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"Balducci una voce che manca" incontro con Corrado Formigli

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"Balducci una voce che manca" 
incontro con Corrado Formigli 


Ernesto Balducci s’impegnava in battaglie per la pace aldilà di steccati politico-religiosi. Riusciva a mettere insieme le diverse anime del pacifismo, della sinistra, del socialismo… a prescindere dal l’appartenenza religiosa, era in questo senso un personaggio straordinario».
Vede così padre Ernesto Balducci il giornalista Corrado Formigli, autore e conduttore su La7 il giovedì sera della trasmissione «Piazzapulita». È stato un vivo piacere incontrarlo inaspettatamente, e parlare con lui di un personaggio indimenticabile per un’intera generazione, un personaggio che è stato il simbolo della lotta alla guerra e a ogni forma di sfruttamento ed emarginazione. Un «Folle di Dio» insieme a La Pira, Card. Dalla Costa, padre Vannucci, don Milani, Turoldo… L’anno scorso abbiamo ricordato i suoi cento anni dalla nascita e i suoi trent’anni dalla morte inattesa all’ospedale di Cesena dopo due giorni di coma a causa di un incidente stradale.
«…Sarete accusati di demagogia, ma non vi lasciate intimidire, siete nella verità, nella cruda verità che ha dalla parte sua l’evidenza delle statistiche. E se direte, passando dall’etica alla politica, che per giudicare qualsiasi programma di partito o qualsiasi progetto di governo si dovrebbe metterli a diretto confronto con l’intollerabile contrasto di quei due mondi, il Nord che scopre i piaceri della pelle e il Sud che scopre ogni giorno di più l’orribile dell’abisso, avrete indicato la via giusta fuori della quale non c’è salvezza. Non c’è salvezza, dico, in questo mondo, perché come sanno i credenti, nell’altro mondo i bambini, risaliti dall’abisso, voleranno come angeli». Parole che sembrano scritte oggi, parole profetiche scritte nel 1991. Di tutto questo parleremo con Corrado Formigli.
Che ricordo hai di padre Balducci? Ho un ricordo tenerissimo di padre Ernesto Balducci. Ricordo che in quel periodo degli anni ottanta, abitavo a Fiesole, con i miei genitori e passavo spesso da San Domenico, per andare a Firenze, dal bivio con la Badia Fiesolana, dove padre Balducci abitava. Spesso lo incrociavo. Aveva una vecchia Volkswagen Golf tutta scassata, che si portava dagli anni ’70, fino a quell’aprile del 1992 quando morì tornando con quella vecchia macchina da un incontro a San Giovanni in Persiceto. Andava su e giù per l’Italia per questi incontri. Questo suo incidente, questa sua fine penso che sia stata frutto di quella sua stanchezza.
Tu in quel periodo scrivevi su «Il Manifesto»? Quando morì, nell’aprile 1992, scrivevo già a «il Manifesto». Mi ero appena trasferito da Londra, dove ero andato per studiare e lavorare, da lì mi chiamò il giornale e andai a Roma. Ma ero spesso a Firenze, dove avevo i miei genitori, gli amici. Firenze è la mia città. Ero un giovane redattore de «il Manifesto» ed ero anche un lettore di «Avvenimenti», che era il settimanale che padre Balducci insieme ad altri fondò. Fu un settimanale molto innovativo, pubblicava inchieste molto aggressive, con grandi temi sociali e con una infografica molto illustrata fatta da Piergiorgio Maoloni, un grande artdirector, che aveva fra l’altro disegnato «il Manifesto». C’era tutto un mondo che cercava di cambiare l’editoria, e fare delle pubblicazioni un po’ barricadere, in senso positivo, di denuncia. Balducci in quel periodo era molto impegnato.

L’impegno per la pace in padre Balducci è stato instancabile. Da più di un anno da questa tremenda guerra nel cuore dell’Europa la sua voce manca. Manca oggi un padre Balducci. Manca sì… manca un padre Balducci, mancano quelle voci nate intorno alla rivista «Testimonianze», con quel movimento per la pace che era così forte allora e che si faceva sentire già poco prima della sua morte. Durante la prima guerra in Iraq… quanto era forte la voce della pace e quanto manca oggi un pacifismo che sia organizzato, che sia nelle piazze, che abbia la forza di manifestare un pensiero alternativo. Anche la recente marcia Perugia Assisi in notturna purtroppo è andata completamente deserta o quasi da una parte politica. Forse manca un leader, delle voci forti come la sua. Ernesto Balducci s’impegnava in battaglie per la pace aldilà di steccati politico-religiosi. Riusciva a mettere insieme le diverse anime del pacifismo, della sinistra, del socialismo… a prescindere dall’appartenenza religiosa, era in questo senso un personaggio straordinario.
Mentre stavi parlando mi venivano alla mente alcuni profeti come don Milani, quest’anno sono cento anni dalla nascita, Dossetti, Turoldo, Tonino Bello, La Pira… oggi purtroppo non ci sono più, non c’è più il loro pensiero. È un periodo storico particolare dove sembra che non ci siano più queste voci. Balducci con il suo concetto «l’Uomo planetario» aveva portato un messaggio nuovo, antropologico. Oggi come spiegherebbe ai giovani, spesso disinteressati e indifferenti, questo concetto? L’Uomo planetario è l’uomo che è annegato in questi giorni sulla spiaggia di Cutro, quello che è affogato su un gommone insieme a centinaia di persone nel mezzo del mediterraneo, insieme a bambini, donne… l’uomo planetario è quello che considera giustamente di appartenere al mondo intero, che non può essere costretto a rimanere in una terra dove sono violati i diritti, dove c’è la guerra, la violenza, che ha il diritto di cercare la felicità e il futuro ovunque siano. Io mi ricordo che padre Balducci faceva distribuire l’eucarestia agli immigrati, gli faceva servir Messa la notte di Natale, erano persone, senza documenti… questo è l’uomo planetario, mettere al centro della Chiesa, al centro della società l’uomo che apparentemente non esiste, che non ha diritti, che non ha documenti.
Abbiamo ricordato i dieci anni dell’elezione al soglio di Pietro di papa Francesco. Credo che padre Balducci sarebbe stato entusiasta di questo Papa. Non c’è dubbio… Papa Francesco, come padre Balducci, sa unire mondi diversi…sa essere molto terreno, molto pragmatico, molto concreto... Chiesa come ospedale da campo, non più una costruzione eretta in verticale, basata sulla gerarchia, ma una Chiesa che non deve necessariamente convertire, ma aiutare prima chi ha bisogno. Questo è il messaggio forte, secondo me, che può catturare chi non crede in Dio, ma che crede nella capacità universale della Chiesa di portare aiuto agli ultimi, questo è il modo in cui la interpreto io che non sono credente. Seppure ci siano uomini della Chiesa che sono degli straordinari profeti, purtroppo questo cristianesimo sociale così forte, così potente, non ha più grandi esponenti. Tu hai citato alcuni nomi che oggi sono tutti morti, persone che coniugavano, vedi Giorgio La Pira, la politica con il cattolicesimo. Forse oggi una persona, di cui ho grande stima, e che in qualche modo porta avanti questi valori per me è Rosy Bindi, che è un po’ l’erede di quel mondo li.
Grazie Corrado della tua testimonianza, del ricordo di un uomo, di un prete che come abbiamo richiamato ha dedicato la sua via per la pace e la fratellanza, che ha saputo unire fedeltà alla Chiesa e fedeltà all’uomo, fedeltà alla coscienza e fedeltà alla giustizia.
Stefano Zecchi



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