Paolo Cognetti "Noi, i nemici della natura"
Paolo Cognetti
La Repubblica 4 luglio 2022
La tragedia della Marmolada è la prima imputabile alla crisi climatica provocata dall'uomo
È una tragedia, quella della Marmolada, del tutto inedita a memoria d’uomo sulle Alpi, e mentre
scrivo non se ne conosce esattamente l’entità. Però sappiamo già che è la prima tragedia alpinistica
imputabile senza ombra di dubbio alla crisi climatica, che dall’uomo è stata provocata. Questo
innalzamento delle temperature, di cui da tanto tempo parliamo come di un problema in prospettiva,
che ci toccava relativamente, ora ha fatto i suoi primi morti, qui in Italia, su una montagna molto
popolare: ecco, il dramma non è più nel 2100 o chissà quando, è qui e ora.
Mi si chiede un commento e mi è difficile aggiungere qualcosa di sensato, ma forse posso
raccontare un paio di cose per chi ancora non si rende conto di cosa sta succedendo nell’estate del
2022. Le notizie sono tante, ci sono la guerra, il Covid, la crisi economica, ed è possibile che
qualcuno si sia perso gli aggiornamenti sul clima.
Per cui lo dirò in breve e senza giri di parole: è un’estate, quella appena cominciata, che non si era
mai vista nel Nord Italia, e non sappiamo niente di quello che succederà. Io la osservo dalla
montagna dove abito, a quasi 2000 metri d’altezza. Forse la osservo meglio di chi sta in città perché
la montagna è la frontiera del cambiamento climatico: due o tre gradi in più a Milano o Roma
cambiano poco la vita delle persone, in montagna sconvolgono il paesaggio. Se in montagna si
asciuga una fonte che ha sempre buttato acqua, lo vedi con i tuoi occhi e ti viene una gran paura. In
città non te ne accorgi, vai avanti a vivere come sempre fino al giorno in cui, magari, aprirai il
rubinetto e non scenderà più nulla: e allora scoppieranno le guerre per l’acqua.
Ho fatto questo esempio perché abito in un posto che si chiama Fontane, nome dovuto proprio
all’acqua che intorno a casa mia sgorga dappertutto. Anzi, sgorgava. Nell’estate del 2022,
dovremmo cambiare il nome in Fontane Perdute. I torrenti sono asciutti e i fieni, che qui si sono
sempre tagliati a metà luglio, erano già maturi un mese fa, e tra i muretti delle mulattiere sta
fiorendo in questi giorni l’epilobio, che di solito mi annuncia l’arrivo di agosto. Se ai primi di luglio
fiorisce un fiore di agosto, che cosa succederà tra un mese? Non ne abbiamo idea. Non lo sa né la
scienza, né la saggezza degli anziani. L’acqua che bevo in casa, eche viene da una fonte a 2350
metri, una fonte che ha sempre buttato acqua in estate e in inverno, ci sarà ancora in agosto?
Nessuno sa rispondere. Se rispondesse, starebbe dicendo qualcosa che non sa.
La stessa situazione si verifica sui ghiacciai. Ho cari amici che gestiscono un rifugio sul Monte
Rosa, a 3500 metri d’altezza. È da pochi anni che vedono piovere, lassù, in estate: per tutta la loro
vita avevano visto soltanto nevicare (e se sembra un piccolo cambiamento, devo spiegare che
l’acqua scioglie il ghiaccio molto prima del sole: mettete un cubetto di ghiaccio in un bicchiere
d’acqua e un altro su un piatto, e fate la prova). In questo momento i ghiacciai del Rosa hanno
l’aspetto che gli anni scorsi avevano a Ferragosto: il manto nevoso, cioè la neve caduta in inverno,
ha finito di sciogliersi all’inizio di giugno, con un mese e mezzo di anticipo sulle abitudini. Sotto il
manto nevoso ci sono i crepacci, i seracchi, il ghiaccio vivo. Cosa succede quando il ghiaccio vivo
viene sottoposto a un’estate così, e invece di prendere due o tre settimane di sole e di caldo ne
prende due o tre mesi? La risposta è semplice, è come per la mia fonte: non lo sappiamo.
Ci sono rifugi, sulle Alpi, che stanno diventando inagibili a un secolo dalla loro costruzione, perché
il fondo su cui sono stati costruiti, in apparenza roccia o pietraia, in realtà è permafrost, cioè
ghiaccio sotterraneo. Il ghiaccio si scioglie, quella che sembrava roccia si rivela uno sfasciume e il
rifugio ha danni strutturali, vuol dire che potrebbe crollare un giorno o l’altro. Ai seracchi succede
la stessa cosa. Sono blocchi di ghiaccio sospeso che magari stanno lì da un secolo, ho in mente per
esempio l’enorme seracco del Monte Disgrazia, e tutti sanno che non crollerà, perché è sempre stato
lì. Le guide si sono abituate a passarci sotto, le vie alpinistiche passano per quel seracco che a
memoria d’uomo non si è mai mosso. Ma di nuovo, è come per la mia fonte: stanno succedendo
cose che non si ricorda nessuno. La memoria non è più affidabile, a questo punto. Abbiamo tutto da
imparare e resta solo la prudenza.
Temo non sia un’estate per andare sui ghiacciai, è un’estate per riempire le taniche d’acqua.