Mariapia Veladiano "Lasciarsi guidare verso la libertà"
Certezza e incertezza coabitano nel cuore di chi cerca una guida: il dubbio su dove trovarla, ma più ancora il desiderio di voler camminare e giungere a destinazione. E quando non la si trova? «Come tanti adolescenti la mia fede era insofferente delle forme istituzionali della Chiesa veneta negli anni della mia formazione», racconta la scrittrice Mariapia Veladiano. «Il concilio Vaticano II faticava ad arrivare. Le domande sulle questioni fondamentali della vita venivano bollate come mancanza di fede. Se provavi a esternare i tuoi grandi “perché?” incontravi lo scandalo, invece dell’ascolto». E allora si cerca. Si aguzzano occhio e udito. E può bastare anche un’iniziativa comunicata senza eccesso di entusiasmo dal proprio insegnante di religione per aprire orizzonti nuovi. Per l’adolescente vicentina è una lettera d’invito ai corsi tenuti dai Gesuiti, a Villa Capriolo, nel cuore delle Dolomiti. «I miei genitori non ebbero da eccepire a lasciarmi andare. E… fu una folgorazione. Non tanto per le persone, che apprezzai per il pensiero tanto rigoroso quanto libero, quanto perché ci facevano leggere la Bibbia in un modo che non conoscevo. E perché ti facevano lavorare sodo su te stesso».
IMMERSI NELLA BELLEZZA
È questo il primo incontro di Mariapia Veladiano con Villa Capriolo e con Selva di Val Gardena, luoghi di elezione che non avrebbe più cessato di frequentare e che ci narrerà nel suo racconto per Credere. «Tutti i miei romanzi sono stati chiusi all’ombra del Sassolungo. Qui mi ritrovo, e credo davvero sia più facile essere buoni quando c’è intorno una tale bellezza, quando si vive una realtà di fusione con il mondo, quando si è al confine con il Cielo e puoi toccare i piedi del trono di Dio. Amo queste montagne soprattutto d’inverno. Amo camminare nel bosco innevato, nella neve che copre le cose: bianca, accumula luce e la restituisce sotto forma di trasparenza. La neve – che è stata la coprotagonista del mio romanzo Il tempo è un dio breve, dove accompagna i momenti più spirituali – è quasi un fermo immagine sul mondo che ne decanta la bellezza».
LA FRAGILITÀ E LA CURA
La ricerca della futura scrittrice è continuata attraverso lo studio: laurea in Filosofia, licenza in Teologia. Una guida la trova nelle pagine di Dietrich Bonhoeffer, il teologo che si oppose all’ideologia nazista e per questo fu impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg. «Qualche volta mi chiedo se avrei potuto fare la teologa», confida. «E mi rispondo di no. Credo molto nella narrazione, perché ha una maggiore possibilità di tenere insieme le cose – anche il dolore – e di mostrare che si può vivere anche in questi frangenti più impensati». Nei suoi romanzi la sofferenza appare in varie forme – l’emarginazione (La vita accanto), il tradimento (Una storia quasi perfetta), la malattia (Adesso che sei qui) – ma sempre per essere attraversata. Il dolore non è né la guida, né la meta. Al contrario, proprio la consapevolezza della fragilità si trasforma in forza per dare cura e, così, riceverla. È forse questo il segreto imparato dai Gesuiti di Villa Capriolo? «I Gesuiti sono esperti nell’arte del discernimento, che riassumerei come il mettersi davanti a Dio e ascoltare cosa ci chiede nel presente che stiamo vivendo. Si segue un metodo con regole precise, e una di esse è che il discernimento non si può fare da soli».
ESSERE GUIDATI
E torniamo così al bisogno di guide: che si vada per sentieri, per ghiacciai o nel profondo di se stessi, c’è bisogno di un accompagnatore davvero esperto per non smarrirsi. E pentirsene quando ormai è troppo tardi. «Sant’Ignazio di Loyola, che ha messo a fuoco il metodo del discernimento nei suoi Esercizi spirituali, rifugge l’autoreferenzialità e recupera la figura della mediazione. E oggi è difficilissimo accogliere la figura della mediazione a tutti i livelli, compreso quello politico o religioso. Quello che invece va per la maggiore è l’identificazione diretta. Un meccanismo che però non funziona, perché ammette solo due opzioni: o ci si identifica o si rifiuta per intero. La politica e lo spettacolo ci hanno abituati a questa identificazione totale o repulsione altrettanto totale». Servono quindi guide capaci di accompagnare e di affiancare, ma senza sostituirsi alla libertà altrui. «Il discernimento è il contrario dell’identificazione, fosse pure con la guida spirituale, con un capo carismatico o con la più importante delle personalità. Non lo si fa per diventare seguaci di qualcuno, ma per poter noi vivere nella libertà dei figli di Dio. Il discernimento è un percorso consapevole ed estremamente gioioso di progressiva liberazione da sé. E anche dalle persone manipolative».