Massimo Recalcati "Se Russia e Iran invocano Dio"
La Stampa, 13 gennaio 2023
Un filo rosso lega la violenza dell’aggressione russa contro l’Ucraina con quella che colpisce la
protesta delle donne e del popolo iraniano contro il regime degli ayatollah. In entrambi i casi viene
evocata l’immagine di Dio per giustificare gli abomini più efferati. Il patriarca della Chiesa ortodossa
Kyrill e il regime teocratico di Teheran benedicono le armi che seminano la morte nel nome di Dio.
Fa sempre impressione vedere Putin che in Chiesa con una mano impugna la candela invocando il
suo Signore, mentre con l’altra ordina il massacro del popolo ucraino mandando al fronte migliaia di
giovani russi.
Il rapporto del potere con la religione è un tratto che unifica profondamente la Russia di Putin con il
regime di Khamenei. Il suo presupposto è il contrario di quello di cui nutre lo spirito laico della
democrazia che prevede invece la netta distinzione tra vita religiosa e vita politica. Ne deriva un
impasto micidiale: l’autocrazia di Putin è religiosa quanto la teocrazia di Khamenei è politica. Essere
impiccati dallo Stato per inimicizia verso Dio è una scoria atroce del medioevo, ma non è molto
diverso quando si giustifica la guerra come rimedio necessario per arrestare la degenerazione morale
di un libero paese democratico reo di essersi lasciato corrompere dalla malvagità immorale
dell’Occidente. Ma portare la bandiera di Dio nella vita politica è sempre fonte di sciagura. Dovrebbe
tenerne conto anche l’Europa.
Un sentimento autenticamente religioso non impugna mai il nome di Dio come alibi per giustificare
l’azione politica. Ancora di più quando questa azione si macchia dell’orrore della guerra e della morte.
Nondimeno ogni forma di assolutismo è, in realtà, a suo modo, anch’essa religiosa. Il culto idolatrico
della personalità del leader totalitario nei regimi ideologicamente antireligiosi – si pensi, ad esempio,
alla Germania di Hitler o alla Cina di Mao – sostituisce a tutti gli effetti quello di Dio. Solo la
democrazia è un sistema politico che dovrebbe escludere per principio l’idolatria in quanto,
mantenendo separate la vita religiosa da quella politica, vieta a chiunque di convocare Dio a
partecipare al conflitto politico. Nessuno in una democrazia può, infatti, pretendere di parlare nel
nome di Dio.
Per questa ragione non dovrebbero esistere dichiarazioni di voto dal pulpito di una Chiesa.
Diversamente, nel regime russo e in quello iraniano lo sguardo di Dio illumina la sagoma del leader
trucidando impietosamente i suoi nemici. Si invoca in questo modo una garanzia ultima sul Bene
della propria azione politica. Una garanzia fuori discussione, dogmatica, inscalfibile in grado di
giustificare anche l’orrore Ma in questo caso è l’uomo a fabbricare a suo uso e consumo Dio. È questa
l’essenza di ogni idolatria: non è Dio a creare l’uomo, ma l’uomo a creare il proprio Dio ridotto a
idolo. Non a caso, tra i più gravi massacri avvenuti nella storia degli uomini, molti sono stati quelli
compiuti nel nome di una versione solo idolatrica di Dio. È il fondamento di tutte le guerre di
religione. Lo stesso testo biblico ci mette in guardia avvertendoci sui rischi di una versione
fanaticamente idolatrica della religione. Per questa ragione sia nel cosiddetto Antico Testamento che
nei Vangeli l’accusa dei profeti e di Gesù non viene mai rivolta elettivamente verso gli atei, ma verso
gli idolatri.
La critica alla dimensione idolatrica della religione costituisce, infatti, uno dei centri fondamentali
della narrazione biblica. Nell’idolatria l’uomo si consegna all’irrazionalità di un assoluto che non
esprime amore, ma solo potenza. L’idolo non è il Dio della creazione, ma uno strumento religioso
nelle mani dell’uomo per rafforzare il proprio potere. Il culto idolatrico di Dio è verticale e dimentica
l’amore orizzontale per l’uomo. Per questo il Dio degli ayatollah odia le donne e il Dio di Kyrill odia
la democrazia. Le donne e la democrazia hanno, infatti, in comune il rifiuto radicale della religione
idolatrica.
Le donne in quanto ci ricordano che niente vale più della dimensione insacrificabile e singolare della
vita umana. La democrazia in quanto ci ricorda che niente vale più della libertà di parola. I regimi
autocratici sono regimi idolatrici perché confiscano questa libertà ritenendola nemica della Verità e
consegnano la vita dei nostri figli al sacrificio imposto come necessario dalla volontà di un Dio
oscuro. Ricordiamo che il culto idolatrico dello “spirito di sacrificio” viene, non a caso, invocato da
Hitler in Mein Kampf per definire il tratto più essenziale del popolo ariano. La guerra contro la
democrazia e contro le donne scatenata dall’autocrazia putiniana e dalla teocrazia iraniana appare
oggi come l’ultima terribile guerra di religione.