Enzo Bianchi "La promessa della vita eterna"
Nei giorni scorsi Antonio Polito, giornalista che dice di se stesso di non avere la fede, partecipando ai funerali del diciottenne Francesco Valdiserri, con stupore ha ascoltato nella predica l'annuncio della resurrezione dai morti di Gesù, e quindi anche del giovane morto. Egli dice di aver sentito la forza del messaggio cristiano quasi sempre dimenticato, omesso, e coperto da parole consolatorie di buon senso, e si domanda perché la Chiesa non riesce più ad annunciare e fare ciò che invece riusciva a piccole comunità di discepoli di Gesù in una marea pagana.
In verità la risposta è semplice: la Chiesa è impegnata a consolidarsi come istituzione e a sopravvivere tra le potenze del mondo. Per parlare di vita eterna occorrere invece dare un primato, una centralità, a Gesù Cristo il Signore. Ma se non si è capaci di operare nell'istituzione una conversione del genere, questo significa relegare il cristianesimo tra le religioni, una religione come altre.
Soprattutto in un periodo in cui la Chiesa è devastata da scandali di ogni tipo, essa è portata a porre l'attenzione su se stessa. La Chiesa non riesce a sostenere quella verità che è solo nuda e appesa a una croce. È vero che oggi in alcune terre è perseguitata, in altre marginalizzata, ma non ha motivo di lamentarsi perché negli ultimi secoli ha ricercato come se fosse un diritto il riconoscimento a scapito degli altri.
Non so fino a che punto i cattolici si rendano conto che da decenni hanno rivolto la loro attenzione soprattutto alla Chiesa. Molto, se non tutto, è ordinato attorno alla Chiesa, soggetto e oggetto di ogni attenzione, premura e sollecitudine.
La domanda che Paolo VI ha posto durante l'ultimo Concilio: "Chiesa, cosa dici di te stessa?" non sembra aver ricevuto risposte non dico esaustive ma neanche affidabili, risposte che permettano di leggere la Chiesa sulla falsariga del Vangelo. La Chiesa e le sue strutture, la Chiesa e i suoi ministri, la Chiesa e la sua missione... sempre la Chiesa e solo la Chiesa in modo ossessivo è posta al centro di ogni discorso ecclesiale.
Anche oggi, quando la Chiesa si mostra poenitens, in penitenza, sprovvista di gloria e di plauso mondano, addirittura umiliata, significativamente i cristiani non si sentono solidali con i peccatori e non osano distogliere lo sguardo narcisistico da se stessi per dirigerlo verso il loro Signore.
Quest'ora di umiliazione - e anche di ingiustizia patita, che vede l'emerito papa Benedetto trascinato in processo e tanti altri trattati come veri e propri capri espiatori - porterà a intravvedere un cammino di cambiamento per la Chiesa, una Chiesa che vuole rifarsi il maquillage per risplendere nel mondo? Saprà ricordarle le parole essenziali dell'annuncio della fede cristiana non affogate dalla religione? La spingerà a non sentirsi Regno di Dio, ma ad annunciare il Regno che viene?
La Chiesa saprà annunciare con speranza che c'è una promessa di resurrezione, di vita eterna? Perché il cristianesimo senza la speranza nella resurrezione è miserrima religione.