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Le donne della Bibbia, così “affidabili”. Epicoco: ”Capaci di restare anche in situazioni difficili”

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25 marzo 2023

Abbiamo sempre erroneamente pensato che le donne nella Bibbia ricoprano un ruolo marginale. Niente di più sbagliato, perché esse rappresentano il grande fondale dentro cui la storia della salvezza è resa davvero possibile.

Ne parla Don Luigi Maria Epicoco, filosofo e teologo, uno dei più apprezzati autori di spiritualità che insegna filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR “Fides et Ratio” di L’Aquila, di cui è anche preside, nel saggio “Le affidabili. Storie di donne nella Bibbia” (Tau Editrice 2023, pp. 132, 12,00 euro).

Il testo raccoglie alcune riflessioni che Don Epicoco, Assistente Ecclesiastico del Dicastero per la Comunicazione, da noi intervistato, nell’arco di questi anni ha potuto dedicare ad alcuni personaggi femminili a cavallo tra l’Antico e il Nuovo Testamento.

– Per quale motivo l’affidabilità è la caratteristica più comune delle donne presenti nella Bibbia?

«Perché è la caratteristica che accomuna le donne, in quanto a differenza degli uomini sembra che riescano a stare dentro le relazioni anche quando cominciano a diventare faticose, e non conviene rimanere più in un rapporto. In tutta la Bibbia le donne non fanno mai un passo indietro rispetto a quelle che sono le storie raccontate. In questo senso sono più affidabili rispetto agli uomini».

– Ha dedicato il libro “A Maria di Nazareth la più affidabile tra tutte le creature”. Ce ne vuole parlare?

«Mi è sembrato giusto dire che Maria è la benedetta tra tutte le donne, ed è la più affidabile. Proprio per tornare a quello che dicevo prima, Maria sa rimanere in rapporto anche nelle situazioni difficili. Ad esempio sotto la Croce tutti i discepoli fuggono via, invece Maria rimane lì, sotto la Croce del Figlio. Questo è testimonianza che anche dopo i fatti della Passione e della Resurrezione, Maria è colei che rimette insieme i pezzi della prima comunità cristiana. Nel Cenacolo è Maria che raccoglie i discepoli e li prepara al dono della Pentecoste».

– Che cosa ci insegna la storia dell’adultera e quella della Samaritana?

«Innanzitutto che noi non siamo mai i nostri peccati e non siamo mai le etichette che gli altri ci mettono addosso. Gesù ha la capacità di saper scavare dietro i pregiudizi e i peccati di queste persone e le ristabilisce nella loro dignità. Ma è anche vero che Gesù trova dall’altra parte persone che si lasciano raggiungere da questo rapporto, da questa relazione. Sia l’adultera sia la Samaritana è come se avessero un desiderio di vita spirituale inespresso, che Gesù intercetta e risveglia in ciascuna di loro».

– Riassume brevemente la figura di Giuditta, molto più conosciuta per la storia dell’arte che per la sua vicenda biblica?

«Giuditta è uno di quei personaggi che magari noi possiamo reputare minori semplicemente perché nella predicazione cristiana non hanno avuto molto spazio. Invece, a differenza dei suoi contemporanei che erano presi dal panico di un assedio di guerra, Giuditta riesce con astuzia, creatività e con una ostinazione tipicamente femminile, a fidarsi di Dio contro tutto e tutti. Riuscendo alla fine a riportare una vittoria per il suo popolo, che deve riconoscere ha ritrovato la vittoria grazie a una donna e non attraverso un generale o un condottiero».

– C’è un gran parlare su quale ruolo le donne debbano avere nella Chiesa, invece non pensiamo che il loro contributo è già abbastanza evidente in tutta la sua storia, a partire proprio dalle molte sante che sono state figure chiavi in passaggi storici difficili. Che cosa ne pensa?

«La grande polemica sul ruolo delle donne nella Chiesa mi infastidisce molto, perché è come se noi dovessimo dare spazio a coloro che hanno tutto il diritto di ritenere che questo spazio ce l’hanno già, e se lo sono guadagnato attraverso quella affidabilità di cui parlavo prima. Nel libro ho usato un’immagine. In fondo quando noi guardiamo un quadro veniamo attratti dalle figure che sono in prima linea, ma in realtà queste figure sono comprensibili solo perché c’è un fondale alle spalle, che dà significato ai personaggi in prima linea. Ecco, le donne sono il grande fondale di senso dentro cui nessun personaggio che sta in prima linea potrebbe trovare significato se non attraverso di loro. Dietro i grandi uomini della Bibbia ci sono sempre grandi donne, nella Chiesa le vicende più importanti hanno sempre avuto come fondale figure sagge. Santa Chiara, Santa Caterina da Siena, ci dimentichiamo che durante la cattività avignonese fu proprio Santa Caterina a “costringere” Papa Gregorio XI a tornare a Roma. L’amore che questa donna aveva per la Chiesa ha portato a una rivoluzione all’interno della Chiesa stessa. Nel Cinquecento, in piena Inquisizione, una grande donna, Santa Teresa d’Avila, riforma l’Ordine Carmelitano, ripensando da capo la vita spirituale. Sono tutte donne che in ogni secolo e in ogni epoca storica, hanno lasciato un segno che ha condizionato fortemente la vita della Chiesa. Quindi non siamo noi a dover dare un ruolo alle donne, ma dobbiamo lealmente riconoscere che lo hanno già questo ruolo. E non farle indietreggiare rispetto a questo».

– È vero che la Sua vita sacerdotale è costellata da figure femminili affidabili ed essenziali?

«Assolutamente sì, a cominciare dalle mie nonne, da mia madre e dalle mie sorelle. Tutta la mia vita sacerdotale è stata costellata da figure femminili, che mi hanno umanizzato, aiutato a essere fedele alle cose, a ritornare all’essenziale. Soprattutto nei momenti di grande fatica ho trovato sempre in loro un forte appoggio per poter ripartire».


 


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