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Pensare Dio, una meravigliosa avventura

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 Emanuela Citterio Credere n° 2/2022

Lucia Vantini

Età 49 anni

Professione Teologa

Famiglia Sposata con tre figli

Box Chi è DOCENTE DI TEOLOGIA Veronese, classe 1972, Lucia Vantini dal 5 giugno 2021 è presidente del Coordinamento teologhe italiane (Cti). Insegna Teologia fondamentale e antropologia all’Istituto di scienze religiose San Pietro Martire e Antropologia filosofica e Antropologia teologica allo Studio teologico San Zeno, entrambi a Verona, ed è docente a contratto di Storia della filosofia contemporanea all’Università di Verona.

Sposata con Alberto Murato, 57 anni, insegnante di matematica alle superiori, ha tre figli: Matteo, Anna e Chiara, rispettivamente di 22, 24 e 25 anni. Testo Donne che fanno teologia, che la insegnano, che elaborano un pensiero nuovo su questioni spirituali e dottrinali, anche nella Chiesa cattolica. Non si tratta più di eccezioni, ormai. Da quasi vent’anni nel nostro Paese esiste il Coordinamento teologhe italiane (Cti), la cui presidente da giugno scorso è Lucia Vantini, 49 anni, veronese, sposata e madre di tre figli.

La sua ricerca si muove con agio fra filosofia e teologia, sulla base di una doppia laurea e un doppio dottorato in queste materie.

Perché ha scelto di studiare teologia?

«Ho iniziato a frequentare un percorso per laici a Verona, la mia città, quando avevo i figli ancora molto piccoli. Dopo la laurea in Filosofia sentivo il bisogno di proseguire, di portare avanti una mia ricerca personale. Venendo da studi filosofici, ho cominciato senza grandi aspettative, pensando a un tipo di percorso che offre molte risposte e coltiva poco le domande. Poi ho scoperto che non è affatto così, che la teologia non è la scienza delle risposte ma permette proprio di dare trasparenza, forza e spessore alle domande, anche a quelle spirituali. Per questo dico sempre che la teologia è stata una meravigliosa sorpresa della vita, alla quale ora non rinuncerei per nulla al mondo e che fa parte di ciò che sono oggi».

A caratterizzare un approccio femminile — nella ricerca intellettuale ma anche nella politica, nell’affrontare le sfide — è spesso la capacità di fare rete, la consapevolezza dell’importanza delle relazioni umane. È così anche per lei?

«Non generalizzerei, diffido sia delle divisioni troppo rigide che attribuiscono determinate caratteristiche alle donne e altre agli uomini così come dell’annullamento di ogni differenza. Detto questo, per quanto riguarda me, la consapevolezza del fatto che non siamo soli ma parte di una rete nasce da esperienze molto concrete. Quando, per esempio, ho detto ai miei familiari che avrei voluto continuare a studiare — e a studiare una materia così “strana” come la teologia — ho ricevuto un immediato supporto. La piena condivisione delle responsabilità in casa con mio marito e il supporto generoso di mia mamma e mia sorella sono stati fondamentali».

La sua fede è nata in qualche movimento o gruppo?

«Non provengo da un’appartenenza ecclesiale legata a gruppi. Il mio percorso nella Chiesa ha vissuto anche momenti di distacco, di critica, e poi di ritorno. Ora sono molto impegnata in parrocchia, soprattutto nella catechesi per gli adulti, e mi piace dire che canto in un coro, semplice ma pieno di entusiasmo, che vive questo servizio come cura delle celebrazioni». Che cosa l’ha fatta riavvicinare alla Chiesa?

«La consapevolezza di poter vivere un’esperienza di fede senza dover rinunciare all’intelligenza. Ma il mio non è stato solo un percorso intellettuale. Se penso alla mia esperienza devo fare riferimento certamente a dei libri, ma soprattutto a persone che sono diventate per me compagne e compagni di viaggio, alle quali sono legata affettivamente e che mi hanno dato molto anche spiritualmente».

Ha iniziato a studiare teologia a Verona, poi ha ottenuto la licenza a Milano e il dottorato a Padova. Ora insegna, scrive, e con il Coordinamento teologhe italiane prende posizione rispetto a temi di attualità nella società e nella Chiesa. Le donne fanno teologia in modo diverso?

«Noi teologhe facciamo parte anche dell’Associazione teologi italiani (Ati) che comprende uomini e donne. Ma sentiamo anche l’esigenza di fare un percorso nostro. Il Coordinamento è un catalizzatore di energie, che nasce dal desiderio di non sentirci sole nella nostra proposta. Facciamo teologia di genere, ovvero ci domandiamo cosa accade nelle nostre tradizioni culturali e sociali se facciamo attenzione al fatto che siamo uomini e donne. È una teologia attenta alla differenza, che non vuole partire da schemi precostituiti».

Il fatto di avere una famiglia, invece, influenza il suo modo di fare teologia?

«Non penso ci sia un automatismo fra avere una famiglia e portare avanti una teologia empatica e materna. Allo stesso tempo, se devo parlare per me, credo che la vita familiare mi abbia plasmato profondamente. Intanto il fatto di essere in due a prendere le decisioni significa sperimentare una differenza continua, e la coppia alla fine diventa una palestra e una risorsa. I figli, poi, sono stati per me finestre sul mondo. Nella loro diversità hanno portato in casa parole, concetti ed esperienze che sarebbero state molto lontane dal mio percorso individuale».

La Chiesa ascolta poco le donne?

«Quando mi invitano a parlare, spesso mi danno come tema “La Chiesa e le donne”, come se le donne fossero “altro” rispetto alla Chiesa, che in realtà è fatta sia da uomini che da donne. Questo è vero soprattutto se, come fa il concilio Vaticano II, si intende la Chiesa come “popolo di Dio”. Certo, questo non toglie che ci sia una certa “sordità” da parte di alcuni soggetti e strutture. E non voglio negare che ci sia un problema di potere e di condivisione delle responsabilità nella Chiesa. Serve però un doppio lavoro e una parte la devono compiere le donne: bisogna che, in virtù del loro Battesimo, si riapproprino della forza della propria esperienza di fede. Perché sta anche alle donne avvertire la propria potenza narrativa, la propria capacità di avvicinare le Scritture, di spiegare, di condividere. Tutto questo è un lavoro che ogni donna dovrebbe assumere su di sé. Certo, può essere un lavoro interrotto molte volte, da parte di chi è sordo alla parola femminile, ma ci sono anche degli uomini che sono a disagio in queste strutture che “ascoltano poco”. Ora si parla di sinodalità nella Chiesa, dell’esigenza di camminare insieme: laici e sacerdoti, donne e uomini. Non smettiamo di crederci facendo ciò che possiamo, laddove ognuno si trova, con gli strumenti che ciascuno ha e la vita che fa. Una cosa che ho imparato dalla politica delle donne è che i cambiamenti, spesso, non vengono dall’alto, dalla gerarchia, per poi calare ai livelli inferiori. Ci sono trasformazioni che avvengono anche in luoghi piccoli, dal basso. E di solito sono buone trasformazioni».

Com’è la sua fede oggi?

«Una fede che ha come elemento centrale la speranza. “Cosa posso sperare?”, si chiedeva il filosofo Kant. È una domanda inaggirabile anche quando si vive la fede, perché chiama in causa il volto di Dio, cosa gli si può chiedere o non chiedere, quanto si può puntare sulla storia e quanto, invece, si deve rimandare all’“oltre” della storia. Mi sembra che il tema della speranza ci accomuni tutti: siamo quello che speriamo».

BOX – IL COORDINAMENTO DELLE TEOLOGHE Conta più di 160 socie e soci aggregati il Coordinamento teologhe italiane. È stato fondato nel 2003 per sostenere le donne impegnate nella ricerca teologica e promuovere gli studi di genere in teologia. Cura tre collane di libri (Sui generis con Effatà, Teologhe e teologie con Nerbini, Exousia con Edizioni San Paolo) e un blog (Il regno delle donne, in collaborazione con la rivista Il Regno), è parte attiva del Coordinamento delle associazioni teologiche italiane (Cati) e lo scorso anno ha organizzato un corso base online di Teologia delle donne frequentato da circa 800 persone; un secondo corso sarà attivato nell’autunno 2021. Sempre fra le iniziative pubbliche recenti, il seminario sulla riforma della Chiesa (registrazioni su www.teologhe.org) e i tre incontri Una stanza per noi (video disponibili sulla pagina Facebook dell’associazione).

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