Massimo Recalcati "La Storia sul lettino di Lacan"
La Repubblica, mercoledì 24 ottobre 2023
Secondo Lacan storia e psicoanalisi individuano nello studio del passato il loro comune oggetto
specifico di interesse. Ma, diversamente dall’archeologia freudiana, sia nella storia sia nella
psicoanalisi il ritrovamento del passato non implica un movimento regressivo di ritorno a ciò che si
è già scritto, quanto una ricostruzione inedita, una traduzione singolare che supplisce all’impossibilità
di recupero dell’originario, insomma una trascrizione retroattiva e plurima del passato.
Non è questo, del resto, un pensiero estraneo allo stesso Freud. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla
distinzione tra “verità storica” e “verità dei fatti” teorizzata nel suo Mosè e il monoteismo. In questo
senso, ribadisce Lacan, la storia non si fonda sui suoi resti inossidabili (ricordi, traumi, ripetizioni),
ma sul potere generativo della parola. È una sua tesi di fondo: non c’è storia senza parola, poiché è la
parola a essere il “fondamento” della storia del soggetto. Senza parola, infatti, non c’è storia, ma
Natura, evoluzione biologica e istintuale della vita. L’esperienza della storia passa necessariamente
attraverso l’esperienza simbolica della parola. È solo il lavoro della parola che può ordinare il tempo
in una trama storica stabilendo nessi, interpunzioni, relazioni causali, diramazioni, genealogie. In
questo senso il lavoro dello storico è — come quello psicoanalitico — un lavoro analizzante.
Per la dottrina psicoanalitica negli anni Cinquanta, la cancellazione del nesso tra il soggetto
dell’inconscio e il soggetto storico significava avallare la riduzione della pulsione all’istinto, la
soggettivazione alla maturazione stadiale, il tempo storico al tempo evolutivo. Di contro, secondo
Lacan, la “realizzazione psicoanalitica del soggetto” può configurarsi solo come la realizzazione della
sua storia, che nulla ha a che fare con la maturazione dei suoi istinti.
Ma anche lo stesso causalismo deterministico che troviamo in certe visioni della storia, e che fa
dipendere la vita presente da spiegazioni attinte nel passato, tende a reificare il passato come causa
efficiente, dimenticando che il senso del passato non è mai dato una volta per tutte ma viene ricostruito
molteplici volte a posteriori, nel tempo retroattivo dell’après coup.
Sicché non è il “prima” che determina il “dopo”, ma, viceversa, è il “dopo” che significa in modo
sempre inedito e imprevedibile il “prima”. È quello che, per esempio, per fare riferimento
all’innovazione tecnica delle cosiddette sedute a tempo variabile praticata da Lacan, si rivela con il
taglio della seduta, capace di generare una significazione inattesa che precipita il tempo in un
momento conclusivo di elaborazione.
Siamo qui al centro dell’idea lacaniana della costituzione retroattiva del senso che, come tale, invalida
ogni postulato deterministico in quanto la possibilità della significazione après coup esclude un
principio di causalità lineare dove, appunto, il “prima” diviene causa efficiente del “dopo”.
Si tratta di un presupposto che Lacan ritrova già attivo nel lavoro dello storico. È quello che giustifica
la grande considerazione che egli attribuisce in questo periodo alla disciplina della storia.
Gli storici, infatti, conoscono bene il presupposto della costituzione retroattiva del senso. Lo dichiara
apertamente uno psicoanalista come Pontalis, che fu allievo di Lacan, in una bella intervista rilasciata
a Sergio Benvenuto. Gli storici praticano da sempre quello che gli psicoanalisti teorizzano come
costituzione retroattiva del senso: è solo lo sviluppo successivo dei fatti, sottolinea Pontalis, che ha
potuto tradurre la presa della Bastiglia in un evento epocale e non in una sommossa qualunque. È il
“dopo” che, anche in questo caso, genera il “prima” e non viceversa.
Ma esiste un ulteriore punto di convergenza tra il lavoro psicoanalitico e quello storico. Come
abbiamo visto, per il Lacan di Funzione e campo la disciplina storica si occupa del particolare e non
di leggi universali. L’inconscio è storico nel senso che coincide con la storia singolare del soggetto.
Più di preciso, la storia è costituita dalla dialettica tra rimozione e ritorno del rimosso, tra la scissione
della soggettività operata dalla rimozione e il ritorno di ciò che è stato rimosso che attende di essere
riconosciuto.
Il riferimento è qui ancora all’analogia di Freud dell’inconscio come testo censurato. Il processo della
rimozione apre dei buchi nel testo storico del soggetto, mentre il lavoro dell’analisi, che è un lavoro
di anti-rimozione, è teso a ristabilire esegeticamente la continuità di quel testo ripristinandone
l’originale. Con l’aggiunta decisiva, sottolineata da Lacan, che il senso della storia del soggetto non
si è già costituito, non risiede nel passato, ma viene ristabilito solo dal lavoro di rielaborazione e di
costruzione dell’analisi che avviene sotto transfert, nell’attualità della relazione analitica.
La storicizzazione del passato in atto nel lavoro analitico non punta a recuperare un originale che non
esiste, ma nel significare la sua esistenza in modi inattesi. Lacan utilizza l’espressione
“storicizzazione” per definire la particolarità del lavoro del soggetto impegnato in un’analisi. Esso
consiste nell’integrazione del rimosso, ovvero, come Lacan stesso si esprime, nell’assunzione
singolare della propria storia.
Non a caso, più avanti negli anni, egli ritornerà sull’importanza riconosciuta al lavoro storico
giocando con i termini di “storia” (histoire) e “isteria” (hystérie) proponendo la loro sintesi nel
neologismo hystoire (“istoria”), per evidenziare il nesso che lega la dialettica isterica rimozione-ritorno del rimosso con quella storica. Non è stata forse questa la prima mossa di Freud? Trasformare
il corpo-teatro dell’isteria in un corpo storico? Concepire l’analisi come lavoro di recupero storico
del testo del soggetto?
Il problema che Lacan affronta è quello della configurazione del passato alla luce del processo di
storicizzazione. Si tratta di un problema destinato a restare cruciale nell’arco di tutto il suo
insegnamento. In gioco è lo statuto stesso del soggetto in rapporto al tempo.