Come potranno gli Erodi sopportarlo? Nel loro
mondo lui porta la spada. Simone lo profetizza: questa nascita sarà resurrezione, ma anche rovina
per molti, segno di contraddizione (Luca 2,34).
Il figlio eredita la terra, è lui colui che viene. Ma non la eredita per stringerla in pugno come un
esclusivo possesso. Così facevano i padri. Ma lui ci dice: condividetela – condividetela con tutti i
pastori che su di essa pascolano, condividetela con gli stranieri che vi chiedono ospitalità. È un lieto
annuncio, promette gioia, che riscatta dalla tristezza dell'amare solo sé stessi, dalla paura di perdere
la "roba", dall'ansia di accumularne. Perché preferisci questa tristezza, la miseria di questa vita
chiusa nella caverna del proprio egoismo all'ascolto della voce degli angeli?- si chiedeva il Bimbo e
da allora continua a chiedercelo ogni nascita, attendendo invano la nostra risposta.
Fonte: La Stampa
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