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Rosella De Leonibus "Stress da pandemia (e da guerra): il disagio dei più giovani"

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(Condivido questo articolo pubblicato poche settimane fa: la minaccia della guerra ancora non si era manifestata ai nostri occhi. Ancora più serio e grave è ora il problema del malessere dei ragazzi e delle ragazze, colpiti da una nuova terribile minaccia proprio adesso che avrebbero potuto rialzare un po' la testa).
Premettiamo che La nostra psiche è attrezzata per sostenere lo stress, ma solo se ha una durata definita e contenuta. Oltre uno - due mesi (e siamo ormai a quasi due anni, nonostante le pause estive), lo stress diventa cronico e altera pesantemente il funzionamento della psiche e del corpo, perché altera l'equilibrio del nostro sistema neurovegetativo, preposto alla reazione di lotta o fuga davanti a un evento avverso.
Chi aveva già un equilibrio precario ha sofferto moltissimo, ma anche chi aveva un buon equilibrio, alla lunga, manifesta segni di stress, perché le nostre capacità di far fronte agli eventi non sono infinite.
Queste conseguenze della pandemia peseranno sui prossimi anni: infatti si parla di psicopandemia, la cui evidenza è ormai conclamata, soprattutto tra i più giovani. E non parliamo solo dell’area di un generico, e comunque invalidante, disagio emotivo, parliamo dell’allarme della Società Italiana di Pediatria, del Presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi (Salute è psiche – generazioni - Tgcom 24ore.it, 19 gennaio 2022), che ci fornisce gravi dati: “Nell’infanzia e adolescenza si stima che un soggetto su 7 presenti un disturbo neuropsichiatrico, mentre uno su tre un problema dell’adattamento, comportamentale e relazionale. Tra gli adulti le malattie ed i disturbi mentali si stima riguardino una persona su 10, mentre la fascia dei problemi adattivi, relazionali e di stress riguarda oggi un adulto su quattro”. Lo denuncia l’alert della Società Italiana di Psichiatria, che solo pochi giorni fa (22gennaio 2022) scriveva su quotidianosanità.it: “Basta riferimenti a peste, spagnola e guerra mondiale: aumentano ansia e angoscia e rischiano di rendere più ipocondriache le persone più sensibili”, e proseguono continuando a consigliare una attenzione alla comunicazione, privata e pubblica. “Basta parlare solo di malattie e attenzione a non moltiplicare controlli diagnostici superflui e ingiustificati”.
SALUTE: E QUELLA DELLA PSICHE?
Nell’agenda istituzionale la salute mentale è stata praticamente assente, in home page troviamo solo quella fisica. E invece la salute è una soltanto ed è intera: la salute psichica, insieme a quella relazionale e ambientale, ne sono componenti determinanti. Molte persone, soprattutto giovani, non stanno affatto bene, dilagano sentimenti di ritiro e rassegnazione, alcuni vivono ancora come in lockdown, oppure, all’opposto (una minoranza per fortuna), sono talmente saturi di fare attenzione all’evitamento del contagio che sfidano le norme e creano situazioni di forte rischio sanitario per sé e per i loro cari. Il loro dolore e la loro solitudine non devono essere ignorati. Eppure, ancora quasi nulla viene proposto sul fronte del malessere diffuso, mentre si continua a parlare molto del cosiddetto bonus psicologico, insieme all’incremento delle strutture pubbliche al servizio di tutti, come ad esempio i consultori psicologici nelle strutture sanitarie di prossimità, in sinergia tra sanità pubblica e professionisti privati, per offrire un servizio adeguato a tutti i cittadini che cercano ascolto e sostegno psicologico. Stiamo parlando di “persone, disuguaglianze, di diritti mancanti. Di servizi territoriali scarsi, di welfare inesistente, di disabilità, di povertà materiale ed educativa, di disparità tra donne e uomini”, denuncia Elisabetta Camussi (https://www.repubblica.it/.../covid_bonus_psicologico.../...). Già a giugno 2020 “non sapevamo che la pandemia sarebbe durata ancora (e ancora), ma già era chiaro che sarebbe stato necessario intervenire da subito. Ce lo segnalavano la nostra competenza e la letteratura scientifica, che evidenzia come a seguito di grandi traumi collettivi, derivati da catastrofi naturali o eventi umani, c'è un tempo - breve - immediatamente dopo l'esaurirsi dell'emergenza in cui è fondamentale intervenire supportando le persone. Per evitare che le risorse psicologiche di ciascuno di noi, già messe alla prova dagli eventi, si esauriscano definitivamente, dando origine a malessere e depressione diffusi”. Sul lato dei provvedimenti già in atto stata finalmente introdotta la presenza delle psicologhe e degli psicologi nelle scuole, ma solo come risposta immediata all’emergenza Covid, e sono state progettate le Case della Comunità (centri sanitari multiservizio per la cura della salute dei cittadini), ma non è stata istituita la figura dello psicologo di base.
NARRAZIONI ADOLESCENTI
Intanto, piccole e quasi invisibili, ma vitali gocce nel mare, si sono concretizzate iniziative dal basso per dare voce ai vissuti della pandemia, soprattutto tra i più giovani. Testimonianze, riflessioni, elaborazioni di significati personali, riconnessione con i propri vissuti, attraverso una delle pratiche di autocura più antiche del mondo: la parola che narra e rielabora l’esperienza attraverso la scrittura.
Ecco alcune icone, espresse nel linguaggio delle immagini, così naturale nella mente adolescente del XXI secolo. Tenetevi forte.
“Il caos, la pandemia, la morte, la solitudine, il silenzio, come matrioske una dentro l’altra. La Terra come pianeta alieno. L’insonnia e la “colla” che ci lega ai vari dispositivi elettronici nel chiuso delle stanze. L’appiattimento affettivo. Il sentimento di ribellione. L’allenamento alla solitudine. Il Covid come lacrima che scende dall’occhio del mondo e fa traboccare il vaso della vita. Chi ci chiederà come stiamo? Un sé a brandelli, senza la colla della socialità. 09/03/2020, la conta dei giorni. I rapporti tossici nati nel web col Covid. La paura di uscire di nuovo e incontrare gli altri. La corazza che si forma nel cuore per resistere. Il disegno di una mano nera che cancella i colori. Il mondo in coma come Biancaneve con la mela avvelenata. La cena in videochiamata dalla stanza di isolamento mentre ero ammalato. Entrare a scuola e vedere i banchi divisi. Quella parte di me che sarebbe voluta restare in casa, in camera, per sempre. Sopravvivere adagiati sul filo spinato. La tendenza ad arrendersi, a spiaggiarsi. Il divano come una calamita. 18 anni: compleanno in casa e tante riflessioni sul modo di vivere di prima. Una frase attaccata al muro per ricordarmi che ce la posso fare. La scuola come una madre che accoglie e aiuta. Nostalgia dei baci, dell’amore, del cuore che batte, del corpo che vibra. Il sostegno degli amici tramite i social. Imparare a cogliere l’attimo. Un diario per amico. Una lettera alla me stessa del futuro”.
Sotto il segno del Covid, sono icone tratte dai 101 testi originali prodotti da adolescenti di tutta Italia, sulla base di un concorso nazionale lanciato da una associazione culturale, Fulgineamente, già molto attiva nella promozione di nuove scrittrici e scrittori, con la partnership di una casa editrice anch’essa molto attenta e “sul pezzo” (1)
La scrittura, come primo presidio contro la solitudine l’angoscia, come passaggio di elaborazione personale, che disvela iconicamente il dolore e lo sgomento delle ragazze e dei ragazzi, e nello stesso tempo lascia trapelare anche le risorse che sono state messe in campo da ciascuna e ciascuno di loro, lo sforzo di far fronte alla distopia generata da questa esperienza.
“La vita non è un qualcosa di assicurato e garantito. La vita è inaspettata. Ho imparato a non aver paura di ciò che si trasforma. Ho imparato a non sprofondare nel buio. Ho scovato le mie paure e le ho rese punti di forza. Ho imparato a non mollare, anche se ho dovuto tenere tutto dentro. Ho imparato il valore di un abbraccio. Ho imparato che la libertà non si deve dare per scontata. Ho imparato che tutto in un attimo può cambiare. Ho imparato a lasciare emergere la mia creatività. Ho imparato quanto è difficile vivere senza interazioni con gli altri. Ho imparato a guardare oltre il limite. Ho imparato a stare da sola con me stessa”.
Tante le loro domande che restano aperte, e lanciano un appello implicito – ancora in gran parte muto – al mondo adulto, al mondo istituzionale, perché chi ce la fa a sostenersi da sola, da solo, appartiene ad una minoranza, e certo può fare da esempio ai coetanei, ma non basta, non può essere lasciato a se stesso, a se stessa chi sta soffrendo, chi non ha le risorse culturali, ambientali, familiari, personali, per elaborare autonomamente lo stress e il trauma della pandemia.
DOMANDE AL MONDO LÀ FUORI
“Come racconteremo la nostra adolescenza sotto il segno del Covid ai nostri figli? Guarirà questa ferita delle nostre vite? Tornerò mai ad essere una persona vera? Vincerò questa battaglia con la negatività dei miei pensieri? Capiranno i genitori che stare con lo schermo o col telefono è l’unico modo per non sentirmi sola? Riusciremo a sentirci di nuovo pienamente vivi e ad oltrepassare questo sentimento di inesistenza che abbiamo provato? Riusciremo a sentirci persone migliori? Con nuovi valori, nuove passioni, una nuova sensibilità? Potremo rielaborare questa esperienza come palestra di vita? Sapremo riconoscere il valore della vita, nei suoi lati oscuri e in quelli luminosi e affascinanti? Sapremo apprezzare quanto la vita sia meravigliosa?”
“Ammaccata e forte, sono la vita che pretende di essere amata”.
Non leggete questo libro, non leggete le tante testimonianze dei ragazzi e delle ragazze che man mano, ai bordi della nostra esperienza di adulti, ai margini delle azioni istituzionali, stanno comunque emergendo, non leggete niente di tutto ciò, se non volete sentirvi interpellati, se non volete commuovervi fino alle lacrime.
(1) Fulgineamente, Sotto il segno del covid, la vita, l’amore, la scuola, la famiglia, l’amicizia al tempo della pandemia- concorso nazionale per adolescenti, Bertoni editore, Perugia, 2021

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