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Paolo Dall'Oglio, maestro di umanità

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«Prendersi cura di una persona di qualsiasi classe sociale, simpatia o pesantezza, aveva la precedenza su tutto, perfino sull’appuntamento della preghiera. Paolo aveva davvero a cuore le persone, che considerava sacre perché espressione diretta di Dio». Padre Jihad Youssef, 47 anni, è il superiore della comunità monastica di Deir Mar Musa al-Habashi (monastero di San Mosè l’Abissino) in Siria, fondata nel 1991 da padre Paolo Dall’Oglio.

Al gesuita, di cui non si hanno notizie dal 29 luglio 2013, quando venne rapito da un gruppo di estremisti islamici vicino ad al-Qāida, è legato in maniera indissolubile: «In me, Paolo, tu vivi», scrive nella toccante prefazione al libro Paolo Dall’Oglio. Il mio testamento, appena pubblicato dal Centro Ambrosiano. «In noi, tua comunità, tuoi amici, sei vivo. Uno come te, Paolo, non può morire. Anche se fossi morto nel corpo, rimani vivo in Dio».

L’INCONTRO CON DIO

La vita di padre Youssef è stata del tutto trasformata dall’incontro con la comunità di Mar Musa. Siriano, originario della Chiesa maronita, da ragazzo Jihad fa parte dei giovani del gruppo di preghiera Equipes Notre Dame.

 «A 19 anni siamo stati a Mar Musa trascorrendo lì una notte in un ambiente primitivo, non c’era nemmeno l’elettricità. Abbiamo celebrato Messa e il Signore mi ha pescato: il mio cuore non è più tornato a casa», ricorda. «Dopo qualche mese sono stato nuovamente a Mar Musa e ho confidato a padre Paolo il desiderio di diventare monaco.

Siamo rimasti d’accordo che prima avrei portato a termine gli studi». Il tempo di concludere il corso di laurea in Scienze motorie e Jihad, violino e zaino in spalla, è di nuovo a Mar Musa: «Volevo fare il ragazzo di mondo, tutto muscoli e musica, ma a casa non ero più in pace: sono tornato al monastero il giorno dopo la laurea». Accolto a Mar Musa nel 1999, nel 2008 diventa sacerdote. Studia poi Sacra Scrittura al Pontificio istituto biblico di Roma e consegue il dottorato in Teologia biblica alla Gregoriana.

 LA VITA COMUNITARIA

Gli anni con padre Paolo lo formano come uomo e come cristiano. E se la comunità di Mar Musa è consacrata al dialogo islamo-cristiano, padre Youssef non ha remore nell’ammettere che «la vita comunitaria è in sé la sfida più grande, più grande anche del dialogo interreligioso»:

«La comunità è la fornace che ci purifica dai nostri limiti e iniquità, è il posto dove nascono le difficoltà e in cui germoglia l’armonia. Paolo non desiderava l’obbedienza cieca quanto il confronto, non aveva segreti e capitava che ci riprendesse davanti a tutti. La trasparenza nelle relazioni era per lui la via per non accumulare nel cuore amarezza e rammarico. Credeva poi fermamente nell’uguaglianza fra tutti: uomini e donne, grandi e piccoli, forti e deboli, intellettuali e no, superiori e novizi».

L’esperienza comunitaria – prosegue il monaco – è scuola di vita: «Essere superiore costa fatica e chiede tanta disponibilità, d’altra parte non siamo stati battezzati per riposare ma per servire. Il nostro desiderio è rimanere a Mar Musa fino alla seconda venuta di Cristo, portando avanti ciò che il Signore ha seminato nei nostri cuori, lavorando sulla nostra vita spirituale in comunità. Il combustibile è la grazia del Battesimo, che ci dà la forza di sopportare una vita gomito a gomito con persone diverse da noi».

PADRE PAOLO, UNO SPIRITO LIBERO E PROFONDO

Nato a Roma nel 1954, padre Paolo Dall’Oglio entra nella Compagnia di Gesù a 21 anni. Dopo trent’anni in Siria al lavoro per il dialogo interreligioso, nel 2012 è espulso dal Paese per le sue posizioni contro il regime. L’anno successivo rientra due volte in Siria impegnandosi nelle trattative per la liberazione di alcuni ostaggi fra cui due vescovi, uno siro-ortodosso, l’altro greco-ortodosso. Di lui non si hanno più notizie dal rapimento, il 29 luglio 2013 a Raqqa. Lo scorso ottobre la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’indagine sul sequestro per l’impossibilità di accertarne la sorte dal punto di vista giudiziario. «Uno sguardo non fondamentalista, ma lieve, pieno di quella speranza che non delude perché riposa in Dio. Sempre aperto al sorriso»: così papa Francesco parla di lui nella prefazione a Paolo Dall’Oglio. Il mio testamento (Centro Ambrosiano), ricordandolo come uno «spirito libero» con «grande profondità di visione».

IL LASCITO DI PADRE PAOLO

Oggi la comunità di Mar Musa, che si trova a circa 80 chilometri a nord di Damasco, è composta da otto monaci, «nove con Paolo»: «Quattro monache, tre monaci e un novizio. Siamo cinque siriani, una libanese, una tedesca e uno svizzero». Fino allo scorso marzo ne faceva parte anche padre Jacques Mourad, co-fondatore della comunità, da marzo arcivescovo di Homs, Hama e Nebek.

«Noi monaci e monache abbiamo lasciato tutto per seguire Dio, ogni giorno ci chiediamo come fare per camminare verso un discepolato vero. Non bisogna aggrapparsi a piani immodificabili ma, data la velocità dei cambiamenti, rimodulabili ogni anno», spiega Youssef. «Andiamo avanti cercando di essere aperti alla grazia dello Spirito, cercando di capire che forma prenderà la fratellanza islamo-cristiana e cercando di innescarla, ad esempio, con progetti per i giovani e l’ambiente».

A Mar Musa la giornata comincia con il caffè delle 7. «Prima ciascuno prega, legge o medita. Poi alle 7.30 recitiamo le Lodi e ci intratteniamo per un’ora di catechismo», racconta ancora Youssef. Ed è proprio in questi momenti di catechesi che, fra il novembre 2011 e il giugno 2012, padre Paolo commentò la Regola di Mar Musa.

Le riflessioni di allora oggi sono raccolte nel già citato Il mio testamento. «In quelle conferenze Paolo desiderava consegnare a noi, e alla Chiesa, l’essenza del suo pensiero. Ci intrattenevamo per un paio d’ore: gli argomenti erano tanti, legati ai tre voti di povertà, castità e obbedienza, e al nostro carisma. A riprendere in mano Il mio testamento, emerge come al centro di tutto ci sia la relazione con Dio e come l’uomo avanzi nella maturazione dell’amore per Dio e per il prossimo.

Si riflette sul dialogo islamo-cristiano, la sacralità dell’ospite, e si affronta anche la questione antropologica: dalla sessualità alla relazione uomo-donna, dall’omosessualità alle questioni di genere, che in tante società non si vivono in modo sereno e sono un tabù anche per la Chiesa».

LA SPERANZA OLTRE LA GUERRA

Sono passati dieci anni da quando di padre Paolo si sono perse le tracce. Da allora la situazione in Siria non è certo migliorata, anzi. Nel Paese, squassato da più di dieci anni di guerra civile e dalla violenza cieca del regime di Bashar al-Assad, nonché dall’ultima disgrazia del terremoto dello scorso febbraio, le Nazioni unite stimano in oltre 15 milioni le persone che necessitano di aiuti umanitari, su un totale di 22 milioni abitanti.

«Il popolo è angosciato e depresso» commenta Youssef. «Non puoi pensare ad altro se non al pane e alla scuola dei ragazzi. Nel cuore umano la speranza c’è ancora, resiste perché siamo un popolo vivo e creativo, ma l’incertezza rende la vita un sopravvivere». Nonostante tutto, padre Youssef è un uomo sereno: «Paolo mi ha insegnato che il Signore viene prima di tutto e non c’è che un solo Signore. A tenere alta la speranza è Dio, l’immagine di Dio in noi. Non trovo altra giustificazione a questa nostra resistenza».

di Laura Bellomi

Fonte: Famiglia Cristiana

DUE LIBRI L’ATTUALITÀ DI PADRE DALL’OGLIO

Nel decimo anniversario del rapimento di padre Paolo Dall’Oglio sono stati pubblicati due libri utili per conoscere meglio la sua figura e la sua storia. Il libro Il mio testamento, a cui accenniamo nell’intervista con padre Jihad Youssef, è pubblicato dal Centro Ambrosiano con la prefazione di papa Francesco. Si tratta di un vero e proprio testamento spirituale, da cui emergono chiari i temi più cari a Dall’Oglio.Verrà presentato il 29 luglio alla chiesa di Sant’Ignazio a Roma alla presenza, tra gli altri, proprio di padre Youssef. Una mano sola non applaude di Riccardo Cristiano è invece il testo pubblicato da Àncora. Come da sottotitolo, ripercorre la storia di padre Paolo Dall’Oglio letta nell’oggi. Viene presentato il 24 luglio alle 18.30 alla Biblioteca europea di Roma alla presenza – tra gli altri – di Francesca e Immacolata Dall’Oglio, sorelle di padre Paolo, e di Jacques Mourad, arcivescovo di Homs e cofondatore della comunità di Mar Musa.


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